Qual è il futuro delle Dolomiti? Un dialogo a più voci su come affrontare il cambiamento climatico

La tempesta Vaia nel 2018, l’emergenza bostrico, la tragedia della Marmolada, la siccità e le tanto discusse Olimpiadi 2026. Il lavoro di Andrea Zinzani, ricercatore in geografia dell'ambiente all'Università di Bologna e del videomaker Danilo Ortelli s’interroga sui limiti della montagna, sul presente e sulle visioni di futuro dell'ambiente dolomitico.
Una riflessione sulla montagna tra cambiamenti climatici e sostenibilità ambientale, economica e sociale. Un viaggio tra la val di Fassa, la val Gardena, l'alto agordino e l'ampezzano con protagoniste tante voci dell'arco dolomitico - istituzioni e associazioni ambientaliste, fra cui il Club alpino italiano - da cui emergono punti in comune, ma anche differenti prospettive sul futuro dei Monti Pallidi.
«Oggi la geografia ci permette di comprendere la dimensione sociale e politica della natura e dell'ambiente», spiega Andrea Zinzani, ricercatore in geografia dell’ambiente all’Università di Bologna. «Il lavoro di ricerca è iniziato un anno e mezzo fa, con l’intento divulgativo di inserirsi nel dibattito, talvolta conteso e conflittuale, fra visioni diverse sul futuro dell’area dolomitica. Una valutazione in cui pesano, ad esempio, gli impatti delle infrastrutture e degli inverni meno nevosi. Oltre agli effetti del cambiamento climatico, l’analisi “sul campo” tiene conto anche delle progettualità proposte negli ultimi anni».
Le montagne intese come limite etico e ambientale, soprattutto dopo eventi catastrofici quali la tempesta Vaia nel 2018 e la successiva emergenza bostrico, che distrugge silenziosamente ampie aree forestali del Triveneto, passando per la tragedia della Marmolada, per arrivare alle diverse prese di posizione in merito alle Olimpiadi 2026. Un dialogo a più voci con il contributo di Roberta De Zanna (Cortina Bene Comune), Luigi Casanova (Mountain Wilderness), Anselmo Cagnati (Centro Valanghe Arabba), Diego De Battista (Ceo Funivie Arabba), Cesare Lasen (Comitato scientifico Fondazione Dolomiti Unesco), Luigi Alverà (Cai Cortina) e Michele Da Pozzo (direttore Parco naturale Dolomiti d'Ampezzo).
«Sviluppo e tutela sono parametri spesso dimenticati - afferma Luigi Alverà, presidente del Cai di Cortina -, non basta la tutela assoluta ma occorre la capacità di gestire un limitato sviluppo». Uno scenario il cui modello di sviluppo è forse troppo legato al turismo sciistico e a questo proposito per Alverà «non servono ampliamenti di piste e impianti di risalita ma alcune razionalizzazioni per garantire collegamenti al passo coi tempi».