Giada Staffieri e Andrea AntoniDi fronte al caro affitti che affligge molte città italiane, Giada Staffieri e Andrea Antoni, 39 anni lei e 32 lui, hanno preso una decisione controcorrente: trasferirsi in montagna. A raccontarlo alcune testate locali. La coppia vive a Salto di Montese, nell’Appennino modenese, e ogni giorno affronta quattro ore di viaggio per recarsi al lavoro. Una scelta coraggiosa, che mette in evidenza le opportunità e le criticità di vivere in montagna, sollevando il dibattito sulla necessità di garantire servizi adeguati a chi sceglie questa strada.
Vivere in montagna, tra sacrifici e benefici
Giada, impiegata presso l’Ausl di Castelfranco Emilia, e Andrea, dipendente di un’azienda metalmeccanica a Crespellano, hanno valutato a lungo dove stabilirsi. Cercare casa tra Modena e Bologna si è rivelato impossibile: prezzi proibitivi e immobili da ristrutturare li hanno portati a esplorare l’opzione montana. A Salto di Montese hanno trovato non solo una casa accessibile, ma anche una qualità della vita che ritengono impareggiabile. "Da nessuna parte ho trovato la pace e la tranquillità che provo qui" racconta Giada, nonostante le levatacce mattutine e i lunghi tragitti in auto. La loro giornata tipo li vede infatti svegli prima dell'alba e poi in auto, per due ore ad andare e altre due a tornare. La coppia compensa i disagi con due giorni di smart working a settimana. Tuttavia, né il tempo speso nei trasferimenti né l’assenza di comodità li hanno fatti pentire della scelta.
Ripopolare la montagna
La decisione di Giada e Andrea non è un caso isolato: sempre più persone stanno riscoprendo la montagna come luogo dove vivere, lavorare e crescere famiglie. Tuttavia, ripopolare queste aree non può limitarsi a una questione di scelta individuale. È un atto che merita il supporto delle istituzioni, perché abitare in montagna significa contribuire a salvaguardare un territorio spesso a rischio di abbandono, con tutte le conseguenze sociali, culturali ed ecologiche che ne derivano.
L’attrattività della montagna passa però da servizi essenziali: sanità, istruzione, trasporti, connessione internet e infrastrutture adeguate. Come ho ribadito più volte in convegni o proiezioni: se mi dai la residenza, allora devo avere accesso agli stessi servizi di chi vive in città. Senza scuole ben collegate, assistenza medica vicina e accesso a internet, la montagna rischia di restare una meta di fuga temporanea anziché una scelta duratura.
Per sostenere questo modello serve uno sforzo collettivo. I territori montani hanno bisogno di politiche mirate, incentivi economici e, soprattutto, di una visione che consideri queste aree non come marginali, ma come centrali per il benessere dell’intero Paese.
La montagna non è solo un luogo fisico: è uno stile di vita, un patrimonio culturale e un presidio naturale indispensabile. Ripopolarla non è solo una sfida per chi vi si trasferisce, ma una responsabilità condivisa per garantire che chi sceglie la montagna non debba rinunciare ai diritti fondamentali.