Ti spingo o ti abbraccio?

Gli alberi non hanno un cervello come i cosiddetti “animali superiori”, ossia quelli che hanno un sistema nervoso elaborato e una sorta di centralina, appunto il cervello nei casi più evoluti, che coordina tutte le azioni vitali e i comportamenti.

Non hanno un cervello ma non sono di certo stupidi, anzi sembrano pensare proprio bene, sembrano avere un’intelligenza davvero sopraffina che li aiuta nelle scelte più consone alla loro vita. Sembrano addirittura possedere un proprio carattere, delle simpatie, delle antipatie, dei legami e delle manie.

Prendiamo ad esempio l’abete rosso, una delle piante più comuni nell’arco alpino. Il suo regno è costituito dal piano montano, ossia quella fascia di quota che nelle Alpi orientali si assesta fra i 900 e i 1600 m, mentre nelle Alpi occidentali si sposta più in alto. In questa striscia ideale l’abete rosso trova il suo comfort, con le temperature giuste e l’illuminazione adeguata per poter prosperare e crescere in tutta serenità. Questo può essere per lui un problema però, tutti gli esemplari della sua stessa specie reclamano spazio e luce, ecco quindi che un po’ si spingono dentro a quelle foreste che, anche viste da fuori, sembrano piuttosto fitte. Solo gli esemplari più forti riusciranno a portare la chioma in alto, andandosi a prendere la luce del sole diretta, risorsa vitale per i vegetali.

Un folto bosco misto di abeti rossi e larici ai piedi delle Dolomiti Friulane @Denis Perilli

Ma in montagna non c’è una riga, non esiste uno stop ideale. Gli i semi degli abeti rossi possono anche cadere e germogliare oltre la linea dei 1600 m, in quello che viene definito come piano subalpino, regno del larice e del pino cimbro. Ecco che l’abete rosso cambia strategia perchè qui l’ambiente si presenta più severo per le sue caratteristiche. A queste quote non conviene “spingere” per primeggiare in solitaria, ma far squadra: ecco quindi che si possono osservare dei piccoli raggruppamenti di alberi che sembrano volersi abbracciare. E in effetti lo fanno, almeno a livello delle radici, che unite riescono a captare e assorbire in modo più efficacie i nutrienti. Le parti alte invece, stando vicine, sono più riparate dai venti e in qualche modo si riscaldano di più. Questi alberi, cresciuti al di fuori del proprio habitat ideale presentano una crescita più lenta, anche questa una strategia vincente (e intelligente!) per poter crescere nel modo più corretto possibile.

Piccoli raggruppamenti di abeti rossi e larici sul Lagorai @Denis Perilli

Le stranezze degli alberi non si fermano certo qua, alcuni ad esempio sembrano essere timidi a tal punto da non volersi toccare. Lo si vede dalle chiome, che seppur folte non vanno mai a toccare quelle degli esemplari vicini, avvicinandosi ma evitando il contatto.

Chiome di faggio che non si toccano @Denis Perilli

Cosa ci insegna questo? Ci dimostra, ancora una volta, come il concetto di forme di vita semplici ed evolute sia una sorta di suddivisione che esiste solo nelle nostre teste. Ogni essere ha il proprio spazio nel grande carosello dei viventi, e il fatto che sia riuscito a superare tutte le prove a cui i milioni di anni di evoluzione lo hanno sottoposto lo dimostra.

Viva la vita.