Soccorso Alpino, bilancio di un'estate di interventi

Da giugno a settembre soccorse 44 persone al giorno. Bolza: “Nelle zone più frequentate nascono i presidi di guardia attiva”
Un acrobatico recupero in parete © Soccorso alpino

Aumenta leggermente, dalle 5.255 del 2022 alle 5.346 del 2023, il numero delle persone soccorse in montagna tra giugno e settembre, ma con una percentuale di deceduti in lieve flessione, dal 5% al 4%. Sono i numeri “in linea con quelli dello scorso anno, dai quali arriva un messaggio tranquillizzante” quelli del bilancio estivo del Soccorso alpino e speleologico nazionale (Cnsas), analizzati da Roberto Bolza, del direttivo nazionale. Numeri dai quali emergono “piccole variazioni dovute ad andamenti meteorologici e di ritrovamento dei funghi, con picchi significativi di interventi nei momenti delle “buttate”, ma che confermano la forte incidenza di mountain bike ed e-bike. Sintomo, anche, di un modo nuovo ci concepire il turismo, e che ci hanno portati a riorganizzare il nostro lavoro con la creazione di presidi “di guardia attiva”, con soccorritori sempre pronti a intervenire nelle zone di maggiore presenza turistica”.

 

Con una media di (quasi) 44 persone soccorse ogni giorno, da giugno a settembre, per il 66,9% uomini e per il 33,1% donne, si chiude l'attività estiva del Cnsas. Come lo scorso anno, in più della metà dei casi (53%), gli interventi sono stati richiesti per infortuni che si sono verificati durante attività di escursionismo, seguiti da quelli in mountain bike (11,6%) e alpinismo (7%). La causa d'incidente principale resta la caduta (35%), seguita dal malore (14%) e dalla perdita di orientamento (11%).

 

Volendo tracciare una mappa degli interventi, guardano ai numeri da inizio anno, la zona che ne ha registrati di più è quella del Trentino, seguito da Piemonte, Alto Adige, Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Toscana. 

 

Sono italiani 8 infortunati su 10, mentre per quel che riguarda i turisti stranieri, a farla da padrone sono i tedeschi (7%). Guardando alle fasce d'età dei soccorsi, la principale resta quella tra i 50 e i 60 anni (19%), seguita da quella 60-70 (15,5%) e da quella 20-30 (14%); dato, quest’ultimo, in aumento rispetto allo scorso anno, quando era quinta e ultima in classifica. Anche se, puntualizza Bolza, “i numeri sono ancora troppo esigui per poter parlare di un trend. Di certo, tra pre- e post-Covid il numero degli interventi è aumentato, di pari passo all'aumento del numero di persone che vanno in montagna che però adesso, a distanza di tre anni, si sono stabilizzati”.

 

L'esperto parla di numeri di incidenti “tranquillizzanti” perché “infinitesimali, sul totale di persone che vanno in montagna ogni giorno. Se la percentuale fosse importante, avremmo i numeri di una strage. La montagna è un ambiente severo, in cui bisogna andare preparati, con l'attrezzatura adeguata e avendo sempre bene in mente quali sono le proprie capacità. La formazione è l'unico modo per ridurre il numero di incidenti da impreparazione o inesperienza, ma certo non è pensabile una ricetta che consenta di schioccare le dita e azzerarli. Il rischio zero non esiste, ma nemmeno c’è una “gara” per la vita o per la morte”. Quello a cui Bolza fa riferimento è il clamore mediatico che rivestono le notizie di cronaca relative agli incidenti. “Lungi da me voler fare una classifica, è un dato di fatto che a quelli in montagna viene data una rilevanza nettamente superiore”.

 

A cambiare la vita, tanto degli escursionisti quanto dei soccorritori, ci ha pensato l'espandersi a macchia d'olio dell'utilizzo di mountain bike e biciclette elettriche. Delle seconde in particolare, “che hanno consentito anche a chi è meno allenato di vivere la montagna su due ruote - afferma ancora Bolza -. I bike park si sono diffusi su tutto l'arco alpino, in particolare nelle zone degli impianti di risalita che vengono usati per guadagnare quota. Ed è evidente che avventurarsi lungo percorsi in discesa e veloci, per quante protezioni possano esserci, comporta un forte rischio di farsi male. Piante e sassi, lungo i percorsi, ci saranno sempre”. Un trend, questo sì, consolidato, che ha portato a forti presenze turistiche sia d'estate che d'inverno. E che per il Cnsas ha rappresentato la “necessità di creare presidi di soccorritori in loco, pronti a partire immediatamente in caso di bisogno. Sono i cosiddetti presidi di guardia attiva che, se da un lato sono un riconoscimento del servizio che svolgiamo, dall'altra sono un carico di impegno importante. Soprattutto considerato che oltre il 90% dei nostri componenti svolge il servizio in modo volontario e quotidiano, sottraendo tempo a famiglia e lavoro”.