Nel silenzio del 24 febbraio: Daniele nardi e Tom Ballard, un sogno spezzato

Il 24 febbraio 2019 Daniele Nardi e Tom Ballard scomparvero sul Nanga Parbat durante il loro tentativo di scalata invernale lungo lo Sperone Mummery.
Tom Ballard e Daniele Nardi © Facebook Daniele Nardi

Il 24 febbraio 2019, il mondo dell'alpinismo tratteneva il fiato. Era l’ultimo giorno in cui si ebbero notizie di Daniele Nardi e Tom Ballard, impegnati sul Nanga Parbat in inverno, lungo lo Sperone Mummery. Un sogno, una via diretta alla vetta mai percorsa prima. La loro impresa si concluse tragicamente, ma la storia di Daniele e Tom continua a vivere.

Il Nanga Parbat invernale era il sogno di Daniele Nardi, il ragazzo di pianura che aveva scelto di andare a Ottomila metri. Era un sognatore, Daniele. Nato a Sezze (Latina) il 24 giugno 1976, nel pieno della pianura pontina, quella delle bonifiche, si era innamorato della montagna in modo spontaneo. Da ragazzino aveva scoperto le Dolomiti, in campeggio con la famiglia, vicino casa aveva iniziato ad esplorare il modesto Monte Semprevisa (1536 m). L’altezza non deve trarre in inganno, muoversi su questa montagna dei Lepini alle volte può essere più difficile delle grandi vette alpine. Fu il suo primo terreno di gioco, insieme alla letteratura di montagna e d’avventura, tra tutte quelle che raccontavano di Achille Compagnoni e Lino Lacedelli in cima al K2. Un sogno, nel vero senso della parola, che ha scavato talmente tanto nella mente di Daniele, fino a diventare un obiettivo, da inseguire, da realizzare. 

Dal carattere esuberante e determinato, dal sorriso stampato in faccia fu il primo alpinista nato a sud del Po a scalare Everest e K2, due tra le cime più imponenti del mondo. 

 

L'Himalaya

Nel giro di pochi anni la passione per la montagna porta Daniele verso l’aria rarefatta. Riesce infatti con successo nella scalata di cinque Ottomila, tutti senza bombole di ossigeno: Everest, K2, Cima Middle dello Shisha Pangma, Broad Peak e Nanga Parbat. Nel 2009 tenta l'apertura di una nuova via sulla parete nord dell'Ama Dablam, mentre in Pakistan, con Lorenzo Angelozzi, scalò il Farol West e un picco inviolato che chiamò "Peak of Freedom". Allo stesso modo si mosse anche sulle Alpi, in particolare quelle occidentali dove si impegnò nella ripetizione e nell’apertura di nuovi itinerari.

Poi, un obiettivo più grande di tutto quanto avesse immagino fino a questo momento: la scalata invernale del Nanga Parbat attraverso lo Sperone Mummery. Un obiettivo già visto e tentato, nel 1895, dall’inglese Albert Frederick Mummery, il primo uomo a immaginare di poter scalare un Ottomila. Lungo la stessa via erano poi scesi, nel 1970 i fratelli Messner dopo aver compiuto la prima salita della parete Rupal, la più alta al mondo. 

Daniele Nardi sullo Sperone Mummery, in inverno © Facebook Daniele Nardi

Nardi tentò e ritentò, per anni, sia da solo che legandosi a diversi compagni come Roberto Delle Monache, Élisabeth Revol e Tomasz Mackiewicz affrontando gelo e condizioni estreme lungo una via tecnica e diretta verso la vetta. Nel 2015 poi, dopo un mese trascorso sullo sperone, il basco Alex Txikon gli propose di unirsi a lui e Ali Sadpara in un ultimo tentativo lungo la via Kinshofer, la normale alla montagna. In questa occasione i tre riuscirono a raggiungere i 7800 metri circa prima di dover rinunciare, sia per aver sbagliato il canale di accesso alla vetta, sia per alcuni problemi di salute legati alla quota che hanno minato le capacità di Ali.

Nell’inverno del 2018-2019 Nardi tornò per l’ultima volta su quella montagna che ormai considerava casa. Con lui, l’inglese Tom Ballard, figlio della grande alpinista Alison Hargreaves. La loro spedizione fu una lotta contro il tempo e il clima avverso. Il 22 febbraio, dopo una lunga attesa, approfittarono di una finestra di bel tempo per tentare la salita definitiva.

Il 24 febbraio, giunse l’ultimo contatto. Poi, il silenzio.

Le ricerche furono ostacolate dal maltempo e dalle tensioni geopolitiche tra Pakistan e India. Il 6 marzo, grazie a un teleobiettivo, Alex Txikon individuò due sagome immobili sullo Sperone Mummery. Erano loro. La speranza, coltivata fino all’ultimo, è crollata sotto il peso di quelle foto. Due sagome e una tenda, per sempre sul Nanga Parbat, per sempre sulla montagna che ha coltivato il sogno di Daniele e che si è presa Daniele e Tom nel suo gelido abbraccio lungo la “via perfetta”. E non sono morti per il crollo di un seracco o un travolgimento da valanga, come si era supposto. Erano in un posto sicuro e protetto dalle scariche dei due grossi seracchi che incidono sullo sperone. A dirlo è stato lo stesso Alex Txikon dopo aver raggiunto il campo 1 di Daniele e Tom. Ma ormai il tempo del giudizio era ormai svanito, dissolto come nebbia al primo soffio d’alba. Quella stessa luce che rischiarava, facendola brillare, l’immensa parete Diamir avvolta da un pensiero sospeso, lieve e indelebile, per Daniele e Tom.