Titus sull'ottavo tiro di Un mondo a parte, roccia friabile © M. Dejori, T. Prinoth, A. WalpothDel "terzetto" dei gardenesi, Titus Prinoth è il più giovane: rispetto ad Alex Walpoth e Martin Dejori ha 4 anni di meno, ma ha già un curriculum di tutto rispetto. A fine 2015, a soli 16 anni di età, ha firmato proprio con Martin la prima ripetizione e la prima ascensione invernale - dopo 25 anni dall'apertura- della via La storia infinita sulla parete nord-est dell'Agner. Due anni dopo, con Janluca Kostner, ha scalato la nord dell'Eiger e ci sarebbero parecchie altre salite notevoli da raccontare, anche se le realizzazioni più interessanti sono probabilmente le aperture sulle Dolomiti con gli amici di sempre.
Hai iniziato molto presto a scalare?
Avevo quattro-cinque anni, mi portava mio padre. Lui non è guida alpina ma fa parte del soccorso alpino, siamo sempre andati in montagna. Poi ho iniziato ad allenarmi con il team di arrampicata della Val Gardena e successivamente a fare qualche via più dura con Alex e Martin. Nella prima via tutti insieme avevo 14 anni. Poco dopo i 17 anni ho smesso con le gare perché c'era troppo da allenarsi e non rimaneva tempo per andare in montagna, cosa che preferisco. Con i miei soci ho iniziato subito a scalare in alternato, mi hanno sempre trattato alla pari. D'altronde si può imparare solo così.
Dicono che spesso sei tu ad andare avanti sui tiri duri.
Ma no dai, un po' tutti. Questa volta [Nell'apertura di Un mondo a parte] Alex è diventato papà da poco e magari qualche tiro duro l'ho fatto io perché non si sentiva di spingere come altre volte e ci sta, assolutamente. Dal bivacco in poi era tutto abbastanza duro, a parte forse il primo. Io ho fatto un tiro che partiva su un piccolo tetto friabile, bisognava stare attenti alle protezioni e a non finire sulla cengia, mi sono appeso un paio di volte, anche su un friend. Più in alto ho trovato un tiro duro, poi una bella placca un po' strapiombante. Sono riuscito a scalare come volevo, come mi piace. Un po' in libera e dove non riuscivo in artificiale.
Non sembrate una cordata che ha la "fissa" della libera.
Hai assolutamente ragione. Partendo su una parete del genere, andare solo in libera è difficile, ma con i chiodi ci sono pezzi dove usi l'artificiale magari solo per un metro. Noi comunque, di base, normalmente, facciamo un artificiale poco pesante, non abbiamo staffe, skyhook o altro, solo chiodi, magari con zeppe.
I tre gardenesi in vetta alla Seconda Pala di San Lucano © M. Dejori, T. Prinoth, A. WalpothSiete riusciti comunque a tenere una bella linea.
Una parete del genere è larghissima, pur salendo dritto puoi girare a destra e sinistra, seguendo la logica della roccia. Non ti senti costretto a salire un tetto duro perché altrimenti finisci su un'altra linea. Vai un po' a destra e a sinistra, è il bello di una parete del genere. Siamo rimasti molto contenti della linea. E poi ci vuole anche fortuna e l'abbiamo avuta.
Su Oltre il diau le difficoltà erano maggiori?
Sì, è stata una delle vie più belle e una cosa un po' diversa perché è stata la mia prima via aperta su calcare e lì cambia un po' la storia. Sulla dolomia qualche fessurina la trovi sempre e lì invece a volte è liscio...ce n'erano tanti di tiri lisci, non si riuscivano a mettere chiodi in certi punti. Ero "stra" al limite. Un'altra cosa che succede in quei casi è che ti trovi più in difficoltà anche con le soste, mi ricordo che su un tiro sono salito per 40 metri e poi sono dovuto ridiscendere, perché ero arrivato a una cengia, ma non c'era niente per fare una sosta e mi sono dovuto calare come potevo. Se avessi avuto degli spit con me, in quel momento li avrei usati sicuramente. In via ho fatto anche qualche volo. Ma il bello di questo stile è nell'incognita, non sai se riuscirai a passare o meno.
Dove ti piacerebbe aprire una nuova via?
In dolomiti ho fatto un bel po' di vie, ma mi piacerebbe aprire una via fuori, in Patagonia per esempio, dove siamo andati quest'anno. Siamo stati lì due settimane, io ho scalato un po' con la mia ragazza e un po' con Martin e Gianjuca. Vie abbastanza corte ma belle, tipo Chiaro di luna all'Aguja Saint Exupery [comunque 750 metri, 6b+].
Vie che ti sono piaciute tanto in Dolomiti?
Una via che è poco conosciuta e che mi è piaciuta molto si trova sul Naso del Sassolungo, dove sale la picchi sulla nord-est. È una via di Karl Vinatzer e Franz Comploj degli anni '90 [sale la parete più repulsiva e strapiombante, difficoltà IX, in passato VII A3], molto futuristica, di cui abbiamo fatto con Alex la prima libera.
Alpinisti di cui hai una particolare considerazione?
Tra gli alpinisti locali Adam Holzknecht, ha aperto vie belle in Val Gardena. Tra quelli di un tempo Georges Livanos, anche per la mentalità, molto futuristico. Diceva: meglio un chiodo in più che un alpinista in meno. Al tempo voleva dire essere avanti, oggi forse se ne usano un po' troppi?
Sei anche tu dell'idea che la vera sicurezza dell'alpinista è nel dominio del grado?
Assolutamente. Meglio fare più metri senza chiodi sul facile, arrampicare in condizioni che ti permettono di gestire la situazione, ma oggi tutti vogliono la sicurezza garantita, un concetto un po' difficile da realizzare. Credo che la migliore sicurezza dell'alpinista sia nella capacità, anche di rinunciare eventualmente.