Walter Bonatti, 13 anni fa la scomparsa dell'ultimo eroe

Il 13 settembre segna l'anniversario della scomparsa di Walter Bonatti, uno degli ultimi grandi eroi dell'alpinismo.
Walter Bonatti
Walter Bonatti

Il 13 settembre 2011 muore Walter Bonatti, l’ultimo alpinista eroico. Va via di nascosto consumato dal male, in solitaria, senza il conforto della compagna Rossana Podestà. Non avendolo sposato, i funzionari della clinica decretano che Rossana non abbia il diritto di stargli vicino nelle ultime ore di vita.

Il 13 settembre nessuno si aspetta che l’uomo roccia sia finito in un banale letto di ospedale, sembra una fake, invece è l’ultimo colpo di scena dell’uomo contro, sempre al limite, mai pacificato. Nemmeno con sé stesso. La stessa Rossana spiega che Walter era un essere fragile in mezzo agli altri uomini, inversamente attrezzato rispetto alla natura selvaggia.

Pochi mesi prima l’avevamo visto in forma sul palco del Festival di Trento, a rievocare la tragedia del Pilone centrale con Pierre Mazeaud e Reinhold Messner. Messner s’era mostrato un conduttore affettuoso, Mazeaud un uomo riconciliato, mentre Bonatti era ancora all’erta contro le malelingue e i fantasmi di cinquant’anni prima. Aiutato dalla propria forza e dall’invidia altrui, aveva costruito su di sé la leggenda dell’uomo braccato e alla fine era rimasto imprigionato. Così invincibile nei luoghi estremi, venerato come un grande della storia, tra la gente Bonatti si schermiva e giocava in difesa, ed era un invecchiare difficile, senza serenità.

Walter Bonatti © Archivio Walter Bonatti - Museo Nazionale della Montagna

Il mito

La verità è che un eroe esiste in un tempo di eroi, e non è il personaggio a scegliersi il ruolo ma il mondo a sceglierlo per lui. L’alpinista Bonatti si è affermato nel secondo dopoguerra, quando la gente aveva un gran bisogno di modelli per sperare, e anche se non credeva più nel vecchio mito degli alpini a sentinella delle frontiere voleva confidare ancora nel sapore forte delle montagne e dei montanari, nel valore dell’uomo che s’impone sulla natura primitiva, nelle imprese che richiedono coraggio, dedizione e visionarietà. L’alpinismo di Bonatti sapeva di leggenda: dire e non dire, sapere e non sapere erano gli ingredienti delle sue avventure. Le sue scalate maggiori erano invernali e solitarie, come il pilastro del Petit Dru nel 1955, dopo le frustrazioni del K2, e la parete nord del Cervino dieci anni più tardi, alla fine della carriera alpinistica e all’inizio di quella esplorativa. Negli anni Settanta era sparito, pareva introvabile, poi aveva riacceso il mito ricomparendo con Rossana al fianco, pronto a una nuova vita ma ancora prigioniero delle delusioni passate, ancora contro tutti, ancora e sempre.

Bonatti è stato l’ultimo eroe del tempo eroico, prima che il Sessantotto spazzasse certi valori e cambiasse tutti i ruoli. Ha impersonato la forza di volontà del dopoguerra e la semplicità di un mondo che s’identificava nei conquistatori dell’inutile. È stato leggenda, prima che il consumismo tritasse anche quelle. È morto mentre crollava l’ultima porzione del suo pilastro al Petit Dru, come se di lui non dovesse restare nulla di tangibile. Solo il mito.