Adesso che Ottavia ha intrapreso il lungo percorso di recupero dall’incidente che l’ha vista coinvolta nei giorni scorsi, ritengo sia opportuno esporre una serie di considerazioni da “addetto ai lavori”. Sicuramente il silenzio durante la vicenda che ha visto coinvolti i nostri ragazzi all’interno di Bueno Fonteno è sembrato un approccio distaccato, quasi di chi si sente sopra le parti, vi posso garantire che non è stato questo: abbiamo scelto di restare in silenzio perché sarebbe stato facile fare dichiarazioni, esprimere vicinanza e altre belle esternazioni, questo non avrebbe minimamente giovato alla risoluzione dell’incidente, considerando inoltre che parecchi di noi erano impegnati proprio nelle operazioni di soccorso. Consentitemi adesso alcuni commenti e precisazioni, anche alla luce di quanto da più parti propinato tramite la stragrande maggioranza dei media, in particolare sui social, dove troppo spesso tutti si sentono autorizzati a commentare e sentenziare.
Ottavia
Partiamo spendendo due parole su Ottavia, valentissima istruttrice, eccellente speleologa, che nella sua “carriera” ha sempre fatto da traino ai numerosi giovani che si affacciano al mondo della speleologia. Grazie Ottavia, grazie per il tuo coraggio e per la tua enorme passione, grazie per quanto fai per la Speleologia e per come, con discrezione, hai sempre assolto ai tuoi incarichi. Sei un esempio per molti di noi, anche ben più avanti negli anni come il sottoscritto.
Chi sono gli speleologi?
Mi scuso in anticipo con chi conosce la Speleologia e chi la pratica, credo sia il caso di chiarire a coloro che non hanno idea di cosa stiamo parlando, cosa facciamo noi speleologi e come sono gestite l’ordinaria e la straordinaria attività in grotta. La domanda più ricorrente che viene fatta a uno speleologo è: per quale motivo vai in grotta? ma è un lavoro? Nei giorni della permanenza forzata di Ottavia in grotta, i media, spesso caratterizzati da un caotico sciorinare di notizie, si chiedevano: ma per chi stava lavorando? perché era a fare quelle ricerche in grotta? chi le paga? Che interessi economici ci sono?
L'esplorazione, linfa vitale
Ogni speleologo, esperto o neofita, sa benissimo cosa lo spinge ad andare in grotta, sa bene che l’esplorazione di nuove grotte o la scoperta di nuove parti di grotte note, sono la linfa che alimenta la Speleologia. Nessuno sborsa un centesimo per finanziare queste attività, sono gli speleologi che si autofinanziano e che alimentano la loro passione per l’esplorazione e la ricerca, spesso di alto valore scientifico e di supporto a quelle sviluppate negli ambiti universitari. Lo speleologo sa altrettanto bene che per quanto si possa porre massima attenzione e prudenza, l’incidente è dietro l’angolo. Noi lo sappiamo e per questo non siamo degli sprovveduti. Ci siamo organizzati in Gruppi, dove si fondono l’esperienza degli anziani alla vivace curiosità dei giovani, dove è continuo il trasferimento di esperienze e di conoscenza. Abbiamo organizzato delle scuole per formare nuovi speleologi, quella del Club Alpino Italiano ha quasi settanta anni di esperienza (nasce a Trieste nel 1958) e con la sua presenza sul territorio, ogni anno realizza oltre un centinaio di corsi di vario livello che coinvolgono i suoi istruttori (circa 700 su tre livelli di esperienza e competenza) e diverse centinaia di allievi. A un certo punto della storia, era il 1968, si capì che doveva essere approntata e specializzata una componente del Soccorso Alpino del Club Alpino Italiano che si occupasse del soccorso in grotta. Sono gli stessi speleologi che comprendo di dover strutturare unità di soccorso che agissero all’interno delle grotte. Oggi le stazioni del CNSAS (Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico, una Sezione Nazionale del CAI), sono in grado di operare in autonomia o in collaborazione tra loro o con altri Enti, per dar vita a interventi come quello che ha aiutato Ottavia a uscire dall’abisso Bueno Fonteno. Quindi sono gli stessi speleologi che si soccorrono in caso di incidente.
Una precisazione sui soccorsi
Sui media un altro argomento di dibattito sono stati i costi di un così corposo impiego di uomini e mezzi. Come evidenziato in alcune dichiarazioni rilasciate dai soccorritori, tutti volontari con altissima professionalità ma non professionisti, il costo è coperto dalle specifiche polizze assicurative che tutti i soci del Club Alpino Italiano, molti speleologi lo sono (nda: Ottavia è uno di questi) hanno sottoscritto con la quota associativa annuale corrisposta al Sodalizio. Una polizza che li tutela da quando escono da casa per andare in grotta a quando ci ritornano. Questa polizza non è solo una polizza infortuni ma copre anche le spese di soccorso; quindi, nessun costo è andato a ricadere sul contribuente. Sempre sulla questione incidenti è stato impropriamente detto da un ospite in televisione che l’attività speleologica determina ben 12000 incidenti l’anno, dato smentito dal volontario del CNSAS che partecipava alla trasmissione. Se con una stima ottimistica consideriamo che in Italia praticano la Speleologia circa 5000 persone, questo significherebbe che ognuno di noi ha avuto almeno un paio di incidenti l’anno!
In effetti il CNSAS ha effettuato complessivamente oltre 12000 interventi nel 2023, riguardanti però diverse tipologie di attività e solo lo 0,15% riguardano la speleologia. Di questi incidenti solo il 10% ha visto coinvolti soci del CAI, ovvero interventi coperti integralmente da assicurazione, così come quello che ha visto coinvolta la nostra Ottavia.
Ad maiora semper.
Giuseppe Priolo, Presidente della Commissione Centrale Speleologia e Torrentismo del Club Alpino Italiano