La caratteristica forma del rifugio © archivio CAIIl rifugio Vittorio Emanuele II del CAI di Torino (2732 metri) si trova sulle rive del Lago Moncorvè, nel territorio del comune valdostano di Valsavarenche, nelle Alpi Graie, ai piedi del Gran Paradiso. È una delle strutture più frequentate e confortevoli dell'arco alpino ed è riconoscibile per la forma assolutamente peculiare del tetto in lamiera.
La storia
La costruzione del Vittorio Emanuele II era stata iniziata negli anni trenta sotto la presidenza del senatore Giuseppe Brezzi, personalità torinese di spicco di quei tempi. Tra i suoi vari incarichi, il mecenate era anche a capo della società Cogne di Aosta, industria siderurgica di importanza nazionale, carica che influì sull'originale copertura. Fu infatti l’ingegnere Dumontel a progettare il nuovo rifugio, che aveva sostanzialmente le forme di un piccolo bivacco accademico, realizzato però in una scala maggiore. Nell’estate 1933 il principe del Piemonte Umberto di Savoia venne trasportato a dorso di mulo da Pont Valsavarenche al rifugio, e con solenne cerimonia alpina inaugurò la struttura, in realtà non ancora ultimata. Lo scoppio della seconda guerra mondiale lasciò il rifugio incompiuto e bisognò attendere il 1961 per vedere i lavori conclusi, grazie soprattutto all'impegno di Valentino Daynè. Il gestore purtroppo scomparve prematuramente, a soli pochi mesi dall'inaugurazione.
Entrambe le strutture - la vecchia e la nuova- sono dedicate al primo re d'Italia, grande appassionato di montagna e frequentatore delle terre che al tempo erano riserva reale di caccia.
Il rifugio in una immagine d'epoca, ben visibile anche la vecchia struttura © archivio CAILa gestione
Il vecchio rifugio, costruito nel 1884, è ancora in uso: nei mesi invernali è aperto per permettere il ricovero di chi ne avesse necessità. Dispone di ben 21 posti letto, mentre quello nuovo ne conta oltre 120-130, divisi in camera da 4-5 posti. Ci sono ben 8 bagni con acqua corrente e docce calde a pagamento. I posti a sedere arrivano invece anche a 150. La struttura è gestita da Paolo Pellissier, Samuel Thomasset e Jean Claude Ferrod. Paolo è il primo dei tre che lo ha preso in gestione ed è al Vittorio Emanuele II da una quindicina d'anni. “Offriamo un servizio tradizionale, con cucina classica. Apriamo anche in primavera, da fine marzo a maggio, non solo nei fine settimana ma sette giorni su sette”. Data la quota e la possibilità di diversi itinerari d'alta montagna, il rifugio raccoglie anche le richieste di chi cerca una guida in zona, altrimeti contattabili a info@guidegranparadiso.com
Gli itinerari
Il rifugio Vittorio Emanuele II è noto in tutto il mondo sia per la posizione stupenda in cui sorge, che per la possibilità di intraprendere percorsi alpinisti e scialpinistici in inverno, ma anche per trekking di ogni sorta e ascensioni estive. La meta più gettonata è la vetta del Gran Paradiso, ma le possibili destinazioni sono numerosissime. L'accesso tendenzialmente avviene da Pont-Valsavarenche (1960 metri di quota), per il sentiero 1, di carattere escursionistico. Per arrivare al rifugio sono 750 metri di dislivello, che si coprono in circa due ore e mezza. Il Vittorio Emanuele II è anche sul tragitto del cosiddetto trekking dello stambecco, un itinerario di quasi 40 chilometri che unisce Pravieux al rifugio Jervis. Si trova a metà della seconda giornata, sul sentiero che collega il rifugio Chabod al Tetras Lyre.