Le Torri del Vajolet © Federico RossettiIl 17 settembre 1887 George Winkler scala la Terza Torre Meridionale del Vajolet.
Winkler è nato a Monaco di Baviera nel 1869, da una ricca famiglia della borghesia tedesca. Il padre è un commerciante di carni. A casa Winkler si programmano uscite domenicali sulle cime bavaresi, così a undici anni il ragazzino assaggia la roccia e a quattordici sale la Zugspitze. Presto il piccolo Georg (d’età e anche di statura) sviluppa tecnica e muscoli con la costanza di un adulto avvezzo alla scalata, sperimentando nuovi materiali ed esplorando il confine dell’arrampicata solitaria. Si allena severamente e vuole superare il limite.
La Terza Torre del Vajolet
Nel 1887 il piccolo George è all’ultimo anno del liceo. Finita la scuola, freme di passione e scala tutto quello che può per sperimentare e imparare. Alla fine dell’estate il diciottenne si sente in forma; raggiunte le Dolomiti, proprio nel cuore della famosa Valle di Fassa, adocchia la Terza Torre del Vajolet che dal rifugio svetta come un fantasma di pietra sfidando la forza di gravità e componendo una delle cartoline più celebri delle Dolomiti. Il 17 settembre parte con un pezzo di corda a tracolla, scarponi chiodati e babbucce di feltro per la scalata e un uncino di ferro in caso di emergenza. In poche ore firma una delle più audaci imprese della storia, scalando la fessura della Torre senza alcuna protezione su difficoltà di terzo e quarto grado, con un passaggio di quarto superiore: il Winklerriss. Nessuno aveva mai osato tanto prima di lui, anche se il resoconto è laconico: “La più piccola delle tre Torri principali del Vajolet, 2800 metri. Prima salita. 17 settembre, partenza 6,15’ – attacco 7,30’. Per un sistema di camini stretti si raggiunge il piede della guglia estrema e da qui per alcune paretine alla punta: ore 9,50’ (ometto, vista chiara, ma naturalmente limitata) – partenza 10,30’ – un sasso cade dall’alto e mi taglia la corda fino a pochi fili – termine dell’arrampicata: 1,30’ – la torre vista dalla base rappresenta la magnifica guglia che io conosco – fienili da Soial (Gardeccia) 2,45’ – partenza 3,07’ – sceso a Monzon, per il ponte raggiunto lo stradon”. Forse la gente lo scambia per uno scappato di casa, e invece da quel giorno George è uno dei più leggendari arrampicatori di sempre.
Molti anni dopo Reinhold Messner, vestendo i panni dello storico, si chiede se “spingendosi al limite dell’arrampicabile Winkler abbia anticipato i tempi per firmare un’opera d’arte. No, Winkler ha semplicemente rischiato molto, e questo è tutto” conclude Messner senza mediazioni. Probabilmente sono stati il coraggio e l’incoscienza giovanile, abbinati, a lanciare il ragazzo nella sfida che oggi potrebbe sembrare alla portata di molti, ma all’epoca rasentava la follia e contemplava una visione futuristica della scalata. Ogni salto è culturale prima che tecnico. Al di là del gesto e del rischio, oggi appare fantastico che un ragazzino abbia cullato quell’idea oltre il tempo e la ragione, e in silenzio l’abbia realizzata, senza dirlo a nessuno.