Clima, il Piemonte intensifica il monitoraggio dell’ambiente alpino

PIEMONTE
Condividere le rispettive competenze, conoscenze, studi, ricerche e attività fin qui effettuate per migliorare la tutela ambientale attraverso una base dati che monitora e monitorerà con ancora più elementi la conoscenza degli ambienti alpini in quota, per metterla a disposizione sia della comunità scientifica che del pubblico attraverso azioni di divulgazione. Questo l'obiettivo della convenzione quinquennale, promossa da Regione Piemonte, firmata ieri da Cai Torino, Museo nazionale della montagna, Cnr-Irpi (Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica del Consiglio nazionale delle ricerche) e Arpa Piemonte. Un accordo che ha, dunque, come base la ricerca scientifica, il monitoraggio ambientale, climatologico e geomorfologico e le rilevazioni sul campo.

Bacino glaciale della Bessanese e Rifugio Gastaldi

L'accordo vede come area pilota il bacino glaciale della Bessanese, un’area dove viene svolta ricerca scientifica finalizzata ad approfondire, migliorare e divulgare le conoscenze circa gli effetti dei cambiamenti climatici sulla morfogenesi dell’ambiente alpino in generale e degli ambienti di alta quota in particolare, con specifico riferimento ai processi di instabilità naturale. Nel vicino Rifugio Gastaldi (di proprietà del Cai Torino), due locali saranno infatti destinati all’attività di studio, ricerca, didattica e divulgazione, per permettere non solo ai tecnici di poter operare sul posto, ma anche ai frequentatori di conoscere lo stato di avanzamento delle conoscenze e capire la montagna e il ghiaccio più a fondo.
«Il Cai, in partnership con Cnr-Irpi e Arpa Piemonte, grazie alla preziosa regia della Regione Piemonte, ha individuato il bacino della Bessanese come area pilota per lo studio, attraverso tecnologie innovative, degli effetti dei cambiamenti climatici sul rimodellamento dei paesaggi di alta quota e nel monitoraggio delle variazioni delle sue componenti morfometriche per la valutazione della pericolosità e del rischio», ha spiegato il presidente del Cai Piemonte Bruno Migliorati nel suo intervento. «La rete di sensori posizionata e monitorata dal Cnr-Irpi, la disponibilità logistica del Rifugio Gastaldi e la sua connotazione culturale in quanto sede distaccata del Museo nazionale della montagna sono stati condizioni caratterizzanti per identificare il rifugio stesso e il suo intorno come un laboratorio a cielo aperto. L'affiancamento in alcune attività degli Operatori naturalistico-culturali del Cai ai ricercatori ha permesso lo sviluppo di competenze e collaborazioni che si sono rivelate propedeutiche a quanto avviato con l’accordo quadro nazionale siglato nel 2019 tra Cai e Cnr».
Rifugio Gastaldi
Il Rifugio Gastaldi (giugno 2022) © UmbroTessiore

Il rifugio piattaforma per il futuro

Sulla stessa lunghezza d'onda il presidente del Cai Torino Marco Battain, che si è detto lieto di partecipare, in continuazione con il passato, a un progetto importante, in particolare in questi tempi di crisi climatica.
«Una struttura centenaria come il “vecchio” Rifugio Gastaldi si trasforma così da eredità del passato in piattaforma per il futuro. L’osservazione in continuo del bacino della Bessanese e il rilievo scientifico di numerosi parametri che avranno come base operativa la “saletta del presente” consentiranno di quantificare l’evoluzione dei mutamenti in atto e di valutarne la pericolosità: i dati raccolti potranno essere oggetto non solo di considerazioni scientifiche/didattiche, ma anche di azioni divulgative».

Ricerca, crisi climatica, monitoraggio e divulgazione

La cerimonia della firma dell'accordo è stata aperta dall'assessore regionale all’Ambiente, Matteo Marnati.
«Abbiamo iniziato a studiare questo progetto molto tempo fa perché consapevoli che la ricerca è un’arma importante anche, e soprattutto, per comprendere i cambiamenti climatici che, nel nostro Piemonte, hanno avuto un’accelerazione molto forte. Cambiamenti climatici che ci impongono di velocizzare le tempistiche che, quando si parla di ambiente, non sono di certo brevi. Puntare sulla ricerca dunque intervenendo con tutte le risorse che abbiamo a disposizione, e, visto che gli eventi atmosferici avvengono repentinamente, importante è avere più sensoristica possibile e affinare sempre più i metodi. Avere dunque qui, vicino, un avamposto pilota della ricerca è particolarmente importante».
Dal canto suo, il direttore generale di Arpa Piemonte Angelo Robotto ha ricordato come il riscaldamento sia particolarmente elevato sulle Alpi e ha come conseguenza il rischio aumentato dei crolli e delle colate di detriti.
«Nelle Alpi la manifestazione più evidente si osserva sui ghiacciai che negli ultimi decenni si sono ritirati, dimezzando la propria estensione originaria e, entro la fine del secolo, è possibile che tutti i ghiacciai alpini, con pochissime eccezioni, siano completamente scomparsi. In questo contesto, di forte evoluzione, è dunque importante da un lato studiare l’evoluzione e i meccanismi che determinano questi impatti anche attraverso la realizzazione di laboratori permanenti in quota, e dall’altro fare formazione e divulgazione su questi temi portando direttamente a toccare con mano le bellezze e le fragilità della montagna».
Guido Nigrelli, ricercatore di Cnr-Irpi, ha ricordato che la forte riduzione delle masse glaciali, la degradazione del permafrost e l’aumento dei processi di instabilità naturale, sono solo alcuni dei principali effetti del cambiamento climatico.
«Al fine di poter mettere a punto sempre più accurati scenari di pericolosità e di rischio e attuare un'efficace formazione-divulgazione verso un utilizzo più sicuro della montagna, è necessario fare sistema, unendo strutture e conoscenze. L’iniziativa oggetto di questa convenzione va proprio in questa direzione, nel pieno rispetto di uno sviluppo sostenibile e di una salvaguardia delle nostre montagne». «Il ruolo della cultura della montagna nella contemporaneità vede in questa partnership un’importante occasione di potenziamento», ha infine osservato Daniela Berta, direttrice del Museomontagna. «La memoria delle Terre alte, la storia dell’alpinismo nelle Valli di Lanzo, l’evoluzione delle modalità di fruizione e delle condizioni ambientali, dialogheranno con l’osservazione e lo studio del presente, realizzando quel connubio oggi essenziale tra discipline, campi di ricerca, modi di guardare e di vedere. Strategico sarà poi l’asse tra Balme e Torino, con la restituzione al museo dei risultati del lavoro condotto in quota e la divulgazione di contenuti non solo a favore degli amanti della montagna, ma di tutta la collettività: una finestra sempre aperta su temi oggi quanto mai urgenti, per contribuire alla costruzione di una piattaforma comune di valori e di consapevolezza».