Mummery muore sul Nanga Parbat

Nanga Parbat © Wikimedia Commons

Il 24 agosto 1895 muore sul Nanga Parbat Albert Frederick Mummery. Nato a Dover nel 1855, ha scalato il Cervino nel 1871, a soli quindici anni. Le sue ascensioni sono imprese di importanza storica per le difficoltà superate e soprattutto per la concezione sportiva affiancata all’etica rigorosa, un giusto mix di innovazione e rispetto per la montagna. Per questo equilibrio creativo Mummery è considerato uno dei più grandi alpinisti di sempre, e anche per essere stato uno dei primi “senza guida” della storia. Tra le prime più famose figurano le vertiginose Aiguilles dei Grands Charmoz e del Grépon sul Monte Bianco.

Nel 1879 Mummery conosce la guida vallesana Alexander Burgener. È amore a prima vista. Magro e intellettuale l’uno, burbero e indistruttibile l’altro, dunque diversi e complementari, Mummery e Burgener sanno di essere una cordata quasi imbattibile. Poche montagne possono fermarli. Dopo qualche ascensione di prova scalano la fantastica cresta di Zmutt al Cervino, che divide la parete nord dal versante occidentale, attraversato quasi in vetta dalla galleria Carrel. Finito il tempo delle vie normali delle Alpi, ormai esplorate, ripetute e attrezzate, è cominciata l’epoca delle grandi creste e degli speroni di roccia e ghiaccio. L’anno seguente i due alpinisti rivolgono l’attenzione all’ultima guglia che resti da scalare nelle Alpi occidentali: l’Aiguille du Géant o Dente del Gigante, il canino di granito che svetta superbo sulla cresta dell’Aiguille de Rochefort, sempre nel gruppo del Monte Bianco. All’epoca il Dente è già una leggenda dell’alpinismo, precisamente dal 1871 quando Edward E. Whitwell ha provato a scalarlo con le guide svizzere Christian e Ulrich Lauener. “Impraticabile!” è stato il verdetto. Nel 1876 la guida di Argentière Jean Charlet-Straton ci ha riprovato senza successo da nord, poi qualcuno ha tentato addirittura di scavalcare la guglia con ancoretta, razzo e polvere da sparo per agganciare una corda sulla cresta e salire a forza di braccia.

Nell’estate del 1880 Mummery e Burgener hanno fretta di posare le mani sul Dente e salgono verso l’ignoto alle luci di un’alba di piena estate. Lasciato il ghiacciaio si inerpicano sui pendii inferiori della montagna e raggiungono senza difficoltà la cresta dove il Dente è piantato di sentinella. Il canino svetta concavo e strapiombante, ma i due intuiscono il passaggio diagonale che dal lato sud porta sulla parete occidentale, nell’ombra del mattino. Aggirato lo spigolo e guadagnato un pulpito vertiginoso, Burgener affronta la placca del Dente striata da una ruga di gelo, raschiando mani e piedi sulla pietra; gli scarponi chiodati fanno scintille e le dita sanguinano; infine la guida torna sconfitta sui suoi passi. “Un altro metro e sarei precipitato” dichiara rifiatando. Alla base della placca che li ha respinti abbandonano il bastone di legno, segno estremo del loro passaggio. Mummery, che è un atleta ma anche un pensatore, prende della carta e una punta di matita, scarabocchia qualcosa sul foglio e lo nasconde in una fessura del granito. Così se qualche pretendente si spingerà alla base del Dente leggerà absolutely inaccessible by fair means - assolutamente insuperabile con mezzi onesti”, vale a dire senza chiodi e altri stratagemmi da carpentiere. Firmato Albert Mummery. Cinque parole destinate a entrare nella storia.