Quarantotto anni fa la prima salita della Ovest del Cerro Torre

Il 13 gennaio del 1974 i Ragni di Lecco portavano a termine la scalata di quella che ai tempi era probabilmente la via su ghiaccio più difficile mai salita e che oggi, a giudizio dei ripetitori, è sicuramente fra le più belle, se non la più bella in assoluto
Il 13 gennaio del 1974, alle 17,45 del pomeriggio, Casimiro Ferrari, Mario Conti, Pino Negri e Daniele Chiappa si abbracciavano sulla vetta del Cerro Torre (3128 m), dopo aver portato a compimento la prima salita dell’impressionante e bellissima parete Ovest della montagna, firmando uno dei più grandi capolavori di tutti i tempi nella storia dell’alpinismo patagonico.
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La terribile bellezza della parete Ovest, completamente incrostata dal ghiaccio dopo la tempesta © Archivio Ragni di Lecco

Uno dei simboli dell'impossibile

Con la sua incredibile forma di gigantesco monolite il Cerro Torre era, infatti, considerato uno dei simboli dell’impossibile e la sua parete Ovest, completamente ricoperta di ghiaccio ed esposta alla violenza delle tempeste provenienti dall’Oceano Pacifico, rappresentava (e rappresenta tutt’ora) l’essenza più selvaggia e avventurosa di quelle terre agli estremi confini del mondo. Ferrari, Conti, Negri e Chiappa erano le punte di diamante della spedizione dei Ragni di Lecco che, per più di 30 giorni, aveva stretto d’assedio la montagna, lottando contro il maltempo incessante e difficoltà su ghiaccio e misto che nessuno, sino ad allora, aveva mai affrontato.
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Il gruppo © Archivio Ragni di Lecco

Una selezione dei più forti esponenti dell'alpinismo lecchese

Oltre ai quattro hombres de la cumbre la spedizione schierava una selezione dei più forti esponenti del sempre ben fornito vivaio dell’alpinismo lecchese: Claudio Corti, Angelo Zoia, Gigi Alippi, Pierlorenzo Acquistapace, Ernesto Panzeri e Giuseppe Lafranconi. Con loro il medico Sandro Liati e il fotografo e cineoperatore Mimmo Lanzetta. Furono proprio il talento, lo spirito di sacrificio e la dedizione di questo straordinario gruppo che consentirono alla spedizione di raggiungere l’insperata vittoria, proprio quando il tempo e i viveri a disposizione stavano per esaurirsi.
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In salita verso il Colle della Speranza, in alto gli immensi "funghi" che adornano la sommità del Torre © Archivio Ragni di Lecco

Un exploit di livello mondiale

La vittoria dei Ragni sulla Ovest del Cerro Torre rappresentò l’apoteosi della tecnica classica di scalata su ghiaccio e misto, che Ferrari e compagni seppero portare ai suoi limiti più estremi, riuscendo a superare i muri verticali e i temibili “funghi”, le gigantesche formazioni di ghiaccio spugnoso e inconsistente che “incrostano” le pareti patagoniche. Nel contesto e nel periodo in cui venne realizzata, la Via dei Ragni rappresentò un exploit di livello sicuramente mondiale. Pochi anni dopo (nel 1977) l’impresa che aveva richiesto ai lecchesi tanto tempo e tanti sacrifici venne ripetuta dagli americani John Bragg, Dave Carmann e Jay Wilson in poco meno di una settima, ma nel frattempo tutto era cambiato. Grazie alla diffusione della nuova tecnica della piolet traction, infatti, le difficoltà e le pendenze che solo pochi anni prima erano ritenute estreme, potevano essere affrontate quasi con facilità e in tempi rapidissimi. Nonostante questa evoluzione, la Ovest del Torre rimarrà per molto tempo ancora nel novero delle vie di ghiaccio più difficili del mondo.
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Sulla vetta. Da sx: Daniele Chiappa, Pino Negri, Casimiro Ferrari © Archivio Ragni di Lecco

Della Bordella: la via di ghiaccio più bella del mondo

Il Ragno Matteo Della Bordella è uno degli alpinisti, non molti in realtà, che possono vantare nel proprio curriculum la ripetizione di questa via, e il suo commento chiarisce bene cosa essa rappresenti ancora oggi per gli appassionati dell’alpinismo patagonico.
«Quando venne aperta la via dei Ragni fu un’impresa visionaria, decisamente in anticipo sui tempi. Oggi i materiali e le attrezzature hanno completamente rivoluzionato la scalata su ghiaccio, ma questa salita continua ad essere un bel banco di prova, perché per venirne a capo non bisogna solo essere all’altezza delle difficoltà tecniche, ma servono anche la capacità di stare a confronto con un ambiente ancora oggi completamente selvaggio e la fortuna di trovare le rare condizioni meteorologiche favorevoli». «Per la mia esperienza - conclude Matteo - Questa è senza dubbio la via di ghiaccio più bella del mondo, tanto per la linea dell’itinerario quanto per le incredibili formazioni del ghiaccio su cui ci si trova ad arrampicare».
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La parete Ovest del Torre, con la linea di salita seguita dai Ragni © Archivio Ragni di Lecco