Arrivano per primi. Colonizzano terreni denudati da frane o valanghe, ghiaioni ripidi dilavati dalle forti piogge, spazi apparentemente vuoti a seguito di trombe d’aria o altri fortunali.
Abitano rocce, sabbie, aree inospitali per quasi tutti i viventi, si accontentano di poco, di molto poco e migliorano il suolo e l’ambiente. E preparano l’arrivo di altre specie più esigenti, che vogliono suoli più evoluti, che loro trasformano anche con le loro spoglie fatte di foglie, rami e radici.
Sono i pionieri. Sono le prime truppe che, aumentando la complessità organica, preannunciano l’invasione vegetale e ne preparano il successo. Un esempio? Il Pino mugo!
Pini mughi sommersi dalla neve - ©Pietro LacasellaTalvolta su un terreno coltivato per molti anni e poi abbandonato, su un suolo prima coperto da alberi e poi denudato da eventi atmosferici catastrofici, è l’uomo a provvedere a ripiantare il bosco, impiegando le specie più adatte per quell’area. L’obiettivo è creare strutture forestali ricche di biodiversità, più stabili dei boschi formati da una sola specie e più in armonia con la natura. Si può star certi che nel corso degli anni arriveranno spontaneamente altre specie. In pianura e nelle quote più basse saranno più numerose: il Frassino ossifillo, il Melastro, il Ligustrello, il Prugnolo, lo Spincervino, l’Acero campestre, il Tiglio selvatico.
Saranno portate dal vento, che sfrutterà le ali di cui si circonda il seme, come gli aceri, i frassini, i tigli. Saranno sparse con i resti di una lenta digestione dagli uccelli che ne inghiottono i frutti: i semi passeranno nell’intestino e poi saranno liberati da qualche parte. I frutti potranno essere mangiati, quelli del melastro dai roditori, quelli dello spincervino anche dagli orsi o accumulati in qualche anfratto come preziose riserve per l’inverno e poi, forse, dimenticati.
Qua e là si creeranno piccoli e grandi nuclei di rinnovazione naturale.
La biodiversità, che è la regola con la quale il forestale di oggi crea nuovi boschi, grazie alla fantasia della natura aumenterà di anno in anno e costituirà boschi più resistenti alle avversità indotte dal clima, più ricchi di forme e di colori, più ospitali per i selvatici che li andranno a visitare o che li sceglieranno come loro casa.
La nuova foresta sarà meno cupa, più variopinta, più stabile e certamente più bella.