L’orso, da “dio silvestre” a specie con cui convivere

Il documentario “La frequentazione dell’orso”, di Federico Betta, affronta i significati simbolici impersonificati dal plantigrado nella storia, fino ad arrivare alla necessità di contrastare l’attuale polarizzazione di opinioni sul suo ritorno in Trentino. Il regista: «Ho messo sullo stesso piano le diverse anime coinvolte oggi dalla sua presenza»
«L’orso è un essere vivente che si colloca a metà strada tra l’umano e il selvaggio: da un lato entra spesso nella nostra civiltà e negli ambienti addomesticati dall’uomo, ma contemporaneamente è un abitante delle regioni più impervie. È un soggetto fondamentale per ciò che simboleggia, ci mette in discussione come cittadini e come comunità nel rapporto con quello che non conosciamo. Parlare dell’orso è un escamotage per affrontare temi complessi, che mettono in crisi le nostre certezze e le nostre abitudini più consolidate».
Queste le parole di Federico Betta, regista di La frequentazione dell’orso (Italia, 2022, 60’), documentario vincitore del Premio RAI all’ultimo Trento Film Festival. Il film, promosso dall’Ecomuseo della Judicaria con il sostegno di Fondazione Caritro e Club alpino italiano, fa compiere allo spettatore un viaggio nella storia del rapporto uomo-orso in Trentino e rappresenta, usando le parole della giuria, “un documento di eccezionale attualità”. Federico Betta, originario di Trento ma residente a Roma, di solito trascorre in Trentino le vacanze estive e nel 2020 si trovava a Piné nelle settimane in cui l’orso M49 scorrazzava nella zona, conquistando le cronache nazionali dei giornali. «Proprio in quel periodo mi è stato regalato il libro di Matteo Zeni "In nome dell’orso", che mi ha affascinato molto, e ho conosciuto il figlio di Graziano Daldoss, Stefano, che mi ha raccontato del padre, il primo in Europa a filmare l’orso. Sono stati questi stimoli a far nascere il mio interesse per questo animale, che poi ha portato a questo film».
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Un orso avvistato in posizione eretta © Trento Film Festival

Il culto dell’orso

La frequentazione dell’orso mostra come, in Trentino e non solo, il rapporto uomo-orso risalga alla Preistoria e non abbia nulla di favolistico. Fino al Medioevo, prima della conoscenza delle scimmie da parte degli europei, era considerato come l’animale più simile all’uomo. Questo perché è in grado di rimanere in posizione eretta e di arrampicarsi, posa sul terreno l’intera pianta delle zampe posteriori ed è goloso.
«Nei secoli passati non veniva solo cacciato, ma era anche impersonificato, caricato di significati simbolici e culturali; basti pensare al fatto che i guerrieri si vestivano con le sue pelli. Era oggetto di un vero e proprio culto».

La delegittimazione

Dopo il Medioevo il paradigma cambiò, come racconta il documentario.
«La Chiesa voleva eliminare tutti i riti e le usanze di origine pagana, e dunque delegittimò l’orso, facendolo diventare solo un problema. Il plantigrado divenne un animale da eliminare per liberare il territorio e renderlo abitabile dall’uomo. La Chiesa dunque attivò una serie di azioni per destituire quello che era una sorta di dio silvestre».
Tutto questo non fu però sufficiente a far uscire l’orso dalla nostra cultura. Semplicemente, da essere quasi divino ha finito per diventare un’entità commerciale, come dimostra, ad esempio, la diffusione degli orsacchiotti di peluche dei nostri tempi.
«Il motivo viene spiegato nel film dalla psicoterapeuta Nora Bonora: l’orso è un animale che oltrepassa continuamente il confine tra il nostro mondo civile, tra ciò che vogliamo pulito, luminoso e ordinato, e il mondo oscuro, buio, selvaggio e sconosciuto. L’orso attraversa questa frontiera continuamente, avanti e indietro, per questo non possiamo eliminare del tutto questa presenza simbolica dalla nostra cultura».
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Tre orsi in un frame del film © Trento Film Festival

