Chi lo conosce, sa che lo sguardo di David Aaron Angeli è solito soffermarsi, quasi in contemplazione dell’ambiente circostante, su un pendio, una parte di bosco, o qualche elemento che abbia catturato la sua attenzione. È forse in momenti come questi, che l’artista si immerge nell’osservazione della montagna portando a galla dal profondo delle sue viscere raffigurazioni simboliche che presto trasformerà in opere. L’arte di David Aaron Angeli, artista trentino di origini cilene che vive e lavora a Dimaro, in Val di Sole, è infatti un continuo richiamo a elementi atavici e naturali.
Il cuore della produzione artistica di Angeli ospita principalmente piccole sculture, che si richiamano a forme pure, essenziali, e dalle quali emerge con forza un legame radicato con la natura. A caratterizzare il corpus di opere è l'utilizzo di materiali non convenzionali nel mondo dell’arte contemporanea, e che, anzi, solitamente vengono considerati scarto di altri processi creativi. È questo il caso della cera d’api, alla quale Angeli affida la propria arte.
Offerta © courtesy dell'artistaIl tuo materiale d’elezione è la cera d’api. Perché questa scelta così inusuale?
Di formazione sono orafo, e nel mondo dell'oreficeria la cera è molto presente. Lungo la mia ricerca artistica e scultorea ho sperimentato diversi materiali. Sono partito da quelli più classici, come il legno, ma è nella cera che trovo delle possibilità tecniche che non riscontro altrove. Questo materiale è oggi diventato parte della mia cifra stilistica e nel mondo dell’arte resta qualcosa di inedito.
E quali espressività ricerchi, come ti approcci a essa?
In realtà non sembra, ma la cera è un materiale molto rigido. È fragile e allo stesso tempo mantiene una sua resistenza, una tenacia tecnica del tutto particolare. Quello che ricerco con il mio lavoro sono i contrasti di colori. Di per sé, la cera d’api naturale è sui toni del giallo. Sciogliendola, però, la tingo con degli inchiostri, così da caratterizzarla. Un aspetto affascinante, poi, è sicuramente quello dalla patina biancastra di cui si copre se esposta al freddo. Si potrebbe dire che segua una sorta di stagionalità. Infine, c’è l’aspetto più poetico. La cera rappresenta un materiale primario, un contatto diretto con il mondo naturale più selvaggio. Per me resta un materiale misterioso, che ci viene offerto dalla natura. Anche se la maggior parte delle cere in commercio è sintetica, io ho scelto di lavorare sulla cera naturale d’api. Talvolta, mi fornisco direttamente dagli apicoltori della valle.
Posa con grande maschera e serpente © courtesy dell'artistaSpesso integri le tue opere con delle piume di uccelli, è un semplice motivo decorativo o c’è di più?
Al di là dell’aspetto decorativo, l’intento è quello di richiamarsi all’immaginario delle maschere. Nell’iconografia tradizionale la piuma rappresenta spesso il contatto diretto con la natura divina, dell’uccello che sfugge, che vola. Trovare una piuma e porla sulla maschera la considero un’azione di stupore nei confronti della natura. Inserire questi elementi fa diventare dunque protagonista la natura. Quanto alle piume, poi, beh, le trovo lungo le mie escursioni qui nella valle. Sono degli incontri che non puoi programmare, dei piccoli doni.
I soggetti che rappresenti fanno parte di una simbologia ancestrale. Ti ispiri al contesto naturale in cui vivi?
Sì, li percepisco appunto come doni, quasi delle rivelazioni. A volte è uno scorcio inaspettato, o una piuma tra le foglie, altre volte può essere un albero aggrappato strenuamente alle rocce, con tutta la sua potenza e fragilità, come se fosse lì da sempre. In qualche modo, sono immagini che ti entrano dentro e diventano materiale per l’artista.
Bastone Mano Cervus © courtesy dell'artistaC’è qualche simbologia montana che ricorre nel tuo lavoro, alla quale ti affidi?
Da un po’ di tempo sto lavorando sul tema del contenitore. La coppa, la mano, sono simboli che rappresentano la raccolta ma anche l’offerta. Come esseri umani, per poter godere dei doni che troviamo in natura abbiamo creato dei contenitori. Cose semplici che ci sono da sempre. È una di quelle tematiche insite in noi e che sono parte della condizione umana nel suo rapporto con la natura.
Com’è fare arte contemporanea in una valle montana?
È sempre una sfida. Tuttavia, grazie anche ad alcune gallerie trentine, sono riuscito a crescere fuori regione, esponendo persino in Cina. Quello che serve è più respiro, una spinta verso l’esterno. Qui in valle c’è una sorta di roccaforte di artisti tradizionali e a volte non c’è molto scambio. Le stesse istituzioni non puntano spesso su questo aspetto e non sembrano avere molto interesse.
Europa © courtesy dell'artistaIn definitiva, quale legame trovi tra montagna e arte contemporanea?
Come l’arte e la scultura, la montagna si mostra attraverso visioni poetiche ma può essere anche molto tecnica. Se vai in montagna devi anche essere preparato, dedicarci tempo e te stesso, attraverso la fatica. Allo stesso modo, in scultura, il risultato può essere molto bello ma la lavorazione è molto tecnica, serve tenacia e pazienza, non si può improvvisare. Quando lavoro, infatti, sono lento, e la lentezza mi viene dall’esperienza maturata in montagna. Quando esco per un’escursione solitamente mi dedico alle grandi traversate. Spesso partendo a piedi da casa, in fondo alla valle, per oltrepassare crinali e ripidi pendii. Come artista poi sono contento del luogo in cui vivo, mi aiuta a trovare le giuste energie. Personalmente, ho bisogno di immergermi completamente. La montagna, con i suoi silenzi, offre concentrazione e aiuta a riflettere. Anche se sai dove vai e conosci il percorso, resta comunque sempre una scoperta. E questo mi piace molto.
David Aaron Angeli