1000 dighe si trasformerebbero in puro profitto d’impresa agricola, energetica e bancaria, senza pagare dazio, ma lasciando dietro di sé una scia di danno irreparabile per le Terre alte e i loro abitanti, senza nemmeno contropartite.
Sappiamo invece che l’energia prodotta da 1000 nuovi invasi idroelettrici andrebbe ad aggravare il costo delle bollette nelle tasche di tutti gli italiani, perché l’energia rinnovabile così prodotta, non essendo competitiva nel mercato, sarebbe gravata da incentivi che vengono pagati o dalla fiscalità generale o, come ora avviene, dai costi aggiuntivi da aggiungere alle tariffe elettriche che cittadini e imprese sostengono di tasca loro.
Siamo poi così certi che per raggiungere gli obiettivi europei per la decarbonizzazione dell’economia bisogna riempire le montagne di 1000 nuove dighe e i suoi crinali alpini e appenninici di Pale eoliche, pagate tra l’altro dal solito Pantalone?
Si possono raggiungere gli stessi obiettivi senza alimentare cattivi investimenti ambientalmente dannosi. Paesi come Germania, Francia, Austria raggiungeranno quegli obiettivi, attraverso l’uso intenso della risorsa nucleare della quale dispongono. Noi in Italia abbiamo invece una grande disponibilità di gas, il combustibile della transizione al dopo petrolio, grazie a investimenti ottenuti con i gasdotti e le piattaforme offshore per il GNL. Usiamolo anche come scambio di disponibilità energetica nel mercato europeo, ma anche per dare compimento al progetto di metanizzazione dei territori montani e dell’intero Meridione d’Italia.
Nel frattempo incentiviamo idrogeno e solare; sosteniamo anche finanziariamente la produzione e l’uso di energia prodotta in loco, lasciando che dell’acqua dispongano i montanari, senza sottrarre loro un bene che, se ben regolato e utilizzato in loco, può generare risorse che migliorano la qualità della vita dei borghi montani».
I concetti espressi dal Vicepresidente generale Quartiani sono condivisi dal Presidente Generale Vincenzo Torti, il quale osserva altresì che: «Ci sono decine di grandi dighe in Italia che vanno verso il fine vita, altre che non sono dotate di sistemi di pompaggio senza alcuna prospettiva di essere utilizzate perché fuori mercato. Innovativo e utile socialmente ed economicamente sarebbe un serio progetto per usare questo patrimonio di dighe in via di dismissione , riconvertendole ad uso agricolo, irriguo e energetico per il consumo localmente circoscritto, restituendole ai territori e alle loro comunità montane (alle quali sono state sottratte nel secolo scorso ingenti porzioni di suolo montano a scopo energetico per alimentare lo sviluppo industriale dell’intero paese, senza compensazioni economiche e ambientali significative, quando le dighe purtroppo non hanno aiutato a fermare lo spopolamento dei borghi alpini e appenninici, lo sviluppo dell’Italia postbellica invece si, ma ingenerando diseguaglianza tra territori).