Evitare l’estinzione

La seconda parte del documentario ricostruisce le tappe delle azioni di persone e istituzioni, tra cui il Cai e la Sat, che tra Ottocento e Novecento hanno cercato di evitare l’estinzione dell’orso, in Trentino e in Italia. Viene dato spazio all’inserimento della specie tra quelle protette, avvenuto nel 1939 a opera del Senatore del Regno Gian Giacomo Gallarati Scotti, e all’azione dei naturalisti Graziano Daldoss e Fabio Osti.
«Daldoss e Osti sono stati i primi a realizzare, nella seconda metà del Novecento, una mappatura degli orsi presenti in Trentino, con l’obiettivo di studiarne i comportamenti nell’ottica di una possibile convivenza con l’uomo e le sue attività».
Le vicende narrate arrivano fino ai giorni nostri, con il progetto di reintroduzione Life Hursus.
«Negli anni ’90 in Trentino gli orsi erano praticamente estinti, ne rimanevano solo tre esemplari. Con Life Hursus, nei primi anni Duemila vennero reintrodotti dodici esemplari provenienti dalla Slovenia, i quali nel tempo si moltiplicarono, causando le contrapposizioni dei giorni nostri».

Tutti i punti di vista

Un aspetto notato dal regista durante la lavorazione del film è che le posizioni sul ritorno dell’orso spesso contrappongono gli abitanti delle aree montane caratterizzate dalla sua presenza agli amanti dell’ambiente naturale che vivono in città.
«Chi ha il problema della presenza dell’orso sotto casa, ovvero i montanari, viene spesso considerato ignorante, non in grado di comprendere il valore ecologico del ritorno di questa specie. Nel documentario ho voluto dare la parola a queste persone senza giudicarle. Di contro, i cittadini amanti della natura vengono visti come velleitari, senza un contatto reale con la vita quotidiana della gente. Allo stesso modo, ho dato spazio anche alle loro opinioni, per far capire che la difesa degli animali è un concetto troppo spesso rinnegato dalla nostra società, ma che investe riveste una grande importanza. Gli animali non sono infatti esseri a nostro uso e consumo, questo è un approccio che dobbiamo ripensare. Bisogna conciliare le diverse visioni, in questo campo tutti hanno ragione e tutti hanno torto».
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La locandina de "La frequentazione dell'orso"

Conoscenza come contrasto alla polarizzazione

L’obiettivo del film, frutto di un lavoro collettivo che ha coinvolto l’Ecomuseo della Judicaria, Fondazione Caritro, il Cai, la Sat e il Muse, oltre ad amatori e professionisti che hanno fornito le immagini, è proprio questo: cercare di limitare, attraverso la conoscenza, la contrapposizione tra i favorevoli alla presenza dell’orso e i contrari.
«La polarizzazione di opinioni su questo tema è la stessa che troviamo in tutto ciò che non si conosce e che sfida i confini della nostra società, generando di conseguenza paura. Penso ad esempio alla questione dei migranti. Non conoscere è però naturale se non si viene informati e preparati. Ritengo dunque che, per evitare questa polarizzazione, sia utile mettere sullo stesso piano le diverse anime che oggi si confrontano con la presenza dell’orso. Questo film non vuole dare risposte, ma fornire gli strumenti per poter dialogare su basi e conoscenze comuni, uscendo dagli umori generati dalle cronache, attraverso uno sguardo a volo d’uccello sui vari punti di vista e interessi in campo».
La frequentazione dell’orso quest’anno ha toccato vari eventi e festival, in Trentino, in Italia e all’estero. La prossima proiezione è in programma il 29 dicembre alle 20:30 al Teatro e Cinema Soms di Torre de’ Picenardi (CR), nell’ambito del Festival internazionale del documentario urbano e del cinema ambientalista. Il film è inserito inoltre nel catalogo della Cineteca del Cai e in quello del Trento Film Festival 365 e può essere noleggiato da chiunque voglia organizzarne una visione pubblica, a partire dalle Sezioni del Cai.

Trailer

https://vimeo.com/695229375?embedded=true&source=vimeo_logo&owner=488313