04.07.2024 - - - alpinismo arrampicata cultura storia
La prima salita alla vetta del Sassolungo venne compiuta dal pioniere Paul Grohmann con le guide Franz Innerkofler e Peter Salcher il 13 agosto del 1869 lungo un tortuoso percorso, che sale lungo il versante sud-ovest e che oggi è stato praticamente abbandonato a favore della più veloce "Cengia dei Fassani". La prima salita venne preceduta da numerosi tentativi.
A titolo di curiosità, la guida Sassolungo Catinaccio Latemar di Arturo Tanesini (CAI-TCI 1942) riporta che:
secondo alcune vecchie guide valligiane, la prima ascensione assoluta sarebbe stata effettuata da un montanaro di Selva, che in tentativi graduali e successivi, impiegò nell'impresa diversi giorni. Egli avrebbe poi acceso un fuoco sulla 'Cima di Ortisei' (Anticima Nord) per dare l'annuncio alla valle (1850?).
Punta Grohmann, Cinque Dita e Sassolungo © Luca Galbiati (Archivio Sassbaloss)Eduard Pichl e Rolf Waizer il 21 agosto 1918 aprirono un'impressionante via, che si snoda lungo il versante nord del Sassolungo.
Una perfetta ricostruzione della prima salita venne fatta da Ivo Rabanser che la pubblicò nel suo libro Le dolomiti di Reinhold Messner (Athesia, 2013) e la integrò sul suo profilo Facebook il 25 agosto 2020:
Regensburgerhütte, 7 agosto 1918. Angelo Dibona sta osservando attentamente con il binocolo il versante Nord del Sassolungo. Rivolgendosi a Luis Trenker gli confida: "Sarebbe una via ideale, lungo quel poderoso spigolone. Vogliamo tentarla insieme?" Trenker, giovane guida, accetta con grande entusiasmo, ma i due non riusciranno a realizzare l’ambizioso progetto non potendo assentarsi dai loro impegni di istruttori d’arrampicata.
A Santa Cristina è di stanza un distaccamento dei Kaiserjäger, dove ininterrottamente si tengono corsi di preparazione alpinistica e sciistica. Fra gli ufficiali istruttori figurano alcuni dei migliori alpinisti dell’epoca. Anche Eduard Pichl, ingegnere di Vienna ne fa parte. Gravemente ferito alla mano destra già nel primo anno di guerra, fu dimesso come invalido dopo aver passato ben 33 mesi di prigionia sul confine cinese. Con i suoi 46 anni e la mano ferita non è più impiegato sul fronte, così arriva in Val Gardena nella primavera del 1918.
Quale gioia ritornare ai monti senza carabine e senza paura del nemico. Dopo alcune arrampicate in zona, anche Pichl si interessa allo spigolo Nord del Sassolungo. La possibilità di tracciarvi una via nuova gli sembra proprio allettante. Un giorno chiede ai suoi allievi se qualcuno ha voglia di accompagnarlo in una esercitazione fuori programma. Si fa avanti Rolf Waizer, un tedesco ventenne, appena arrivato. L’esercitazione consiste nell’esplorazione dell’itinerario progettato ed il conseguente superamento senza problemi della grande placconata iniziale.
Il 21 agosto 1918, Eduard Pichl e Rolf Waizer partono da Santa Cristina quando è ancora notte fonda. Dopo due ore di cammino giungono ai piedi del Sassolungo. Forti della precedente ricognizione salgono insieme senza legarsi in cordata. Avanzano svelti sulle rocce piacevolmente riscaldate dal sole mattutino. Per una gola incassata si alzano fino ad una forcella poco profonda, che i secondi salitori intitoleranno Vedetta Pichl. Da qui lo spigolo si innalza verticale.
