Ninì Pietrasanta, un podcast sulla donna che scalava il cielo

Sono disponibili quattro puntate di “Pointe Ninì”: la prima produzione originale di RaiplaySound, nata in collaborazione con il Club alpino italiano, dedicata al mito dell’alpinismo degli anni ’30. L’intervista all’autrice Francesca Borghetti.
Guardare alto e lontano, con un’inarrestabile voglia di raggiungere le vette più alte e impervie delle montagne. Fu una vera forza della natura, Ortensia Pietrasanta, detta Ninì, classe 1909, nata in Francia e cresciuta a Milano. Una delle protagoniste dell’alpinismo femminile degli anni ‘30. Attratta fin da ragazzina verso l’alta quota, Ninì viveva ogni ascensione con semplicità e spontaneità, quella di una giovane donna che non vuole competere, ma solo essere se stessa. In un’epoca dominata dal culto della personalità e nell’alpinismo, in particolare, dal mito eroico della vetta. Una pioniera della montagna, che raccolse le memorie delle sue imprese alpinistiche nel volume Pellegrina delle Alpi, scritto fra il 1927 e il 1932, e pubblicato nel 1934 dall’editore Vallardi. Ninì è stata anche una pioniera delle riprese di montagna: le scalate compiute con i compagni di cordata e, soprattutto, insieme a Gabriele Boccalatte, che sposò e da cui ebbe un figlio, sono raccontate attraverso fotografie, riprese in 16 mm e passi di diari. Testimonianze uniche dell’approccio all’alpinismo di una donna fuori dal comune, le cui imprese hanno ispirato tanti appassionati della montagna. A raccontarle oggi è un podcast, la prima produzione originale di RaiPlay Sound - in collaborazione con il Club alpino italiano -, che ha realizzato Pointe Ninì. Storie di montagna al femminile. Una serie di quattro episodi ideata e scritta da Francesca Borghetti, con il contributo di Linda Cottino, giornalista e scrittrice, e Anna Torretta, alpinista. La voce di Ninì Pietrasanta è di Valentina Carnelutti, con la regia di Danilo Paoni. Pointe Ninì è disponibile sul portale www.raiplaysound.it e sull’app RaiplaySound.
Sulla vetta dell'Aiguille Noire de Peutérey © Lorenzo Boccalatte
A parlarci di Pointe Ninì è l’ideatrice e autrice Francesca Borghetti, che per l’occasione ci racconta com’è nata l’idea del podcast, riflettendo su come è cambiato, dagli anni Trenta ad oggi, il rapporto fra donne e montagna. Francesca Borghetti con questo podcast torna a parlare di montagna al femminile, dopo aver diretto il film documentario Climbing Iran. Una pellicola dedicata alla scalatrice iraniana Nasim Eshqi che ha vinto il premio del Pubblico all’edizione 2021 del Trento Film Festival e realizzata anche con il supporto del Centro di Cinematografia e Cineteca del Cai. Da dove nasce questa passione per il binomio donne e montagna? «Si tratta di un binomio nato proprio dopo l’incontro con Nasim, una pioniera dell’arrampicata all’aperto in Iran, dove le donne arrampicano su pareti artificiali durante orari stabiliti, solo tra donne. Il racconto della sua storia, grazie a Climbing Iran, ha consolidato in me la necessità di salire la montagna, guardare l'orizzonte, e continuare a raccontare. Una prospettiva da cui sono partita per tornare indietro nel tempo, questa volta in un luogo geograficamente più vicino a me, fino all’incontro con Ninì». Come mai ha scelto proprio la figura di Ninì Pietrasanta?  «Prima di tutto mi aveva molto colpito che una donna, all'inizio degli anni Trenta, non solo andasse in altissima montagna, ma lo facesse con una cinepresa 16 millimetri. Una modalità di vivere le Terre alte che coniugava la voglia di esplorare e quella di raccontare ciò che stava scoprendo. Oltre alle sue “cinematografie”, come amava chiamarle, Ninì ha anche scritto, dal 1927 al 1932, un diario delle sue ascensioni, pubblicato nel 1934 dall’editore Vallardi col titolo Pellegrina delle Alpi. Fondamentale per lei fu l’incontro con Giusto Gervasutti, Renato Chabod e Gabriele Boccalatte. Il 19 luglio del 1932, partendo dal Rifugio Leschaux sul Monte Bianco, questa cordata di alpinisti ascese una vetta che, non trovando tracce di precedenti salitori, venne chiamata Pointe Ninì. Da quel momento Ninì e Boccalatte divennero una fortissima coppia di compagni di cordata e non solo».  