Quei passi di Mario Rigoni Stern tra la cascata e le antiche pietre della Val Bavona

Mario Rigoni Stern davanti alla cascata di Foroglio, in Val Bavona foto di Giosanna Crivelli

Era il 1996 quando Martino Giovanettina, scrittore e gestore del ristorante La Froda, convinse Mario Rigoni Stern a visitare la Val Bavona. Tornato ad Asiago, così Rigoni raccontò quel viaggio: «Non molto tempo fa sono stato in una valle della Svizzera; una valle fuori mano, con poche case antiche tutte di pietra viva, orticelli strappati vicino al torrente, piccoli prati tra grandi massi. Mi dicevano che i loro nonni, dopo aver scavato gli scalini nella roccia viva, avevano portato la terra sopra i grandi massi staccatisi dalle pareti della valle dopo il ritiro del grande ghiacciaio e fin lì sopra avevano seminato l'erba che poi salivano a sfalciare. Uno di loro, ritornato dall'emigrazione, aveva investito tutti i suoi risparmi nel gradinare una parete di roccia: sopra, al limite delle nevi eterne, c'erano dei bei pascoli da sfruttare in concorrenza ai camosci e voleva far salire lassù le sue vacche. Ho voluto vedere quella roccia e quei gradini …» (La Stampa, 2 ottobre 1996).

In Val Bavona, nei pressi di Foroglio, si trova la più bella cascata del Ticino, l’acqua precipita spumeggiando da un’altezza di 110 metri. Il piccolo borgo è avvolto intorno a una piccola chiesa quattrocentesca; le antiche case sono quasi tutte in pietra, salvo alcuni ex granai in legno che ricordano i tempi della coltivazione della segale. Il genius loci della valle è lo scrittore ticinese Plinio Martini, autore del Fondo del sacco e di altri libri che raccontano le vite, e anche le tragedie, di contadini e di pastori che praticavano la transumanza e abitavano la Val Bavona dalla primavera all’autunno.

Puntìd, all'inizio della Val Calneggia, sopra la cascata della Val Bavona. foto di Giuseppe Mendicino 

Salendo a lato della cascata si giunge nella piccola frazione di Puntìd, all'inizio della Val Calneggia. Il suo antico ponticello di pietra ha resistito a decine di piene del fiume, anche a quella del 1978, che lo sovrastò. Camminando da lì verso l’interno si arriva presto a La Spluia Béla, una casa di pietra e aria, la costruzione sotto roccia più famosa del Ticino; un lastrone di 30 metri quadrati le fa da tetto, lì c'era fino al 2003 l'abitazione dell'ultimo alpigiano, Arnoldo Dadò, la sua stalla e il ricovero del formaggio. 

Torno ogni anno in Val Bavona, per rivedere i boschi e la cascata, per prendere e poi regalare agli amici i libri scritti da Martino Giovanettina, su tutti il Taccuino dei giorni freddi, e per parlare con lui di storie presenti e passate. Un giorno portai lassù anche Paolo Cognetti, per una camminata e per una memorabile serata insieme allo scultore Pierre Casé. Tre anni fa, i registi Tommaso Brugin e Federico Massa girarono lì alcune scene del loro bel documentario su Mario Rigoni Stern.

Così Martino ricorda il viaggio di Rigoni Stern in quella magica valle dove il tempo pare essersi fermato: «Scese dall'auto a Foroglio. Cominciò a chiedere di alberi. Fissò una catasta che stagionava al sole. 'Rovere, buona legna'. La sera, incontro letterario al ristorante. Indossava una giacca di foggia austro-ungarica. Non disse cose nuove, disse cose franche, toccanti, particolari e universali. Come lui. Ci lasciammo con una stretta di mano e una pacca sulle spalle. Mi guardò felice con i suoi occhi tristi. L'ho rivisto alcune volte. A volte, quando scendo dall'auto a Foroglio, ogni tanto guardo i larici lassù in alto e penso a quello che ne scriveva lui: “nascono e vivono sulle scaffe delle rocce che portano il tempo».