Cosa indicano le abbondanti nevicate degli ultimi due mesi sulle nostre montagne? Per alcuni sono state un’occasione in più per sostenere teorie negazioniste sul cambiamento climatico. Molti, invece, si sono semplicemente domandati perché nevicate abbondanti possano verificarsi nonostante l’innalzamento delle temperature causato dal riscaldamento globale. Claudia Notarnicola, vicedirettrice dell’Istituto per l'osservazione della Terra dell’
Eurac, centro di ricerca privato situato a Bolzano, spiega il fenomeno partendo da una premessa fondamentale: climatologia e meteorologia non sono la stessa cosa.
«Bisogna distinguere» spiega Notarnicola «tra le variazioni interannuali degli apporti di neve al suolo, di cui si occupa la meteorologia, e le variazioni in tempi di osservazione più lunghi, che si basano su dati di almeno 30 anni, di cui si occupa la climatologia. La diminuzione della copertura del manto nevoso e della sua durata sono fenomeni studiati dalla climatologia».
Poca neve e di breve durata
Notarnicola è autrice dello studio
Hotspots of snow cover changes in global mountain regions over 2000–2018, pubblicato su Remote Sensing of Environment a giugno del 2020. La ricercatrice ha analizzato i dati raccolti tra il 2000 e il 2018, esaminando 45 parametri diversi. Così ha riscontrato che nel 78% delle aree montuose mondiali la neve è in calo. Dallo studio è anche emerso come, sopra i 4mila metri, le variazioni del manto nevoso siano sempre di segno negativo.
«Inoltre, dai dati analizzati, è emersa una minore durata dell'innevamento, sia sulle Alpi che su altre catene montuose. Si è osservato sia un ritardo nell’inizio della copertura nevosa, sia, soprattutto, l’anticipo della sua fusione in primavera».
Cambiamenti significativi della durata del manto nevoso sono legati, nel 54% delle aree esaminate, proprio a questi due fenomeni.
Bonifica di un evento valanghivo © Cnsas
I rischi di nevicate spot
Quando si verificano nevicate intense, seguite da un innalzamento delle temperature, aumentano i rischi per chi vive e pratica la montagna. Negli ultimi due mesi diverse persone, ad esempio, hanno perso la vita travolte da valanghe in diverse aree montuose del nostro paese. Anche per la settimana in corso, il Soccorso Alpino e Speleologico
ha invitato alla prudenza i frequentatori della montagna sottolineando come «
con l’imminente arrivo di un anticiclone subtropicale le temperature tenderanno ad alzarsi pressoché ovunque, in particolare al centro e al sud, e questa nuova condizione renderà il manto nevoso particolarmente instabile». Ma anche la fusione anticipata del manto nevoso può provocare ingenti danni.
«Con l’aumento delle temperature a livello globale» spiega Notarnicola, «spesso la fusione della neve coincide con l’arrivo delle piogge primaverili, aumentando il rischio di alluvioni. D’estate, invece, le riserve d’acqua sono ridotte e cresce il rischio siccità».
Sempre più pioggia
Ma cosa ci aspetta dunque per il futuro? Senza un’azione mirata contro il riscaldamento globale, spiega Notarnicola,
«ci si può aspettare un innalzamento della quota neve. Secondo un recente studio condotto da Eurac sull’Alto Adige, Il rapporto sul Clima, la quota neve potrebbe salire anche di 500-700 metri. Prima la neve cadeva su zone più vaste a quote diverse. Ora sotto una certa quota, invece, piove. Nel caso delle montagne l’aumento di temperatura ha un effetto amplificato perché si verifica in un’area limitata con un importante gradiente di altitudine».
Diversi studi indicano che anche se si dovesse iniziare ora ad agire in modo virtuoso, conclude Notarnicola,
«comunque il sistema terra avrà bisogno di tempo per invertire la rotta. Per questo servono azioni immediate sia a livello di politiche globali che di comportamenti individuali».