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A cura di Camilla Tossi, Ambra Mainardi, Francesco Ornaghi, Timoteo Colnaghi
Uno dei momenti che fa sentire a uno speleologo la propria presenza in grotta è il cambio nell’odore dell’aria.All’ingresso, la necessaria concentrazione fa dimenticare ogni altra cosa, ma l’uscita dalla grotta, quando la mente si distende, l’improvviso odore degli alberi e dell’aria montana ti ricorda dove sei appena stato, la meraviglia del sottoterra che ti stai lasciando alle spalle. Questa sensazione accomuna tutti gli speleologi, dai novellini agli esperti più consumati, e si aggiunge al gusto dell’esplorazione, alla soddisfazione della tecnica, e al senso di appartenenza.
Queste sono solo alcune delle ragioni per la creazione del progetto Speleo Dentro, che ha voluto coinvolgere 80 giovani ed entusiasti speleologi da tutte le regioni italiane (ed alcuni anche dall’estero!). Costruito come un incubatore tecnico-scientifico, ha fatto convergere diverse conoscenze (tecnica, esplorazione, rilievo, comunicazione) in altrettanti stage di persona, con stimolanti aggiunte tramite seminari online, da maggio a settembre 2024, con esperti in tecnica, materiali, rilievo, geologia, fotografia e psicologia.
“L’idea nasce nell’ambito della Commissione Centrale Speleologia e Torrentismo, curiosando tra le attività del CAI nei confronti dei giovani [...] L’obiettivo è stato immediatamente definito: costruire uno strumento che consentisse di trasferire l’esperienza e la conoscenza di un gruppo di speleologi esperti a giovani vogliosi di crescere e che non avessero tale apporto nell’ambito delle loro sezioni” spiega Giuseppe Priolo, presidente della Commissione Centrale CAI per la Speleologia e il Torrentismo. “Un’idea analoga al progetto Eagle Team” aggiunge Pupillo Donato, Direttore della scuola nazionale di speleologia del Club Alpino Italiano, che ha curato il contenuto didattico e culturale per rendere il programma analogo a un corso universitario e per “supportare una speleologia trasversale, che promuova collaborazione e fratellanza tra speleologi con esperienze differenti. [...] La speranza è che ogni partecipante possa poi avere una buona cultura speleologica di base e scegliere quale tematica approfondire personalmente, in base ai propri interessi.”
Il progetto non sarebbe stato possibile senza il contributo di Marco Frati, coordinatore del progetto, e senza il sostegno del Presidente Montani, della Vicepresidente Colombo e di Mauro Gaddi, Consigliere Centrale referente per la CCST. A loro si aggiunge l’inestimabile competenza di istruttori ed esperti, nelle tappe teoriche e pratiche: Alessandro Allegrucci, Anna Assereto, Benedetta Barzaghi, Paolo Brunettin, Maurizio Calise, Ferruccio Cossutta, Saverio De Benedictis, Patrizia Diani, Marco Di Gaetano, Roberto Faggian, Giovanni Ferrarese, Andrea Ferrario, Marco Frati, Nicola Landi, Claudio Lanuti, Franz Livio, Marco Menichetti, Riccardo Moggia, Andrea Moretti, Stefano Neri, Ottavia Piana Renato Placuzzi, Giuseppe Priolo, Donato Pupillo, Guglielmo Ronaghi Francesco Sauro, Paolo Testa, Paola Tognini, Ferruccio Tomasi, Mirella Vermi, Fabrizio Viezzoli, Elisabetta Viroli, Giancarlo Zanetti. Una vera mobilitazione a livello nazionale, con tutte le sfide che ha comportato in termini di organizzazione.
