Ueli Steck"Nel tuo compleanno, sono particolarmente consapevole di quanto mi manchi. Anche se non sei più qui, vivi nei miei pensieri e nei miei ricordi. Il tempo che abbiamo trascorso insieme avrà sempre un posto speciale nel mio cuore”. Questo il messaggio postato oggi, 4 ottobre, dalla famiglia sulle pagine social di Ueli Steck, che oggi avrebbe compiuto 48 anni.
Uno dei più geniali scalatori della nostra epoca, capace di lasciare un'impronta indelebile nel mondo dell'alpinismo, spingendo i confini del possibile verso un nuovo orizzonte.
La vita
Se ne è andato a 41 anni Ueli Steck, l’uomo dei record e delle solitarie su terreni impensabili. Vincitore di due Piolet d’Or e scomparso in Nepal, sulla parete ovest del Nuptse, a causa di una scarica di sassi. Soprannominato Swiss Machine, per le prestazioni incredibili dimostrate su Eiger, Cervino e Grandes Jorasses, le tre grandi nord delle Alpi su cui ha infranto ogni record di velocità.
Nato il 4 ottobre 1976 a Langnau im Emmental, Steck è il terzo di tre fratelli. La passione per la montagna non nasce in famiglia ma grazie a un amico di famiglia, che porta Ueli su una facile montagna dell’Emmental quando lui ha solo 12 anni. L’amore è immediato, e inizia così una fase di sperimentazione e scoperta che avvicina il giovane Steck all’arrampicata e poi all’alpinismo. A soli 18 anni è sulla parete nord dell’Eiger. A questa ascensione ne seguiranno molte altre, sempre più difficili e con un approccio votato alla ricerca della prestazione. Un modo di vivere l’alpinismo che contribuisce a diffondere il suo nome nel settore, grazie anche al carisma e alle capacità comunicative dell’alpinista. Richiesto per serate ed eventi, nel giro di poco Ueli Steck decide di lasciare il suo lavoro di carpentiere, per dedicarsi in toto alla montagna e all’alpinismo. Questo, fino al 30 aprile 2017, quando muore travolto da una scarica di ghiaccio e sassi sulla parete ovest del Nuptse. Si stava acclimatando per tentare la traversata Everest-Lhotse.
Ueli Steck © Facebook Ueli SteckLa carriera alpinistica
Dopo aver realizzato, a soli 18 anni, la prima salita della nord dell’Eiger, Steck ha inenellato una serie di salite di primordine, compiute a velocità da record. Tra queste la solitaria al Couloir Haston sul Mönch (4107 m), nelle Alpi bernesi, che completa in sole 3 ore e 30 minuti. Nel 1999 tocca nuovamente all’Eiger, dove percorre in solitaria la via Lauper, in sole 5 ore. Ancora l’Eiger, meno di un anno dopo, questa volta per la via Yeti, di cui segna la seconda ascensione. Nel 2001 è la volta delle Grandes Jorasses, dove sale in inverno lo sperone Walker, per poi spostarsi subito dopo su quella che ormai si può considerare come la sua montagna di casa, l’Eiger. Qui con Stephan Siegrist, apre una nuova via sulla parete nord: The Young Spider.
Dopo tanta attività alpina si sposta in Himalaya, iniziando ad avvicinarsi alle altissime quote, senza sacrificare la tecnica. Il suo primo exploit lo vede, con Ueli Bühler sulla parete ovest del Pumori (7161 m). Una salita che apre le porte a un intenso periodo esplorativo, su montagne e pareti difficili e inesplorate. Nel 2002 vola in nord America, sul Mount Dickey (2909 m), dove con Sean Easton apre una nuova via sulla parete est della montagna. Poco dopo è in Nepal, sullo Jannu e ancora in Patagonia dove sale Punta Herron. In Nepal sale il Taboche (6515 m), in solitaria per la parete est; e anche il Cholatse (6440 m), anche questo in solitaria, per la parete nord.
Il Nepal è anche il Paese che gli regala i suoi due Piolet d’Or. Il primo arriva nel 2008, per la prima salita dell’inviolata parete nord del Tengkangpoche realizzata insieme a Simon Anthamatten. Nel 2014 il secondo, per aver aperto una nuova via aperta sulla parete sud dell’Annapurna. Per Steck si tratta, tra l’altro, del quarto Ottomila scalato, dopo Gasherbrum II e Makalu saliti entrambi nel 2009, e dello Shisha Pangma, salito nel 2011.
Ueli Steck in montagna © Facebook Ueli SteckSalite a tempo di record
Impossibile ricordare Ueli Steck senza parlare della velocità con cui ripeteva vie, difficili e impegnative, e concatenava montagne. Nell’estate 2015, per esempio, riesce, nel concatenamento di tutti e 84 i Quattromila delle Alpi in appena 62 giorni muovendosi senza utilizzare mezzi motorizzati per gli spostamenti.
Bisogna però tornare indietro di molti anni, al 2004, per scoprire la prima esperienza in velocità di Ueli Steck. In quell’anno porta a compimento, insieme a Stephan Siegrist, la trilogia delle pareti nord (Eiger, Mönch e Jungfrau) salite senza soluzione di continuità in appena 25 ore. Allo stesso modo, sul Cervino, ripete la via Bonatti alla nord, in appena 25 ore. Il 2007 è invece l’anno dell’exploit più importante: la via Heckmair, sulla nord dell’Eiger, in appena 3 ore e 54 minuti. Una prestazione che viene migliorata nel giro di un anno, quando torna e ripete la salita in 2 ore 47 minuti e 33 secondi. Un tempo che verrà poi battuto da Dani Arnold, ma che Steck si riprenderà nel 2015, portando il tempo di salita della via Heckmair a 2 ore 22 minuti e 50 secondi.
È di nuovo una parete nord, la protagonista di un nuovo record i Ueli Steck: la nord delle Grandes Jorasses. Qui sale in solitaria la Colton-McIntyre per la variante Alexis, in sole 2 ore, 21 minuti e 26 secondi. Sulla nord del Cervino ripete la Schmid in appena un’ora, 56 minuti e 40 secondi. Poi, molti altri record, come la salita della nord di Les Droites in 2 ore e 8 minuti, o il concatenamento delle Tre Cime di Lavaredo in un tempo decisamente invidiabile (ripete la via Cassin alla Piccolissima in 45 minuti, lo Spigolo Giallo della Cima Piccola in 58 minuti, la via Comici alla Cima Grande in 65 minuti).
Sul Monte Bianco, nel 2013, percorre la Cresta di Peuterey in appena 11 ore e 30 minuti. Si sposta quindi in Himalaya, sugli Ottomila, dove mette a segno la salita dello Shisha Pangma, in 10 ore e 30 minuti, un paio di anni prima di cimentarsi sull’Annapurna. La già citata via da Piolet d’Or, che completa nell’impressionante tempo di appena 28 ore, tra salita e discesa.
Un concentrato di forza, tecnica e determinazione fuori dal comune. Di alpinisti come Ueli Steck non ne nascono molti, uomini guidati da una visione concreta dando un senso a un viaggio che potrebbe non avere alcun senso. “Scalare correndo la parete nord dell’Eiger in due ore e quarantasette minuti non ha alcun senso. Ma allargando l’orizzonte di questo ragionamento potremmo allora dire che in definitiva non ha alcun senso scalare una qualsiasi montagna” diceva Steck. “Credo che in realtà ciò che conta è sapere accettare che ciò che non ha senso per qualcuno può averne parecchio per qualcun altro”.