Impianto dismesso in Valle di Viù (Piemonte)L’ultimo report di Legambiente, "Nevediversa 2025", fotografa una realtà sempre più allarmante: la montagna italiana sta cambiando volto sotto la spinta della crisi climatica. Nevica sempre meno, gli impianti sciistici dismessi sono in forte aumento e cresce il ricorso all’innevamento artificiale. Il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato e gennaio 2025 ha segnato un nuovo record come il mese più caldo di sempre. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: dalle Alpi agli Appennini, il settore sciistico è in crisi.
265 impianti chiusi
Negli ultimi cinque anni, il numero di impianti sciistici dismessi è raddoppiato, passando da 132 nel 2020 a 265 nel 2025. "Piemonte (76), Lombardia (33), Abruzzo (31) e Veneto (30) sono le regioni ad oggi con più strutture dismesse e che risentono, insieme al resto della Penisola, di una crisi climatica che anche in montagna lascia sempre più il segno", si legge nel dossier "Nevediversa 2025". Il Piemonte, con 76 impianti fuori uso, detiene il primato negativo, seguito dalla Lombardia e dall’Abruzzo.
L’inverno è sempre più corto, le nevicate sono insufficienti e gli impianti meno redditizi. Nonostante ciò, le politiche locali insistono sulla realizzazione di nuove infrastrutture sciistiche, spesso in zone climaticamente sfavorevoli. Un caso emblematico, afferma Legambiente, è il progetto di collegamento tra le stazioni sciistiche di Colere e Lizzola in Lombardia, definito da Legambiente "fuori tempo".
L’illusione della neve artificiale
Per compensare la carenza di neve naturale, le località turistiche stanno aumentando l’utilizzo di neve artificiale. Secondo Legambiente, "sono 165 i bacini di innevamento artificiale mappati in Italia, per una superficie totale pari a 1.896.317 mq". Il Trentino-Alto Adige è la regione con il maggior numero di bacini (60), seguita da Lombardia (23) e Piemonte (23). La Valle d’Aosta primeggia invece per estensione, con 871.832 mq dedicati alla produzione di neve artificiale.
Questo sistema, spiegano nel report, è insostenibile a lungo termine: la produzione di neve artificiale richiede enormi quantità di acqua ed energia. Inoltre, continuano, “i costi stanno diventando proibitivi: nel Bellunese, a metà febbraio 2025, si è già speso oltre 2 milioni di euro per l’innevamento artificiale”. Il Friuli-Venezia Giulia spende circa 5,3 milioni di euro a stagione, mentre Sestriere ha investito oltre 10 milioni di euro in quattro anni.
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Il turismo di lusso e l’abbandono delle montagne
Se da un lato alcune località sciistiche si stanno trasformando in mete di lusso, come Cortina d’Ampezzo, dall’altro molte zone montane vengono completamente abbandonate. “Cortina sta diventando una scuola di gentrificazione, dove ci si trova estranei nella propria terra” spiega Alberto Lanzavecchia, docente dell’Università di Padova. Il turismo invernale è sempre più costoso: secondo Federturismo, nel 2025 una settimana bianca per una famiglia di tre persone costa in media 3720 euro, con aumenti del 5-8% su hotel, skipass e ristorazione rispetto all’anno precedente.
L’immagine simbolo di questa crisi è la bidonvia di Pian dei Fiacconi, sul versante nord della Marmolada. Chiuso nel 2019, l’impianto è stato travolto da una valanga nel 2020, lasciando in quota una struttura abbandonata e sventrata. "Uno scenario che descrive una montagna al tempo stesso ricca e impoverita, dove il lusso convive con il declino e, in alcuni casi, con l’abbandono", denuncia Legambiente.
Olimpiadi 2026: costi alle stelle e incertezza neve
Il dossier "Nevediversa 2025" dedica un focus alle Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026, che avrebbero dovuto essere un simbolo di sostenibilità, ma si stanno rivelando un’impresa faraonica. "Partite con un budget di 1,5 miliardi di euro, ad oggi i costi sono saliti a 5,7 miliardi di euro", si legge nel report. Inoltre, la mancanza di neve naturale è una delle principali incognite: se le attuali tendenze climatiche continueranno, le competizioni rischiano di disputarsi su neve completamente artificiale, con impatti ambientali elevatissimi.
Anche Francia e Svizzera chiudono gli impianti
La crisi del turismo invernale non riguarda solo l’Italia. Secondo Mountain Wilderness Francia, ad aprile 2024 erano stati censiti 101 impianti abbandonati in 56 siti sulle Alpi francesi. In Svizzera, oltre 55 skilift e funivie risultano dismessi da anni. Segno che il modello turistico basato esclusivamente sullo sci è sempre meno sostenibile anche oltre confine.
Una nuova montagna è possibile?
Legambiente lancia un appello per ripensare il turismo montano in chiave sostenibile: "Bisogna ripensare il turismo invernale in una chiave più sostenibile replicando le buone pratiche di turismo dolce". Le previsioni climatiche per i prossimi anni sono chiare: le temperature continueranno a salire e le nevicate a diminuire. I dati della Fondazione CIMA mostrano un deficit nevoso del 71% tra 1000 e 2000 metri sulle Alpi e del 94% sugli Appennini. "Servono più azioni di mitigazione e adattamento e più finanziamenti per il turismo dolce", conclude Legambiente.