Scopriamo le impronte degli animali, l'arte di leggere la natura

Fin da bambini immaginiamo la montagna come un regno popolato da animali, un luogo selvaggio dove natura e vita si intrecciano in un equilibrio millenario. Ma crescere significa anche scoprire che incontrare gli abitanti della montagna non è semplice: ci temono, si nascondono, lasciano dietro di sé solo indizi fugaci. Tracce sulla neve, impronte nel fango, segni del loro passaggio raccontano storie di sopravvivenza e adattamento. Riconoscerle è un’arte.
Un camoscio incuriosito © Denis Perilli

Fin da bambini ci portiamo dentro quell’immagine della montagna come luogo abitato dagli animali. D’altronde ci sono i boschi, le foreste, le praterie, le pareti inaccessibili, le cascate, i torrenti tumultuosi, i laghi, tutti quegli ambienti che la nostra fantasia riempie di esseri viventi che ivi possono trovare nascondiglio e protezione. Anche i cartoon si sono dati un bel daffare nel proporre i personaggi a quattro zampe che salgono sullo sperone roccioso per scrutare l’ampiezza dei territori sottostanti o i volatili che si lanciano dal cocuzzolo per il loro primo volo.

Poi cresciamo e ci accorgiamo che questo desiderio di scorgere gli animali è forse un qualcosa di istintivo, di primitivo, ma che ci porta gioia. Il vero problema sta nel fatto che gran parte degli altri esseri viventi non brama di certo a incontrare noi umani, visti come un pericolo oggettivo, come “predatori di tutti”. Ecco quindi che gli incroci di presenze non sempre giungono a una conclusione favorevole. 

 

Risvegliamo i sensi

È vero, possiamo tornare a casa dalla nostra bella scampagnata senza aver scorto manco una bestiola, ma se abbiamo la voglia di riattivare tutti i sensi, quasi a voler ritrovare la nostra primordialità, ecco che qualche incontro, seppur indiretto, potremmo raccontare di averlo messo in bacheca.

 

Indizi

Tutti gli animali lasciano segni del loro passaggio, sta a noi saper interpretare i vari codici e carpire il messaggio. Odori, richiami, fatte (termine “soft” per definire le cacche), buchi sugli alberi, residui di pasti, c’è solo l’imbarazzo della scelta. 

Le impronte sono probabilmente la traccia più facile da scorgere da noi che sfruttiamo prevalentemente la vista, in particolare nella stagione invernale, dopo una bella nevicata. E d’estate? Non dimentichiamoci mai che tutti gli animali han bisogno di bere, quindi, se c’è una pozza, andiamo nelle sue vicinanze, meglio se fangose, a cercare. È sicuramente interessante immaginare come le varie specie, fra cui prede e predatori, si alternino nelle 24 ore per abbeverarsi, ognuna con la propria strategia. Orme che raccontano dinamiche e storie di vita e di non sempre facile sopravvivenza.

 

Di chi sono?

In ambiente montano solitamente sono i mammiferi a lasciare tracce di passaggio sul terreno. Esiste un metodo sicuro per identificare la specie animale che le ha lasciate? Dipende. Sembra una risposta approssimativa, ma è così. Proviamo a ragionare. Su un pendio ripido fangoso o innevato, ad esempio, gli animali possono scivolare e lasciare delle impronte deformate, portandoci, ad esempio, a sovrastimare la stazza del proprietario. Il fango si secca, la neve si fonde, ecco quindi che qualche altro inganno può “sovrascrivere” in malo modo la traccia originale.

Diciamo però che alcune morfologie ci possono ben indirizzare

I due zoccoli lasciati dagli ungulati, ad esempio, sono inconfondibili. Ma di chi saranno? Camoscio, stambecco, cinghiale, cervo, daino, capriolo? Le dimensioni e le proporzioni ci possono venire in aiuto, come il tipo di ambiente in cui sono state rinvenute.

I carnivori lasciano impronte di diverso tipo, ma i cuscinetti (quelli che stanno sotto al “piede” del gatto o del cane e che tutti conosciamo, per intenderci) sono un indizio che dà certezza. Si riesce a distinguere l’orma di un lupo da quella di un cane? Dipende. Un grosso cane può essere confuso con un lupo. I lupi che avanzano in branco spesso pestano le tracce di chi li ha preceduti, questo può essere un aiuto, ma non sempre è così. Orso e tasso sono plantigradi, appoggiano cioè tutta la pianta, generando impronte, nel primo caso anche per le dimensioni, difficilmente confondibili con quelle di altri animali.

I roditori delle nostre montagne sono piccoli e leggeri (scoiattolo, driomio, moscardino, topi e arvicole) per cui raramente riescono a imprimere al suolo un segno di passaggio degno di tale nome.

I lagomorfi, ossia conigli e lepri, lasciano invece delle piste ben più chiare, evidenziando la notevole differenza fra zampe anteriori, più piccole, e posteriori, più allungate e predisposte al salto.

Da tutti questi discorsi, che assumono quasi la forma di giustificazioni, si evince che non è così banale riuscire ad abbinare un’orma o una traccia al proprietario, ma è una sfida avvincente che può dare delle grosse soddisfazioni e accendere delle inaspettate passioni.

Il segreto? Avvalersi di una delle ottime guide che ci insegnano a riconoscere i segni degli animali, muoversi con qualcuno che conosce il territorio e prodigarsi per accumulare esperienza.