Bianco risveglio a Malga Monte Corno © Denis Perilli"Magna magna” è un’espressione che nel gergo si associa a questioni pesanti e poco digeribili, anzi indigeste. Nel nostro caso invece riprende l’accezione originale, quella riferibile al cibo, che nel belpaese è sinonimo di convivialità, confronto, gioia. Il Sentiero Italia CAI è un percorso che, per forza di cose, va letteralmente e fisicamente incontro a pietanze e bevande espressioni di una varietà pressoché sconfinata. Sono tanti gli “incontri notevoli” del mio percorrere il SICAI, quasi sempre con i gomiti appoggiati al tavolo di un rifugio o di una struttura gestita con amore da persone ingorde, a ragione, nel voler raccontare il proprio territorio.
Iniziamo dalla cena tricolore? Ambientazione: Val di Non, nel magnifico borgo di Rumo. Protagonista: la signora Carla, che con la famiglia gestisce l’Agriroom. Comprimari: il sottoscritto, Lorenzo Comunian, con cui ho condiviso gran parte del cammino sul SICAI, Sandro, che ci ha accompagnato per l’occasione. La trama in realtà è molto semplice, per noi sono state preparate delle pietanze che ricordano il tricolore, un’emozione di sensi ma anche di gusti. Il problema in realtà si è rivelato nei “tempi supplementari”, quando Carla ci ha presentato il set da sei bottiglie di grappe fatte in casa. “Ragazzi, io sono di là, voi servitevi pure e poi ditemi quale vi piace di più!”. Queste le sue terribili parole e non la si poteva deludere visto che di quelle pozioni magiche ci parlava dal tardo pomeriggio. Solo la coscienza, che ci induceva a pensare ai dislivelli del giorno successivo ci ha salvati, ma ammettiamolo che proprio “in bolla” non lo siamo stati nel raggiungere i nostri comodi giacigli.
L'alba da Rumo, in Val di Non © Denis PerilliLe bevande ci hanno fregato anche il giorno successivo, anche se in modo diverso. Il cammino, inizialmente idilliaco fra i verdissimi pascoli di Proves si è nel pomeriggio inceppato a causa del caldo torrido. La discesa verso le ultime strisce asfaltate dell’abitato di Fondo è stato infernale e proprio lì abbiamo scoperto un uso alternativo delle celebri mele della Val di Non. Personalmente non avevo mai ingurgitato un litro di succo di frutta tutto in un sorso e tutte le divinità benedicano quel signore e il suo negozietto di prodotti naturali salvavita.
Traslando la memoria nell’ultimo lembo di Veneto che si avvicina verso oriente al Friuli, come dimenticare la serata a Malga Dignas, nell’accogliente conca della Val Visdende. Faceva freddo quella sera e la polenta bollente col formaggio ha trovato comodamente spazio nello stomaco mio e di Lorenzo. Grappino e chiacchiere col gestore, una di quelle situazioni che ti portano in una dimensione di umanità oramai spesso dimenticata e tritata dalla frenesia urbana. E via di racconti: ecco allora le tante storie che ci ricordano come quell’angolo riservato di montagna porti in sé retaggi austriaci, veneti e friulani, ora riscaldati da aria di pace, ma in tempi non troppo lontani ancora carichi di ruggini e tensioni. Nei valichi appena sopra i pendii a nord riecheggiano ancora ricordi bellici nei resti delle dirute caserme che sorvegliano i valichi di confine. Ma torniamo al formaggio e alla singolare storia delle mucche adottate. Eh sì, perché, in tempo di pandemia, il figlio del gestore si è inventato una sorta di giochetto in cui si poteva, tramite una donazione, accudire una delle mucche della stalla in cambio di una spedizione di formaggio. Risultato? Al nostro passaggio era impossibile acquistare un pezzetto di quell’oro bianco profumato di erbe: le richieste provenienti da tutto il mondo risultavano persino superiori alla produzione casearia. Un giochino letteralmente e piacevolmente sfuggito di mano.
Le Crode del Longerin, appena sopra Malga Dignas © Denis PerilliCome dimenticare poi il giorno successivo e il sorriso della signora Anna che ci ha accolto al Rifugio Calvi al Peralba, già in terra friulana? Tappa lunghissima con una salita finale in grado di stroncare anche le nostre gambe ben allenate. Pochi metri di discesa verso il rifugio, il temporale minaccioso alle spalle ed ecco quel tavolino con la minuta sagoma femminile intenta a ripulire verdure coltivate nel piccolo orto antistante la struttura. Poche parole ed ecco due birre non richieste servite e molto apprezzate. Anna, un nome non casuale, omonima a colei cui idealmente lì abbiamo lasciato il testimone per proseguire sul Sentiero Italia CAI. Le due Anne si erano conosciute e si ricordavano con piacere
Rimangono poche righe a disposizione, ma non si può non nominare il baffuto Roberto, l’allora storico gestore del Rifugio Potzmauer, crocevia fra la variante trentina e quella altoatesina del SICAI. Lui è stato subito chiaro, c’era la pandemia e le regole andavano seguite senza se e senza ma. Altrettanto rigido si è dimostrato nel farci capire che nulla doveva rimanere nel piatto e nel bicchiere. Dobbiamo ammettere (lo affermo senza esitazione anche per Lorenzo) che questa seconda imposizione è stata una mazzata, soprattutto per i calici che lui generosamente continuava a riboccare. Ad oggi non abbiamo ancora capito se i 30 centimetri di neve del giorno successivo erano reali o generati nelle nostre menti dalla digestione, sta di fatto che pure a Malga Monte Corno, in un contesto invernale da favola, ci hanno coccolati e rifocillati in modo smisurato.
Tante sarebbero le persone da menzionare per il tempo e la passione che ci hanno dedicato, altrettanti sarebbero gli insegnamenti che abbiamo fatto nostri fra una chiacchiera e l’altra.
Due invece sono le certezza: sono tornato con piacere a salutare alcuni di questi custodi della montagna e ho iniziato a perdere peso nel momento in cui ho terminato il mio cammino sul Sentiero Italia CAI.
Tramonto di fuoco al Rifugio Calvi © Denis Perilli