Ueli Steck e l’Eiger: il record che ha riscritto la storia dell’alpinismo

Il 13 febbraio 2008 Ueli Steck sfida ancora una volta la nord dell’Eiger, correndo verso la vetta in un tempo incredibile: 2 ore, 47 minuti e 33 secondi.
Ueli Steck in montagna © Facebook Ueli Steck

Ueli Steck conosce talmente bene la parete nord dell’Eiger da portarci la moglie Nicole nel febbraio del 2007, come regalo di compleanno. Ci torna di corsa da solo, e poi ancora, e ancora, in ogni stagione, fino a sentirsi totalmente in sintonia. Il 13 febbraio 2008 è pronto a tentare il nuovo record.

“So esattamente come farò, ho il piano ben in testa. Faccio partire i due cronometri. Pronti, via! Questa volta non c’è traccia e battere la pista è faticoso, sulla parte bassa della parete trovo molta neve e ogni tanto affondo fino al ginocchio… Do tutto e quando arrivo alla Fessura Difficile guardo l’orologio: ho impiegato ben 39 minuti dall’attacco, dieci in più dello scorso anno… Fino alla Traversata Hinterstoisser non mi aspettano grandi difficoltà. D’estate la traversata è una liscia placca di roccia obliqua e la maggior parte degli alpinisti si affida alla corda fissa. Io mi sono ripromesso di non usare né corda né chiodi, voglio salire sfruttando le condizioni naturali della parete…”

La parete nord dell'Eiger © Wikimedia Commons

Piano piano, ma sempre correndo, Steck recupera il tempo perso in basso. Nella seconda metà della parete sfrutta la coesione della neve trasformata. Conosce a memoria i passaggi più difficili e li esegue come un acrobata navigato, ripetendo i movimenti impressi nella memoria. Le ore spese a provare e riprovare i passaggi gli vengono restituite in forma di secondi, forse minuti. Ultimi passaggi delicati – anzi delicatissimi – sulle Fessure Terminali, poi si sfoga la potenza dell’atleta: scatto finale per il nevaio sommitale verso la cresta Mittelegi. “D’estate, quando facevo jogging, rivivevo spesso questo momento, il passaggio dalla parete alla cresta fino il punto che precede la vetta. Me lo sono immaginato ripetutamente mentre mi allenavo, pensando alla sensazione piacevole del sole sulla faccia… Corro sulla cresta. È affilata, ma dopo la pendenza della parete mi sembra pianeggiante. Pieno di gioia mi avvicino alla vetta. I ramponi emettono quel rumore tipico, quasi uno stridore, nel ritmo sempre più veloce. Piegato in avanti faccio gli ultimi passi verso il traguardo e fermo di gran fretta il cronometro dell’orologio. Mi piego di nuovo e cerco di riprendere fiato. Sono pur sempre a 3970 metri sul livello del mare…”

Il tempo si è fermato a due ore, quarantasette minuti e trentatré secondi.