Nadir Maguet guarda lontano: "Mi è piaciuto aumentare le distanze"

L'ultrarunner e scialpinista valdostano si racconta dopo il primato sul Translagorai. "In montagna cerco spazi per evadere".
Nadir Maguet sul Translagorai Classic © Gianluca Vanzetta

Nadir Maguet è l'incarnazione dell'atleta polivalente: scialpinista e ultrarunner nel presente, si è iscritto al corso guide alpine perché nel futuro la verticalità potrebbe diventare il suo mestiere a tempo pieno. Non tutti sanno che Il mago è anche uno scalatore più che valido, ma soprattutto è un uomo innamorato della montagna e dei suoi spazi di libertà. Il recente record segnato sul percorso del Translagorai ben sintetizza il suo approccio a sport e natura.

 

Come mai hai scelto il Translagorai?
Sono spesso a Predazzo, la mia ragazza abita qui e nei miei allenamenti ho imparato ad apprezzare l'ambiente del Lagorai. Rispetto a contesti più civilizzati come in val di Fiemme e val di Fassa, ho potuto vivere una montagna davvero selvaggia, meno accessibile e più solitaria. Ogni tanto sento il bisogno di evadere dalla civiltà, dal caos, dal turismo tipico di queste parti. Nel Lagorai ho trovato anche un luogo che mi fa ricordare i sentieri e i posti di casa mia: sono venuto a conoscenza del Translagorai, ho preso confidenza con alcuni dei suoi tratti e a quel punto è nata l'idea di provare a battere il record sul percorso. Si tratta di un sentiero molto battuto anche dai valligiani, tanti di loro si mettono alla prova. C'è chi lo fa in più giorni, chi cerca il tempo.

 

Hai preparato il tentativo nel dettaglio o hai lasciato spazio alle incognite?
Per me si trattava di una distanza abbastanza nuova, di solito corro 40-50 chilometri. Qualche settimana prima, a Nizza, avevo fatto 55 chilometri, ma era una gara da 4 ore e mezza. Qua, oltre alla distanza, anche la morfologia del terreno era diversa. C'era quindi un margine di incertezza, ma in una misura che pensavo di potere gestire in base al mio "mestiere". Immaginavo che sarebbe cambiato qualcosa dal punto di vista del mangiare e del bere, temevo una crisi, ma era più forte la curiosità, la voglia di provare.

 

Al di là del record raggiunto, che tipo di esperienza è stata?
Ci sono stati un paio di momenti in cui mi sono sentito stanco, ma rispetto alle distaze più brevi, nelle quali è tutto sotto controllo, ho sperimentato questa alternanza di up&down dove - una volta che hai superato la crisi- torni a provare una forza nuova, trovi nuova energia. Questa alternanza, questo melange mi ha acceso una lampadina per il futuro. 


Significa che aumenterai le distanze di gara?
Per il momento è qualcosa che voglio vivere a livello personale, ma in futuro credo che si possa portare questa cosa anche in gara.

Nadir in veste di scialpinista per la nazionale © GettyImages


Trovo che nello scialpinismo contemporaneo l'attenzione di media e appassionati si sia spostata molto sulla parte sciistica, piuttosto che su quella alpinistica. Sei d'accordo?
Lo scialpinismo ha mille sfaccettature e per come la vedo io ci sono due macro-differenze: il mondo race nel post-Covid ha avuto un calo, sia come numero di partecipanti che di gare. Fino a una decina di anni fa c'erano molte gare notturne, molte classiche di Coppa Italia. Adesso, senza volere puntare il dito, anche le Olimpiadi hanno portato a gare meno tecniche e quelle individuali in generale si contano sulla punta delle dita di una mano. Ci sono tante staffette, tante sprint, ma se prendi un appassionato - come può essere mio padre- non si muove da casa con la macchina per andare a fare una sprint, desidera fare una bella gara, il percorso conta. Resistono le grandi classiche, le gare storiche e iconiche della Grande Course.


Immagini di coniugare corsa e scialpinismo in qualche nuovo progetto?
Riguardo ai nuovi progetti, mi piacerebbe per esempio fare il Translagorai in invernale, con gli sci, ma ci sono molte incognite legate alle condizioni che puoi trovare, al percorso. Sarebbe un'avventura, più che altro.

Nadir Maguet in gara © M. Torri

Come ti dividerai tra corsa e scialpinismo nel futuro?
Quest'anno sarà un inverno di transizione, sto ancora cercando di capire cosa fare questo inverno. Ho questo "problemino", se così si può dire, che in quattro siamo dovuti uscire dalla nazionale per fare le gare estive, dovrò fare le selezioni per rientrare nel giro. Per me ora si tratta di capire se fare la doppia stagione o usare una in funzione dell'altra. Se punti alla stagione estiva, finisci a ottobre le gare di corsa e la nazionale è già in ghiacciaio. Per contro, a fine aprile ci sono gare di scialpinismo come la Patrouille de Glaciers, ma se decidi di fare quello rimani indietro con la corsa. Non riesci a sfruttare il cento per cento del potenziale né su una, né sull'altra disciplina.

Durante il tentativo di record sul Cervino © archivio Maguet


Quali sono i tuoi luoghi preferiti a casa, in Valle d'Aosta?
Non ho una cima in particolare, se devo dirla tutta, ma sono molto legato a Torgnon. Quando sei nelle fasi down da atleta e le gare non vanno come vuoi, andare a farsi il giro sulle cime di casa dà tanto. Dà una boccata d'ossigeno in più, resetti per davvero.


Quanto sei attirato da arrampicata e alpinismo?
Con l'arrampicata e l'alpinismo ho un rapporto complicato. Mi piace moltissimo la scalata in falesia o su vie lunghe. Mi piacerebbe alzare il mio livello nel climbing ma è inconciliabile con la mia attività. Lo posso praticare per staccare, in parte è anche un modo per allenarsi, ma poi le ore sono quelle. Sicuramente non sono uno da palestra al chiuso, meglio una cascata di ghiaccio. Per l'alpinismo è uguale: avrei tanti progetti, amo gli ambienti di alta montagna, l'idea è quella di indirizzarmi non tanto sulla scalata, magari muovermi su creste, progetti come quelli sul Bernina o sull'Ortles, le Grandes Jorasses, il Cervino. Il sacrificio è scegliere. Il tutto comunque mi ha portato a fare il corso guide, che mi aiuta a coltivare la passione, ma anche a organizzarmi verso qualcosa che in futuro potrà tornarmi utile.