Sassolungo - Via Pichl - Matteo Bertolotti sul tiro chiave © Matthias StefaniPichl scrive: "Piccoli appigli ed appoggi permettono di superare i primi 25 metri dello spigolo. Per una placca delicata ed oltremodo esposta mi riesce ad alzarmi ad una nicchia e poi piegare verso sinistra ad un camino nascosto. Ottimi appigli su ambo i lati consentono una divertente ascesa. Sopra di noi si alza una serie di repulsivi camini che costituiscono la chiave della salita". Giunti sulla cima del Sassolungo Eduard Pichl si sente ringiovanito di venti anni. La scalata si è svolta senza intoppi e la bellezza della via è stata all’altezza delle aspettative. Dopo una breve pausa i due compagni occasionali iniziano la lunga discesa e fanno ritorno al loro distaccamento soltanto di notte, camminando al chiaro di luna. Il giorno seguente – senza essere a conoscenza del successo di Pichl e Waizer – un'altra cordata parte di buonora volendosi aggiudicare l’ambita via nuova sul Sassolungo. Sono i due pittori viennesi Gustav Jahn e Erwin Merlet con Karl Huter. I tre alpinisti formano una collaudata cordata e salgono slegati la placconata iniziale, decisamente più facile di quanto si potrebbe pensare guardandola dal basso. Lungo il percorso alcuni ometti di sassi fanno sorgere i primi dubbi. Dopo appena quattro ore di arrampicata raggiungono la vetta, un po’ delusi per la sfuggita prima ascensione ma comunque soddisfatti della splendida scalata.
Neanche i futuri salitori si faranno attendere a lungo. Incuriositi dall’entusiastico racconto di Pichl, Günter Oskar Dyhrenfurth, Toni Sauseng, Eduard Berger ed il medico Hans Lorenz compiranno quattro giorni dopo la terza ascensione.
Eduard Pichl nasce a Liesing in Austria il 15 settembre 1872. Nel periodo che precede il primo conflitto bellico era considerato uno degli alpinisti più attivi della cosiddetta Scuola di Vienna. Fra le sue prime ascensioni più significative spiccano la parete Sud del Dachstein, la parete Nord del Ödstein ed altre ancora soprattutto nel Gesäuse. Muore a Vienna il 15 marzo 1955.
Nel corso degli anni la via Pichl si profila sempre più come la grande classica sul Sassolungo. E in effetti, l’atmosfera che accompagna l’ascesa di questo itinerario, che con percorso ideale supera una delle più alte e grandiose muraglie dolomitiche è del tutto particolare. Usualmente si parte dal Passo Sella ancora di notte in modo da giungere sotto la parete quando i primi raggi del sole accarezzano la cima del Sassolungo. La Val Gardena ai piedi è ancora immersa nelle tenebre. Overtüre è la placconata iniziale. Le mani stanno bene sulla roccia riscaldata dal primo sole. Si attraversa una cascata d’acqua che scende per la parete. E poi la Vedetta Pichl, dove conviene fermarsi per una breve pausa e per godere dell’orrida visione sull’ombrosa parete che sprofonda come un baratro al di là della stretta breccia. Qui inizia la parte più impegnativa dell’ascensione. Dopo un breve tratto sullo spigolo, si piega verso sinistra raggiungendo inaspettatamente il cosiddetto camino nascosto. È il primo di una serie di camini che permettono di superare la ripida parete del Campanile Nord. Per facili rocce si giunge infine sulla cima del Sassolungo, da dove l’occhio può spaziare sulle circostanti cime dolomitiche. Non aveva torto Gunther Langes quando nel 1959 nel suo Dolomiten Kletterführer scrisse fra l’altro: "Si tratta della più bella arrampicata sul Sassolungo ed offre una delle traversate tra le più spettacolari nelle Dolomiti, che ogni scalatore dovrebbe conoscere".
La prima salita invernale è di Renzo Bernardi e Ludwig Moroder (28 e 29 gennaio 1962).
Le difficoltà dell'itinerario sono piuttosto contenute ma il lungo sviluppo, la mancanza di soste attrezzate per un rientro in calata in corda doppia e le nebbie che sovente avvolgono il Sassolungo nel pomeriggio, impongono di non prendere sottogamba la salita.
Sassolungo - Via Pichl - Matteo Bertolotti sul terzultimo tiro © Matthias Stefani