Speleo Dentro non è un corso, “ma rende disponibile la conoscenza di alcuni a favore di altri, tutti mossi dalla stessa passione, la Speleologia. [...] All’interno del calderone di Speleo Dentro siamo tutti uguali, tutti abbiamo dato e ricevuto qualcosa, in barba all’età, all’esperienza, alla voglia di conoscere.” (Priolo). L’efficacia di un buon insegnamento si vede quando fornisce ai partecipanti gli strumenti per continuare a esplorare individualmente e indipendentemente, e sebbene i più solidi strumenti si possano acquisire solo con i corsi ufficiali, Speleo Dentro punta alla sinergia tra la struttura didattica di base a livello nazionale e le visioni individuali dei gruppi a livello locale, allo scopo di sviluppare appieno le competenze speleologiche.
Lo scambio di esperienze e di tecniche tra i diversi gruppi italiani ha avvicinato realtà distanti, creando uno scambio di visioni e di modalità di “fare grotta” che possono portare allo stesso risultato ma con percorsi diversi; al contempo, le informazioni di base hanno permesso una lingua franca, per una comunicazione efficiente nei diversi gruppi di esplorazione, facilitando la creazione di nuovi progetti e collaborazioni.
“C’è differenza tra andare in grotta e fare speleologia, e noi vogliamo assicurarci che voi siate speleologi”. I quattro stage visti finora possono certamente tracciare questa strada: tecnica, rilievo, esplorazione e comunicazione. Divisi in quattro macroregioni per i primi due stage, nel primo ci siamo concentrati sull’equipaggiamento e sulla tecnica, per perfezionare la progressione verticale, l’armo e i corretti movimenti. Ogni macroregione ha portato il proprio spirito nel progetto: a Nord-Est, per esempio, l’aggiunta di una notte in grotta ha presentato le tattiche per approntare un accampamento, mantenere la temperatura corporea e rispettare appieno l’ambiente della grotta.
Nel secondo incontro ci siamo dedicati alle nozioni di base sul rilievo topografico speditivo, e i partecipanti hanno entusiasticamente imparato a utilizzare strumenti come bussola, clinometro e bindella, e scoperto l'importanza di osservare con attenzione. Durante un rilievo, è essenziale annotare ogni dettaglio per poter poi disegnare una sezione e una pianta precise e affidabili. Il Nord-Ovest ha voluto arricchire lo stage non solo con le note grafiche delle peculiarità geologiche della grotta, ma anche con dense lezioni di teoria, dalla trigonometria al geomagnetismo.
Il terzo stage, nazionale, si è svolto al Pian del Tivano, con i quattro gruppi finalmente insieme. Abbiamo dato volti a tutti i nomi che da mesi vedevamo online e scambiato racconti sui nostri gruppi CAI e sugli stage precedenti. Una doppia escursione ci ha portati a visitare il Buco del Piombo per osservare l’evoluzione del sistema carsico e la morfologia della grotta nei minimi dettagli, e il giorno dopo a simulare un’esplorazione con armo, progressione, e una buona dose di meandri e cunicoli. Quest’ultima esperienza ci ha permesso di sperimentare le migliori prassi di comunicazione, poiché ogni missione univa partecipanti di diversi gruppi, regioni e livelli.
Dal punto di vista didattico, il progetto si è rivelato un ottimo esempio dell’importanza di una struttura che equilibri gli standard del CAI e della SSI con le singole esperienze dei gruppi. Per svilupparsi appieno, le competenze speleologiche necessitano di sinergia tra didattica istituzionale e visioni locali, unite ad un accesso equo all’esperienza di istruttori distanti o competenti in materie spesso marginali rispetto all’istruzione tecnica ma essenziali alla cultura speleologica.
Un buon insegnamento si misura in termini di efficacia nel fornire gli strumenti per continuare a studiare individualmente e indipendentemente. Sebbene i più solidi strumenti si possano acquisire solo con i corsi ufficiali, Speleo Dentro ha dato libero sfogo all’entusiasmo e curiosità di partecipanti e istruttori, con il desiderio di proseguire nell’istruzione in collaborazione con altri. Grazie all’ampio respiro del progetto, si è vista la grande potenzialità di una speleologia consapevole, multidisciplinare e condivisa, tanto tra regioni quanto tra livelli di esperienza.