© Cai Novi Ligure
il 13 gennaio a San Sebastiano Curone, in provincia di Alessandria, è previsto un incontro pubblico durante il quale, oltre ad aggiornare sul progetto del Parco Eolico del Giarolo e sulle novità al proposito, sarà occasione per far conoscere meglio le bellezze naturalistiche dei nostri crinali, la loro storia ed economia tradizionali, la loro ricca biodiversità, i tanti progetti di fruizione consapevole del territorio, nella speranza che finalmente si
comprenda quanto abbiamo di prezioso da proteggere.
«Il Cai è favorevole alle energie rinnovabili, da anni denunciamo la crisi climatica di cui la montagna è la prima vittima. Le fonti energetiche sono un problema da risolvere ma ciò non vuol dire che ogni soluzione sia accettabile. Non condividiamo, i contenuti di questo progetto in quanto presenta soluzioni che, in nome di una motivazione legittima, ignorano o sottovalutano la tutela di un territorio naturale e fragile; per farlo diventare un’area energetico/industriale marginale e non può essere giustificabile che questo avvenga in nome del contrasto del riscaldamento globale e che tutto debba prevalere sulla tutela paesaggistica».
Allo stesso tempo, gli abitanti e associazioni delle zone interessate dal futuro parco eolico si sono immediatamente mobilitate; in Val Borbera è nato un comitato di opposizione al progetto, costituito non solo dalla nostra Sezione ma anche dalle sezioni di Tortona e Voghera e dalla Commissione T.A.M. LPV nonché dal Gruppo regionale Piemonte ma anche da molteplici Associazioni del Territorio.
Rispetto a parecchi anni fa, quando ci siamo trovati davanti a un simile progetto, oggi vi è una partecipazione popolare ampia e diffusa e in sinergia tra associazionismo, operatori economici, cittadini ma anche le istituzioni prendono una posizione ufficiale espressa dal Presidente della Provincia di Alessandria a favore dell’ambiente naturale, delle eccellenze ambientali, agricole, gastronomiche e culturali, dell’economia tradizionale, dei progetti di turismo lento e sostenibile, dell’escursionismo, della storia.
Al di là dei danni certi all’ambiente, al paesaggio agricolo-forestale e alla biodiversità con l’inevitabile consumo di suolo, distruzione di vegetazione boschiva, danno alla fauna avicola, nonché al turismo lento che è solito percorrere tali aree; occorre considerare che l’installazione di torri in cemento e acciaio alte fino a 200 metri e pesanti ciascuna qualche centinaio di tonnellate comporterà, inevitabilmente: i rilevanti sbancamenti ed escavazioni (necessari al loro inserimento in aree da ridurre a piazzole artificiali); l’edificazione di strade necessarie ad accogliere autotreni di grandissima dimensione trasportanti torri e pale (spesso con distruzione di percorsi inseriti negli itinerari del turismo escursionistico) e la costruzione di lunghi elettrodotti sottoterra e/o fuori terra per il trasporto dell’energia a cabine troppo lontane (e probabilmente da edificare).
«Occorre una riflessione su una concezione così distorta della transizione ecologica che prevede pesanti infrastrutture, progetti devastanti e di dubbia efficacia dove i danni ambientali provocati saranno superiori ai benefici».