30.05.2024 - - - alpinismo arrampicata cultura storia
Il Lagazuoi Nord, alto 2804 m, è una struttura dolomitica che sorge nel gruppo di Fanis, alle spalle del ben noto Passo Falzarego. Insieme al Lagazuoi di Mezzo e al Lagazuoi Sud formano il Grande Lagazuoi.
Venne salito per la prima volta l’11 agosto 1898 da Viktor Wolf von Glanvell e Günther Von Saar che lo affrontarono da sud.
Lagazuoi Nord - Parete ovest © Luca Galbiati (Archivio Sassbaloss)Sulla sua parete ovest il 26 settembre 1969 venne invece tracciata da Claudio Barbier, Almo Giambisi e Carlo Platter la Via del Drago, un itinerario di grande valenza storica. L'intento degli apritori era quello di spingere al massimo l’arrampicata libera, in qualche modo ispirandosi anche alle affermazioni di Reinhold Messner contro l'arrampicata artificiale, pubblicate prima sulla rivista Alpinismus e poi sulla Rivista Mensile del CAI nel 1968 in uno scritto che passò alla storia: “L’assassinio dell’impossibile”.
La via si snoda lungo un percorso logico, esposto e sostenuto e l'arrampicata è in ogni lunghezza di soddisfazione.
Lagazuoi Nord - Via del Drago - Luca Galbiati su L5 © Matteo Bertolotti (Archivio Sassbaloss)Interessante è il racconto di Anna Lauwaert contenuto nel libro La via del Drago (Centro Documentazione Alpina, 1995) nel quale racconta la genesi della via.
Nel 1966 Claudio era in giro da solo, demoralizzato, in crisi esistenziale, quando incontrò Heinz Steinkötter che stava partendo per la Cima d’Ambiez, nel Brenta, dove con Dietrich Hasse si era prefisso di aprire una via completamente in artificiale, scelta di proposito per la sua configurazione e per il percorso da farsi appunto in artificiale, benché la parte bassa della parete, cioè i primi cinque tiri, fossero quasi tutti in libera, di difficoltà tra il quarto e il sesto… una via molto logica, un itinerario sui generis… Claudio non aveva niente da fare, Heinz e Dietrich erano contenti di aver trovato un terzo che avrebbe schiodato così, tra il 21 e il 31 luglio, andarono ad aprire la via degli Strapiombi.
Nel 1967 Messner scrisse su “Bergsteiger” un articolo che diventò celebre con il titolo Entwertung der VI Grad (La svalutazione del sesto grado), nel quale si scagliò violentemente contro il disprezzo della montagna causato dal grande abuso di mezzi artificiali, e citò appunto come esempio negativo più emblematico la via Hasse-Steinkötter-Barbier alla Cima d’Ambiez.
Lagazuoi Nord - Via del Drago - Matteo Bertolotti a pochi metri dalla S5 © Luca Galbiati (Archivio Sassbaloss)Il bello è che Messner esprimeva esattamente le idee che Claudio difendeva da anni, le stesse per cui voleva pitturare i chiodi in giallo (Barbier dipinse di giallo i chiodi della falesia di Freyr che dovevano essere utilizzati solo per proteggersi e non per azzerare n.d.r.), e che furono la causa della guerre des pitons. Claudio apprezzò molto quell’articolo e chiese il permesso di farne la traduzione in francese per pubblicarlo sulla rivista francese “La Montagne”, sostenendo di essere d’accordo con la maggior parte delle opinioni espresse da Messner.
Nel 1968 Messner scrisse un altro articolo per “Alpinismus” nel quale lanciava un grido d’allarme in favore del rispetto dell’etica in montagna, del rispetto per il “Drago mitico”: “Der Drache ist vergiftet, Siegfried ist arbeitlos geworden… meine Sorge ist der tote Drache… Es muss etwas geschehen ehe das Unmögliche begraben ist… Darum rettet den Drachen!” (Il Drago è stato avvelenato, Sigfrido è disoccupato… la mia preoccupazione è per il Drago morto… Deve succedere qualche cosa prima che l’Impossibile sia sepolto… perciò salvate il Drago”).
Queste frasi sembravano scritte per Claudio, chi più di lui poteva apprezzarne il significato profondo, simbolico, mitico? Prima di tutto si doveva essere lettori assidui di tutte le riviste alpine, poi si doveva capire il tedesco e infine si doveva conoscere il linguaggio e il significato della mitologia dei Nibelunghi. Nel mondo alpinistico pochi, oltre a Claudio, disponeva di una tale cultura. Lui si entusiasmò al punto di appassionarsi per tutti i draghi che incontrava, nei fumetti di Tintin, nei ristoranti cinesi, nelle cattedrali romaniche e in montagna.
Lagazuoi Nord - Via del Drago - Luca Galbiati sulla difficile placca di L9 © Matteo Bertolotti (Archivio Sassbaloss)Il 26 settembre 1969, in risposta agli articoli di Messner, Claudio con i suoi amici Almo Giambisi e Carlo Platter aprì la via del Drago sul Lagazuoi Nord: trecento metri di IV e V, cioè TD, interamente in libera su una parete verticale e bellissima.
Gino Buscaini la citò nel suo libro “Le cento più belle vie delle Dolomiti” e così diventò una bella classica. Ora, che l’uomo che aveva gridato “Salvate il Drago!” si fosse abbassato a scrivere libri sulle vie ferrate, fu per Claudio una vera sofferenza".
Ora, a molti anni di distanza, la via è decisamente meno ripetuta e i (pochi) giovani alpinisti che la affrontano, quasi sempre, ignorano la sua genesi. La figura di Claudio Barbier merita di essere approfondita e, da qualche mese, oltre al già citato libro di Anne Lauwaert, è possibile leggere Dimmi che mi ami – Le Dolomiti di Claudio Barbier di Monica Malfatti (Versante Sud 2024).