Tragedia del Monte Faito, aperta un'indagine per disastro e omicidio colposo plurimo

Quattro morti e un ferito grave nello schianto della cabina della funivia. E a Castellammare di Stabia è lutto cittadino
Le operazioni di recupero sono state ostacolate da vento e nebbia © Soccorso alpino Campania

Per far luce sull’incidente della funivia che collega Castellammare di Stabia al Monte Faito, nel napoletano, la Procura di Torre Annunziata ha aperto un fascicolo d’indagine contro ignoti per disastro colposo e omicidio colposo plurimo. L'incidente è avvenuto nel primo pomeriggio di giovedì (17 aprile 2025), quando la cabina che in quel momento stava salendo, pochi metri prima di raggiungere la stazione a monte è precipitata nel vuoto. A bordo c’erano due coppie di turisti (israeliani e inglesi) e il macchinista, 59 anni, dipendente dell’Ente autonomo Voluturno (Eav, la società che gestisce l’impianto). Quattro di loro sono morti sul colpo, macchinista compreso, mentre una quinta persona, un giovane israeliano, è ricoverata all’ospedale del Mare in prognosi riservata. Salvi i dieci passeggeri che, in quel momento, stavano scendendo, a bordo della seconda cabina dell’impianto che, al momento dell’incidente, si è bloccata, restando sospesa poco prima di arrivare a destinazione: imbracati, sono stati calati a terra dai soccorritori.

Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco e le squadre del Soccorso alpino, con gli specialisti del nucleo Speleo alpino fluviale. Hanno operato in condizioni meteo difficili, con nebbia fitta e forte vento che ostacolavano la visibilità. Sono stati loro i primi a raggiungere il punto dello schianto e a capire la portata della tragedia. I corpi delle quattro persone morte sono stati recuperati anche grazie all'intervento dei militari del Soccorso alpino della Guardia di finanza di Avellino, mentre il ferito è stato portato in ospedale in eliambulanza. E sempre loro, nelle ore successive, a lavorare per la messa in sicurezza della cabina, per evitare ulteriori movimenti e il rischio di rotolamento verso valle, così come per la rimozione di una parte del cavo che è precipitata sulla linea ferroviaria Circumvesuviana e sul tetto di un’abitazione. Le operazioni si sono concluse a notte inoltrata.

Ieri, è stato il giorno del cordoglio. A Castellammare di Stabia è stato istituito il lutto cittadino. Il sindaco, Luigi Vicinanza, parla di “una tragedia che ci lascia sgomenti. In questo tempo sospeso nel dolore, ci stringiamo con profonda commozione alle famiglie delle vittime e preghiamo per la pronta guarigione della persona ferita. Questo è il momento del silenzio. Poi verrà quello della verità”. Un pensiero del primo cittadino è andato anche ai soccorritori: “Nella tragedia di queste ore, ancora una volta Castellammare ha dato prova del suo grande cuore, mettendo subito in moto la catena della solidarietà. Dai soccorsi coordinati dal prefetto di Napoli, Michele Di Bari, ai volontari della Protezione civile, dalle forze dell'ordine alla Polizia municipale, dai dipendenti del Comune a quelli dell'Eav, dal personale sanitario tutti uniti per fronteggiare questo dolore collettivo”.

Per capire cosa sia successo, ci vorrà tempo. L’accesso all'area è stato interdetto, le stazioni dell’impianto poste sotto sequestro. Gli inquirenti hanno effettuato i primi sopralluoghi sul posto (il primo il giorno stesso dell’incidente, il secondo ieri), e acquisito le immagini della telecamera della stazione di monte che pare abbia ripreso la tragedia. L’ipotesi è che si sia spezzato il cavo traente della cabina. E forse, nell’incidente potrebbe avere avuto un ruolo anche il forte vento che soffiava in quel momento (per il quale la Protezione civile aveva diramato l'allerta “gialla”). L’impianto era stato riaperto appena una settimana fa, dopo tre mesi di manutenzione. A marzo, la funivia era stata oggetto di una verifica da parte degli ispettori di Ansfisa (l’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali), fa sapere il sottosegretario di Stato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Tullio Ferrante intervistato da Canale 21, “come previsto dalla normativa sulle ispezioni periodiche. E l'8 aprile Eav aveva inviato alla stessa agenzia la documentazione tecnica comprensiva dell'esito delle manutenzioni ordinarie e straordinarie, nonché delle prove non distruttive eseguite sui cavi, accompagnata da una relazione di idoneità dell'impianto”.

L'impianto di risalita che collega Castellammare al Monte Faito, 1.131 metri di quota, è stato inaugurato nel 1952. Appena otto anni dopo, il 15 agosto 1960, fu teatro di un primo, terribile incidente: a causa di un errore umano, una delle cabine giunse a valle senza riuscire a frenare la sua corsa, precipitando sui binari della ferrovia. Ci furono quattro morti, compreso un bambino di 9 anni. Altri 31 viaggiatori rimasero feriti.

La tragedia del Monte Faito ha fatto tornare alla mente quella della funivia del Mottarone che collegava Stresa all’omonima montagna sulla sponda piemontese del lago di Como. Era il 23 maggio 2021 quando la fune traente dell’impianto si ruppe, facendo precipitare la cabina numero tre. Le vittime furono 13: l’unico sopravvissuto fu Eitan, 3 anni. Ma si trattò di un incidente diverso da quello del Monte Faito, come ha ricordato a La Presse Matteo Gasparini, uno dei primi soccorritori del Soccorso alpino intervenuti. Secondo le perizie, infatti, la fune che si spezzò sul Mottarone sarebbe già stata danneggiata al 68%, ma se il freno d’emergenza avesse funzionato, la cabina non sarebbe caduta. A causare la tragedia sarebbe stato l’inserimento dei “forchettoni”, un sistema per eludere il sistema frenante d’emergenza, inserito dal personale in servizio della funivia. Per la tragedia del Mottarone ci sono cinque indagati, a vario titolo, per disastro colposo, omicidio plurimo colposo, attentato alla sicurezza dei trasporti e attentato alla sicurezza dei trasporti con disastro sono soltanto alcune delle accuse nei loro confronti. A marzo, la Procura di Verbania ha chiuso per la seconda volta le indagini chiedendo per loro il rinvio a giudizio, dopo un braccio di ferro con il giudice dell’udienza preliminare (gup) sui capi d'imputazione.