Un llarg passeig, 2024 © Guim TioPerfettamente riconoscibili, le opere pittoriche dell’artista catalano Guim Tió si caratterizzano per i colori tenui stesi sulla tela in ampie campiture, all’interno delle quali minute figure umane sembrano perdersi. È il paesaggio, infatti, il vero soggetto nei quadri di Tió. In particolare, uno spazio d’eccezione è riservato dall’artista alle ambientazioni montane. La montagna, nelle opere del giovane pittore di Barcellona, è una presenza costante che, tenendo traccia delle sue esperienze biografiche, accompagna lo spettatore in una molteplicità di viaggi.
Se inizialmente si concentra molto su progetti artistici che mettono al centro l’essere umano e la sua condizione all’interno della società, negli anni Tió abbandona gradualmente la figura umana, che pur aveva saputo rendere in modo iconico cancellandone i volti, per ampliare l’orizzonte e concentrarsi sui paesaggi. È così che le montagne catalane e quelle che hanno attirato l’attenzione del suo sguardo nomade, diventano soggetto e veicolo per trasmettere significato. Tra queste, anche le montagne italiane dell’Appennino toscano e di quello campano.
Parella, 2022 © GuimTioUn elemento molto presente nei tuoi dipinti è il paesaggio. Cosa rappresenta per te?
Dipende da quadro a quadro. Quello che mi interessa è il paesaggio come campo di colore. Per questo, ho viaggiato molto alla ricerca di paesaggi diversi. Un’esperienza che mi porto dentro è sicuramente quella in Islanda e sulle isole Svalbard, un tipo di situazione molto diversa da quelle a cui si è generalmente abituati. Quello delle Svalbard, ad esempio, è un paesaggio poco abitabile, e onestamente faccio ancora fatica a capire come la gente possa viverci, però mi interessa molto provare con la mia pittura a cogliere il bianco della neve quando si unisce con quello del cielo. Ci sono situazioni dove il paesaggio vibra ed è molto di più di sé stesso, dove la terra è viva, pulsante.
Nelle tue opere si ripete spesso anche il tema della montagna, come mai?
Ad andare in montagna ho iniziato presto, da ragazzino. Al tempo facevo parte di un gruppo escursionistico locale e ogni fine settimana salivamo in montagna, spesso qui nei dintorni della Cordigliera prelitoranea e sul Montserrat. Mi è sempre piaciuto molto per il fatto di essere una dimensione a sé stante. Oggi, nei miei dipinti, lavoro molto con il ricordo, con la memoria, e la montagna ne è una parte importante. Vengo infatti da un paesino situato a metà tra il mare e la montagna, ai piedi dei Pirenei. È un paesaggio arido e brullo, dove ci sono campi e poco altro. Quello che interessa a me, però, è tornare alle sensazioni dell’infanzia. In parte, forse, si tratta anche di una tradizione. Già grandi artisti, come ad esempio Picasso e Concha Ibáñez, hanno lavorato nella zona e ritratto questi profili montuosi.
Che tipo di simbolo è la montagna?
Rappresenta lo sconosciuto, l’incognito, ed è imponente, molto imponente. Anche se conosco molto bene la montagna, posso ugualmente apprezzarne il lato misterioso. Per me rappresenta la disconnessione e contemporaneamente la riconnessione con sé stessi. Certo, la si può anche leggere come qualcosa di discontinuo, che interrompe e si pone in mezzo, così da non lasciare spazio alla vista, ma significherebbe minimizzare. Si tratta piuttosto di un ignoto metaforico, di pura simbologia. Al contrario, quando si fa un trekking c’è molto silenzio, si sente una connessione con la natura che non può essere conosciuta a una persona abituata alla città. Al tempo stesso, nelle escursioni è centrale la ritualità, e la montagna ne è impregnata. Tra i riti che la popolano, solo per citarne alcuni, c’è quello di salire fino alla cima e guardare giù, per vedere come vede una montagna; un po’ come raccontato ne Le otto montagne di Paolo Cognetti. Ci sono, poi, gli ometti di sassi realizzati per segnare il sentiero, che qui in Spagna si chiamiamo fitas, o ancora le croci di vetta, e persino i libri di vetta, dove ognuno può lasciare qualcosa di scritto. Tutti rituali, questi, che ti avvicinano a sentirti in profonda sintonia con la natura.
