Questa è la storia di un viaggio nel tempo e nella conoscenza, reso possibile dal recupero e dall’analisi di un reperto che ci ha portato più vicino alle nostre stesse origini. La storia è stata ripresa da testate nazionali e internazionali. Qui ci siamo rivolti direttamente ad alcuni dei protagonisti e ne è nato il racconto affascinante che proponiamo ai lettori. Di questo dettagliato resoconto, riportato quasi integralmente, ringraziamo il professor
Jo De Waele, docente di Speleologia e Carsismo dell’Università di Bologna (UniBo),
Luca Pisani, dottorando in Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali (BiGea – UniBo) e la professoressa
Maria Giovanna Belcastro, docente di Antropologia presso BiGea – UniBo. Le immagini che abbiamo messo a corredo di questa narrazione sono di
Piero Gualandi, speleologo, e ritraggono l’archeologa
Lucia Castagna durante la prima fase della rimozione del teschio. Si è trattato di un’operazione estremamente delicata, che Lucia Castagna ha svolto in piena sicurezza, ma pur sempre sospesa sul vuoto dove è stato trovato il cranio della nostra antenata. Tutte le operazioni di prelievo e recupero si sono svolte in stretto accordo con la
Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le
province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara.
L'avvicinamento al teschio dell'archeologa Lucia Castagna © Piero gualandi
La storia e il luogo del ritrovamento
Nel 2015, all’interno della
Grotta “Marcel Loubens” (Dolina dell’Inferno, San Lazzaro di Savena, BO) fu trovato un
cranio, parzialmente inglobato nel sedimento in cima ad un pozzo, a circa 12 metri di altezza. La Grotta Loubens, scavata nel gesso messiniano, fa parte dell’area carsica dei
Gessi Bolognesi. Gli speleologi del
Gruppo Speleologico Bolognese – Unione Speleologica Bolognese (GSB-USB) che erano in esplorazione, risalendo in artificiale le pareti di un camino di recente scoperta, certamente non si aspettavano una tale sorpresa. Dopo la segnalazione, le esplorazioni si arrestarono momentaneamente per evitare potenziali danni al reperto e per attendere che esso venisse recuperato, in quanto in posizione estremamente
delicata e
precaria.
Il reperto è stato consolidato e prelevato per conto della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara nell’estate del 2017, sempre grazie ad una squadra di speleologi del GSB-USB. Stando al rilievo topografico della cavità, il punto di ritrovamento si trovava a
26 metri dalla superficie soprastante.
L'archeologa Lucia Castagna al lavoro sospesa nel vuoto © Piero Gualandi
Lo studio del reperto e le indagini scientifiche
La datazione al radiocarbonio di un dente ha consentito di collocare il cranio nell’arco temporale tra
5650 e 5400 anni fa, quindi nelle fasi iniziali dell’Eneolitico del Nord Italia. Curiosamente, oltre al cranio, nessun altro elemento scheletrico è stato rinvenuto, né in cima al pozzo, né alla sua base. Il cranio sembra essere appartenuto a una giovane
donna di 24-25 anni di età. Esso mostra lesioni legate al trasporto fluviale, ma anche tracce di manipolazioni avvenute poco dopo la morte, probabilmente di tipo rituale.
Il cranio si trovava immerso in un
sedimento fine (argille e limi sabbiosi), che testimonia come il principale meccanismo di trasporto fosse un flusso lento in cui le particelle del sedimento sono decantate dolcemente. Il sedimento e il cranio si trovavano sopra un
pavimento di calcite (una concrezione a “colata”), che fa capire come questo ramo fosse in principio percorso da acque con costante apporto di sostanza organica, e quindi anidride carbonica, consentendo la precipitazione della calcite. Il pozzo faceva quindi parte di un probabile
inghiottitoio, la cui porzione a monte è tutt’ora sconosciuta e il cui ingresso non è rintracciabile in superficie. In seguito a un aumento del flusso d’acqua nell’inghiottitoio, parte del sedimento è stato eroso, facendo crollare una porzione della colata precedentemente deposta, fatto che ha protetto il sedimento e il cranio da successive fasi di erosione.
Le prime fasi della pulizia del teschio © Piero Gualandi
L’analisi del cranio, svolta con il supporto di molteplici competenze
Dalle i
ndagini multidisciplinari svolte si può ipotizzare la seguente sequenza di eventi:
1) la donna è stata sepolta dopo essere stata manipolata subito dopo la morte. Non è possibile risalire al luogo del contesto funerario né se fu posto solo il cranio o l’intero corpo;
2) poco tempo dopo (forse solo qualche secolo), movimenti di massa nella dolina hanno spostato il cranio, che è rotolato fino a un inghiottitoio nelle vicinanze (probabilmente in una fase climatica calda, circa 5550 anni fa);
3) durante una successiva fase climatica più fredda ed arida, con versanti della dolina più spogli, il cranio è stato trasportato più in profondità nell’inghiottitoio (probabilmente attorno ai 4200 anni fa) con le argaille;
4) il miglioramento delle condizioni climatiche locali ha riattivato l’inghiottitoio, erodendo parte del sedimento e facendo crollare un vecchio crostone della colata di calcite sopra il sedimento che conteneva il cranio (probabilmente tra 4100 e 3000 anni fa);
5) da 2100 anni fa ad oggi, l’inghiottitoio originario è stato progressivamente abbandonato. Il flusso delle acque ha approfondito il pozzo e depositato un nuovo crostone di calcite a lato e al di sotto del cranio, che è rimasto sospeso su un terrazzino a 12 metri di altezza dal pavimento attuale. Questa fase erosiva e di concrezionamento è tutt’ora attiva.