Roberto Mantovani racconta il cinema di alpinismo

Durante la 68esima edizione del Trento Film Festival, Mantovani ha presentato il suo ultimo libro Ciak, si scala!
«Nel cinema di alpinismo e di arrampicata, la montagna diventa lo strumento di soluzione della vicenda umana oggetto del racconto», spiega la vicepresidente del Cai Lorella Franceschini. «Proclamato patrimonio immateriale dell’umanità da parte dell’Unesco, l’alpinismo e l’arrampicata non avrebbero lo stesso fascino se non fossero stati rappresentati nell’arte e nella letteratura, nel corso dei secoli». Solo l’arte cinematografica però, grazie alla simultanea riproduzione dei suoni e movimenti, ha saputo rendere al meglio le potenzialità e le imprese espresse dall’azione alpinistica individuale e collettiva, scrive il giornalista e storico dell’alpinismo Roberto Mantovani, autore di "Ciak, si scala!", edito dal Cai con la collaborazione del Museo Nazionale della Montagna e della International Alliance for Mountain Films. Si tratta di un'enciclopedia e allo stesso tempo di un saggio sulla storia del film di alpinismo e arrampicata.

 Durante la 68esima edizione del Trento Film Festival, lo scorso mercoledì 2 settembre, Mantovani ha presentato l’opera in un incontro pubblico con Marco Ribetti, curatore della cineteca storica e della videoteca del Museo Nazionale della Montagna di Torino. In collegamento streaming, anche il celebre alpinista austriaco Kurt Diemberger che intraprese anche una prolifica carriera come cineoperatore e documentarista.

Le opere più note

Tra le sue opere più celebri, spicca “K2 - Sogno e destino”, del 1986. 

Il filo conduttore dell’incontro è lo scorrere del tempo nei 120 anni di storia del cinema di alpinismo. Dal primo documentario di ascensione, “Cervin 1901”, realizzato molto probabilmente nel 1903 da Frank Ormiston Smith all’epopea dei “Berg film”  (dagli anni ‘20 al 1945) passando per le ascensioni delle grandi montagne del mondo nel dopoguerra, fino al racconto di un nuovo modo di fare alpinismo negli anni ‘70. Senza dimenticare l’innovazione tecnologica degli anni 80 e l’esplosione mainstream degli anni ‘90.

 La nascita del mito

«"Cervin 1901" è un film mitico, la sua genesi è misteriosa. Alcuni dicono nel 1901, altri nel 1902, quella più accreditata è il 1903. Anche sull’autore c’è stato un dibattito. Il più credibile e mi sentirei di dire, confermato al 99%, è Frank Ormiston Smith. Quello che sappiamo con certezza è che è stato girato sul versante svizzero del Cervino. Un operatore è salito insieme a tre alpinisti per l’ascensione della montagna», spiega Mantovani.

Epica e mutazioni

Insomma, la montagna inizia a diventare il protagonista delle pellicole dell’epoca. Negli anni ‘20, prende vita l’epopea del considdetto “Berg Film”. I protagonisti di questo filone cinematografico sono Arnold Fanck, Leni Riefenstahl e Louis Trenkel. «Tra questi, la più celebre è la Riefensthal, celebre autrice della macchina propagandistica della Germania nazista. Ciò che ci interessa però, è che la cineasta berlinese è stata una grande innovatrice dal punto di vista tecnico e certe riprese e immagini fanno parte della storia del cinema», puntualizza Mantovani.

 Nel dopoguerra, il cinema di alpinismo cambia pelle. Il cosiddetto Cinema Verité di autori come il francese Marcel Lchach portano in primo piano la riscoperta di nuovi valori, anche etici legati all’alpinismo, la scalata diventa un processo di formazione dei protagonisti. Allo stesso tempo, entrano in scena le grandi montagne del mondo, come l’everest e il K2. «Da ricordare è il documentario "Italia K2" di Marcello Baldi. Nel film, si ricorda la conquista della vetta da parte di Lino Lacedelli e Arturo Compagnoni. Si tratta delle prime immagini mai girate sugli 8000», spiega Mantovani. «Il film viene ricordato anche per il commento parlato. Il testo è affidato ad un giornalista de Il Tempo, Igor Man», continua. Gli anni ‘50 sono anche gli anni della nascita del Trento Film Festival, il primo festival del cinema di montagna della storia. «L'iniziativa nasce grazie all’intuizione di Amedeo Costa, all’epoca consigliere centrale del Cai», ricorda Mantovani.

La rivoluzione

Gli anni ‘70 invece, sono gli anni della rivoluzione a stelle e strisce, con la scoperta della via The Nose sul massicio El Capitan nel parco di Yosemite in California. In quel periodo, sono i film di Mike Hoover «a segnare profondamente la storia e l’immaginario dei ragazzi di quegli anni. "Solo" è un film che ha influenzato una generazione di spettatori. Stesso discorso per El Capitan di Fred Padula», spiega ancora. Il decennio successivo invece, è quello dello sviluppo tecnologico. «Le riprese di ascensioni sono più semplici, grazie all'innovazione delle macchine da presa. Uno sviluppo che permette al cinema di alpinismo e arrampicata di approdare alla televisione», continua. Negli anni ‘90 invece, si registra un numero elevato di titoli di fiction legati al tema dell’alpinismo. Negli anni 2000 «la tecnica e la tecnologia salgono sul palcoscenico, ma mancano le storie, che sono fondamentali», conclude Mantovani.