© GuimTioC’è un paesaggio che ha influito maggiormente nella realizzazione dei tuoi quadri?
Ogni paesaggio ha influito a modo suo nelle mie opere. In Messico, ad esempio, durante un periodo passato a Ciudad Juárez, facevo spesso delle escursioni nel deserto. Ecco, quel paesaggio è stato fondamentale perché mi ha dato il la per dipingere molti altri paesaggi. Al tempo stesso, ho un ricordo molto vivido della mia infanzia tra le montagne della Cordigliera e penso che la mia arte sia improntata alla continua ricerca del ricreare quelle sensazioni, di quando, ad esempio, passavamo le estati andando per rifugi.
Perché scegliere la pittura come mezzo comunicativo oggi?
È molto tempo che dipingo. I miei nonni dipingevano e mio padre era fotografo. C’è un che di rituale anche nel dipingere. Mi piace l’odore dell'acqua ragia, dell’olio di lino, dello studio. La pittura, poi, è molto solitaria. Quando passo un po’ di tempo senza dipingere, ecco che mi manca. Potrei forse cambiare medium espressivo, però, ecco, la pittura resta per me qualcosa di magico, mi incanta. Altre arti, come nel caso della musica, sono più immediate, viscerali. Dal canto suo, la pittura condivide lo stesso destino della poesia. Essa, infatti, richiede allo spettatore uno sforzo in più, che con la musica non è richiesto. Uno sforzo di interpretazione, la formazione di un pensiero, di una propria riflessione. A mio avviso, questa è una società che vive in costante stress, dove il tempo è una risorsa sempre più rara. Siamo continuamente bombardati da immagini e informazioni ed è sempre più difficile trovare persone disposte a prendersi il tempo per riflettere.
Si dice che soffri come di una sindrome di Stendhal davanti al paesaggio. È proprio così?
Dappertutto ci sono paesaggi che sono travolgenti. In Irlanda, ad esempio, le coste dell'oceano trasmettono una sensazione di immensità. La stessa che si può provare guardando un cielo stellato d’estate. Capita, a volte, che anche la pittura mi dia lo stesso effetto. Proprio ora sto lavorando a un dipinto ispirato dal Vesuvio e dalla zona attorno a Pompei. In Italia, ho trovato tanti paesaggi che mi emozionano. L’Appennino toscano, tra tutti, mi ha colpito molto, tuttavia, è stato il Vesuvio a lasciarmi un segno profondo. C’è, in quella montagna di lava rappresa, qualcosa che mi fa girare la testa.
Nosaltres 2024 © Guim TioNelle tue opere le figure umane sono sempre piccole o senza volto, come mai?
Molte volte lo si è imputato a un approccio romantico come quello di Caspar David Friedrich, dove l’essere umano si perde di fronte alla vastità della natura. Penso però che non sia da interpretarsi proprio così. Come esseri umani infatti ci angosciamo per cose molto meno rilevanti della natura. Diciamo che inserire nella composizione l’essere umano contribuisce a enfatizzare la scena, a creare un contrappunto che valorizza il paesaggio.
Qual è il ruolo dell’essere umano nel relazionarsi con la natura?
Sopra tutte le cose, mi ha sempre interessato la condizione umana. Così ho iniziato il mio percorso con un progetto incentrato sulle persone. Tuttavia, dopo un po’ che dipingevo corpi, me ne sono allontanato. È qui che è entrato in gioco il paesaggio come soggetto artistico. Il pubblico, così come la critica, vedono tante cose diverse nei miei quadri. Si può dire che ci sia un po’ di tutto, e anche se non dipingo più solo persone, la condizione umana è ancora presente. Il paesaggio nelle mie opere diventa quindi veicolo per molte emozioni e altrettanti significati; tutto può essere riassunto in un paesaggio. Sulla relazione tra uomo e natura, in particolare la montagna, mi piace ricordare il mito di Sisifo, che trovo esemplificativo, tanto che l’ho preso come spunto per il mio quadro La bajada de los esquiadores. Una volta mi sono imbattuto nella domanda che si poneva uno scrittore, il quale si chiedeva se Sisifo, nonostante tutta l’agonia e la fatica nell’affrontare la salita, almeno nell’atto di scendere la montagna, una volta sollevato dal peso, avesse gioito gustandosi la discesa.
Ja veig el cim 2024 © Guim Tio