20.08.2023 - - - cultura storia alpinismo arrampicata
La Punta Emma è un massiccio torrione, che sorge di fronte al Rifugio Vajolet, nel gruppo del Catinaccio in Dolomiti. La prima salita fu compiuta nel 1899 da Tita Piaz e da Emma Della Giacoma, alla quale il grande scalatore dedicò la salita battezzando questo torrione con il nome di quella che nei suoi scritti definisce la “lavapiatti del rifugio”. L’anno successivo però il "Diavolo delle Dolomiti" aprì in solitaria un nuovo itinerario sulla parete Nord-Est, salendo una caratteristica spaccatura. Nel suo libro A tu per tu con le Alpi scrisse:
“La parete Nord-Est della Punta Emma, alla quale nessuno osava pensare, mi avrebbe consacrato all’immortalità.”
In quei giorni all’Hotel Carezza era alloggiato un gruppo di alpinisti, che Piaz definisce da “Saloon”, guidati dal Dottor Cristomannos, un noto alpinista dell’epoca a cui si deve l’aumento dei “forestieri” nel Sudtirol. Il giorno in cui il gruppo si trova in gita al Rifugio Vajolet, Piaz con un poco di calcolo, parte per affrontare in solitaria la parete.
"Non giunsi che circa a metà della parete, ove la fessura, chiudendosi quasi perfettamente in una specie di strapiombo, forma appunto la chiave della scalata. Mi produssi in vari tentativi al cospetto di quel pubblico di ingenui, che mi stavano a guardare a bocca aperta, e con grande terrore della direttrice del rifugio, che mi voleva bene; unica persona al mondo che mi comprendesse e avesse pietà delle mie miserie.
Quando fui convinto che di lì, senza un grave pericolo, non si passava, e che per affrontare un tale rischio bisognava avere almeno delle scarpette che meritassero questo nome e non fossero invece una parodia (da lungo tempo un paio di scarpe da gatto, come si chiamavano allora, erano il mio gran sogno), quando credetti di aver fatto abbastanza per dimostrare a tutti che non ero un vile, discesi."
Punta Emma - Fessura Piaz - Secondo tiro © Luca Galbiati - Archivio SassbalossQuando Piaz rientrò al rifugio venne accolto da applausi. Il Dottor Cristomannos gli diede 17 fiorini dicendo: “Caro Piaz, si compri un paio di buone scarpette da roccia e ci riuscirà”. E fu così che il Diavolo delle Dolomiti comprò delle scarpette nuove e ritentò, riuscendo, la salita. Per superare l’ostico passaggio fu costretto ad adottare una tecnica di opposizione, mai sperimentata fino a quel momento in alpinismo. Nacque così quella che oltre confine è nota come tecnica Piaz; in Italia, ancora oggi, siamo soliti chiamare erroneamente questa tecnica con il nome di Dulfer.
In merito a quel tratto Piaz scrisse:
"Dei dettagli della scalata non ricordo più niente, ricordo solo la grande quantità di gente che vi assisteva dal piazzare del rifugio; e quando giunsi al gran punto di domanda, il celebre strapiombo, dopo averlo studiato bene, ebbi una crisi di coscienza. Compresi che la bilancia non stava in mio favore; la spaccatura, nella quale non potevo introdurre che la mano sinistra, era lunga parecchi metri e sembrava strapiombante…
In quell’istante, per quanto ricordo l’unica volta nella mia vita alpina, giocai il “va banque” con la vita. Non avevo studiato, né le minuscole sporgente, né altre possibilità. Non conoscevo ancora il vangelo più tardi da me proclamato che bisogna arrampicare soprattutto con gli occhi e col cervello, né Preuss aveva tuonato dal suo fulgente pulpito la cavalleresca e seducente teoria che diceva: “non si è in diritto di salire dove non ci si sente capaci di scendere senza mezzi artificiali”. La riuscita o la morte! Questo era il problema, e partii con l’unico aiuto della mano sinistra…
Certo che in quei tempi la vita per me non aveva tutte le attrattive; talvolta il coperchio della bara può rappresentare una soluzione non assolutamente terrificante.
Non so come feci, ma ci riuscii. Vi riuscii perché mobilitai tutti i valori umani dell’arrampicatore: la forza, l’elasticità, la giovinezza, l’amor proprio, l’ambizione ed avevamo impegnato la lotta in difesa del proprio io, risvegliato da un disperato elementare istinto di conservazione…"
In vetta alla Punta Emma dopo la salita della Fessura Piaz © Luca Galbiati - Archivio Sassbaloss
Punta Emma con la Fessura Piaz © Luca Galbiati - Archivio Sassbaloss