Che ruolo ha avuto Ninì Pietrasanta nella storia dell’alpinismo e quali sono le imprese più memorabili della sua carriera?  «Dopo il battesimo su quella che lei chiamava la “montagna madre”, ovvero il Massiccio del Monte Rosa, le prime ascensioni importanti furono, insieme a Boccalatte, sul Monte Bianco. Nel 1936 aprirono una via attraverso il pilone nord-est del Mont Blanc du Tacul, che portò a Ninì e Gabriele l’assegnazione della medaglia d’oro al valore atletico. Memorabile fu anche, l’anno precedente, la conquista della difficilissima cresta sud dell'Aiguille Noire de Peuterey, sempre sul Monte Bianco. Un’impresa raccontata magistralmente nel diario di Gabriele Boccalatte, Piccole e grandi ore alpine e da Ninì per la rivista mensile del Cai». Come ha vissuto il suo essere donna in un mondo prettamente maschile come quello dell’alpinismo dell’epoca?  «Da quello che si legge dal suo memoriale o sulle riviste in cui scriveva, Ninì si è sempre mossa con grande disinvoltura e morigeratezza. Senza che vi fosse nulla di strano o discordante nella sua presenza in un mondo maschile che puntava “eroicamente alla vetta”, come quello dell’alpinismo dell’epoca. Il suo è stato un fondamentale contributo sul lato della parità di genere. Chi frequenta la montagna ben conosce la solidarietà che si sviluppa fra compagni di cordata che condividono il freddo, la fame, la fatica e il rischio. Una forma di responsabilità reciproca che va oltre le convenzioni sociali, anche solo perché, come ama ripetere Nasim Eshqi in Climbing Iran: “Non importa se sei ricco o povero, uomo o donna: la forza di gravità butta giù tutti con la stessa forza».
All'attacco del "Pointe Ninì" © Lorenzo Boccalatte
Poi c’è anche un aspetto che riguarda l’approccio all’alpinismo: esistenziale e personale e non legato al culto eroico dell’epoca. Si può definire una visione quasi rivoluzionaria della materia?  «Su un articolo de Lo Scarpone di quegli anni si legge: “Questa giovane fanciulla è molto lontana dall'idea del fiorellino ovattato e incapace di sostenere fatica”. Da queste parole si capisce come Ninì abbia, in qualche modo, rivoluzionato l'immagine della donna dell'epoca. Lo ha fatto sempre sottovoce, in maniera mai urlata, bensì concreta e con i fatti».  A distanza di più di ottant'anni, cosa è cambiato per le alpiniste?  «Nell'alpinismo italiano di oggi esiste una frontiera di discrepanza di genere, che è quella che riguarda, per esempio, l'accesso alla montagna. Questo ho imparato intervistando, per Pointe Ninì, la giornalista e scrittrice Linda Cottino e la grande alpinista e guida alpina Anna Torretta. Loro mi hanno insegnato, fra l’altro, l’importanza delle cordate femminili per ristabilire e consolidare la forza e la differenza con gli uomini».  Una domanda sullo strumento del racconto, come cambia la modalità di narrazione grazie ai podcast?  «Per me è stata una scoperta. Fa volare con la fantasia l’ascoltatore, che rielabora in maniera del tutto personale ciò che gli viene proposto. Si tratta di una modalità di narrazione molto bella, che interpreto come un’esplorazione. Si inserisce in quella ricerca continua nel raccontare storie nata con Climbing Iran e che penso continuerà sempre in direzione “donne e montagna”».  A questo proposito, che progetti ha per il futuro?  «Mi è piaciuta molto l’esperienza di Pointe Ninì. Credo proseguirò su questa strada: raccontare la montagna e le donne legate alle Terre alte. Magari con un nuovo podcast».
Ninì Pietrasanta
Via Moore (versante est del Monte Bianco) © Lorenzo Boccalatte