Il Changabang © wikipediaIl Changabang (6870 metri) è una montagna che chiama solo a vederla per la sua forma iconica e infatti ha attratto gli alpinisti per la prima volta già più di mezzo secolo fa. Mercoledì prossimo Luca Schiera, Luca Moroni e Giacomo Mauri partiranno per una spedizione che punta a salire per la parete ovest in stile alpino, one push, provando così a scalare la cima himalayana in molto meno tempo rispetto ai tentativi dei predecessori, che sono sempre stati di più di dieci giorni.
La ovest è indubbiamente la parete più interessante del Changabang, ma non fu la prima a essere scalata: una spedizione inglese guidata da Chris Bonington e dal colonnello Balwant Sandhu arrivò alla vetta il 4 giugno 1974, attraverso la parete sud-est e da lì per la cresta nord-est. Due anni più tardi Peter Boardman e Joe Tasker raggiunsero invece la cima dal versante occidentale, dopo ben 25 giorni di ascesa. L'impresa fu eccezionale per l'epoca: salirono in stile alpino su difficoltà continue di V/VI/A2, in totale isolamento per oltre tre settimane. La via è stata ripetuta infine nel 2022 dagli australiani Kim Ladiges e Matthew Scholes, insieme al neozelandese Daniel Joll. La cordata è riuscita a ridurre il tempo di salita dell'impressionante muraglia di 1100 metri ( a cui vanno aggiunti 500 metri di zoccolo) a poco più di 10 giorni.
La spedizione del 2022 © New Zealand Alpine TeamSchiera non vede l'ora di cimentarsi in una spedizione - sotto l'insegna dei Ragni di Lecco- che è il suo "cruccio" da un paio di anni almeno. "Siamo in ballo da un po', inizialmente il progetto era con Luca Moroni e poi abbiamo tirato dentro Giacomo Mauri. Per la sua età ed esperienza vanta un livello che pochi in Italia hanno. La parete è mitica, l'idea di farla one push sicuramente ha il suo perché. Lì il meteo è piuttosto instabile ed è più facile trovare due-tre giorni buoni che una settimana e poi, se ti porti dietro uno zainetto con due corde, sei molto più rapido rispetto ad avere 80 chili di materiale".
Il campo base è a quota 4600 metri, il colle a 5800. Fatto quello, rimane un chilometro in verticale. "Chiaramente, una volta che sei sotto la parete e sei così leggero, fa la sua impressione pensare che sarai lassù a cercare di venirne a capo. Incute un certo timore, ma è il bello della sfida. Avevo letto La montagna di luce [il racconto di Boardman] e parlava di difficoltà allucinanti, il che è vero se pensiamo all'equipaggiamento dell'epoca. Poi abbiamo parlato con i ragazzi che l'hanno ripetuta tre anni fa e l'hanno paragonata allo Sperone Walker. Poi la roccia lì è più liscia, le temperature più basse e il ghiaccio più duro, cosa che renderà anche i pendii facili belli faticosi. Sarà qualcosa che dovremo gestire".
Schiera e compagni partiranno il 23 di questo mese e torneranno il 9 giugno. In 45 giorni dovranno raggiungere e tornare dal campo base e spendere circa tre settimane per acclimatarsi. Rimarrà una finestra di 15 giorni per il tentativo, da metà a fine maggio.