Storie di vie. La Pietra di Bismantova

La Pietra di Bismantova © Matteo Bertolotti (Archivio Sassbaloss)

La Pietra di Bismantova è sicuramente la struttura rocciosa più importante di tutta l'Emilia Romagna ed è frequentata, durante tutto l'anno, da numerosi alpinisti e arrampicatori sportivi. 
La prima via venne tracciata da Carlo Voltolini che, nel 1922, salì in solitaria la via degli Svizzeri (o più correttamente la via dello Svizzero, come riportato sulla stampa sociale al tempo). Il nome lo si deve probabilmente al fatto che, normalmente, Voltolini arrampicava con un compagno di origini svizzere. Oggi si sono aperte diverse ipotesi sul corretto tracciato di questa via, incrociando pezzi di giornale, vecchie fotografie e cartoline d’epoca. 
A far scalpore e dare visibilità alla Pietra nell’ambiente alpinistico fu la via che Nino Oppio aprì con Leopoldo Guidi e Alfo Farioli il 7 aprile 1940, i quali, per superare il liscio camino strapiombante della seconda lunghezza, ricorsero al lancio della corda attorno all'albero (una tecnica più che accettabile vista la scarsa qualità della roccia arenaria durante la prima salita). La prima ripetizione venne compiuta da due alpinisti reggiani: Armando Corradini e Olinto "Nino" Pincelli, che salirono completamente in libera ma, per dimostrare la veridicità dell'impresa, dovettero mostrare alcuni chiodi di Oppio recuperati durante la salita. Pochi giorni dopo questi due forti alpinisti torneranno su queste pareti per firmare una loro "prima" salendo il lineare diedro sopra il piazzale dell'Eremo. La Pincelli/Corradini è dunque la terza via della Pietra.

Pietra di Bismantova - Via Oppio - Diego Filippi e Matteo Bertolotti sulla via Oppio © Paolo Grisa


Oggi questi itinerari sono percorribili e la loro riattrezzatura, a volte a fix, a volte a resinati, ne ha fatto aumentare le ripetizioni, al punto che in alcuni passaggi la roccia è unta. 
Ad aumentare notevolmente la frequentazione di questo lungo, che lascia a bocca aperta chiunque sale in auto da Castelnovo ne’ Monti (in prossimità dell’ultimo tornante), furono le prime guide alpinistiche. Nel 1967 i parmensi Bernard e Menozzi pubblicarono sul Bollettino del CAI un primo lavoro che l’anno successivo sarà trasformato in un piccolo volume a distribuzione locale. La maggiore popolarità avvenne quando Gino Montipò, per conto dell’editore Tamari, scrisse quella che per tutti gli effetti può essere considerata all’epoca una guida rivoluzionaria: alle descrizioni dei tiri venivano affiancati degli schizzi. La presentazione che Montipò scrisse scatenò un temporale, ruppe delle idee e avviò una rivoluzione. 

Lo sforzo di una ricerca per una generale reimpostazione della problematica alpinistica con particolare riferimento alla fenomenologia delle palestre di roccia ci ha indotto, unitamente a tutta una serie di situazioni contingenti (le vie di arrampicata quasi triplicate, l'esaurimento delle due edizioni precedenti, l'inserimento nella collana "Itinerari Alpini" dell'Editore Tamari, ecc.) a riproporre, in veste completamente rinnovata, questa guida alpinistica della Pietra di Bismantova.  
La presente opera, cercando di inserirsi nella più generale tematica dell'uso del tempo libero come diritto e servizio sociale, vuole contribuire alla crescita di una coscienza alpinistica tendente, attraverso la demistificazione di superati schemi, alla riqualificazione delle palestre di roccia non solo come luogo di preparazione fisica, ma soprattutto come luogo di interscambiabilità di esperienze, di circolazione di idee. 
È infatti fuori di dubbio il contributo offerto dalle palestre di roccia, intese come complessità alpinistica (roccia-uomo-tecnica), all'evoluzione, in positivo, del rapporto si tecnico, ma soprattutto culturale uomo-montagna. 
Del resto anche la pratica alpinistica si compendia nel più generale discorso di qualificazione del tempo libero ed è parte integrante di quel grande passo qualitativo che nella nostra civiltà si sta compiendo: l'uso del tempo libero non più e non solo finalizzato ad una cosiddetta "ricarica psicofisica" dell'individuo, ma inteso come fondamentale momento di accrescimento culturale capace di far crescere una vasta coscienza popolare in grado di costruirsi un avvenire migliore sia nelle forme che nei contenuti. 
Non è più tempo, quindi, di alpinismo con i paraocchi o di semidei della roccia, ma di una seria pratica sportiva alla pari delle altre, ed assieme alle altre da far uscire dagli schemi del campionismo affinché diventi diritto e servizio sociale e nella quale ognuno diventi potenzialmente arbitro e giocatore, tanto più imparziale con se stesso quanto più sarà ridimensionato il concetto di competizione, di meta, di fine. 
La palestra di roccia diventa così il primo gradino per passare da un alpinismo cosiddetto di massa, ad una fruizione socialmente generalizzata della pratica della montagna.

Le vie si sono, nel corso del tempo, moltiplicate a macchia d’olio, ma nonostante oggi la frequentazione della Pietra sia molto vicino al carico di rottura di un moschettone, esistono momenti e luoghi dove si può arrampicare in tranquillità e godere di un panorama che profuma d’infinito.

Pietra di Bismantova - Via Pincelli/Corradini - Matteo Bertolotti in arrampicata © Diego Filippi