Montagna invernale e sicurezza: l’essenziale nello zaino non si compra

Ramponi, piccozza e il kit artva, sonda e pala sono fondamentali per la sicurezza in montagna, ma da soli non bastano. C'è un accessorio che non si acquista in negozio, ma che può fare la differenza tra un'escursione sicura e una tragedia.
Gran Sasso d'Italia, arrivo sulla cima del monte Camicia © Vincenzo Brancadoro

 

Proviamo a tornare indietro con la mente di qualche decennio: è il 1988 quando in Italia viene introdotto l’obbligo di utilizzare le cinture di sicurezza per i passeggeri dei sedili anteriori. Chi non ricorda le t-shirt con la cintura stampata o, con l’avanzare della tecnologia, i vari dispositivi per disattivare il fastidioso beep che ci ricorda di allacciarle? Ma quel beep è come una voce della coscienza: se potesse parlare, ci direbbe "Non è per evitare una multa, è per salvarti la vita in caso di incidente." 

E lo stesso discorso vale per l’attrezzatura da montagna. A volte è costosa, e scegliere qualcosa di più economico può dare un’illusoria sensazione di sicurezza, fino a quando non è troppo tardi per tornare indietro. Pensiamo ai ramponcini: nati per passeggiate su neve compatta e tracciati pianeggianti, dove le ciaspole non servono e i ramponi potrebbero risultare eccessivi. Eppure, non è raro leggere nei comunicati del Soccorso Alpino di escursionisti recuperati, talvolta senza vita, dopo essere scivolati su pendii ripidi. Molti di loro avevano ai piedi i ramponcini, che non hanno fornito il grip necessario perché, semplicemente, non sono progettati per quel tipo di terreno. I ramponi, in questi casi, non saranno obbligatori come le cinture di sicurezza, ma possono fare la differenza tra un’escursione riuscita e una tragedia. 

Serve davvero una legge che obblighi gli escursionisti a dotarsi di piccozza e ramponi in certe condizioni? O una forza di polizia che controlli il possesso di ARTVA, pala e sonda in caso di rischio valanghe? 

Anche questi strumenti sono costosi e non offrono garanzie assolute di salvezza. La verità è che, quando si prepara lo zaino per un’uscita in montagna, il primo accessorio da mettere è il buon senso. È lui che ci guida a valutare le condizioni di innevamento, a consultare i bollettini di AINEVA o MeteoMont, a studiare il percorso e le sue insidie. Ma il buon senso ci ricorda anche che non basta spendere centinaia di euro per il miglior ARTVA se poi non dedichiamo tempo a imparare a usarlo correttamente. 

L’ARTVA non è un navigatore satellitare: non ti dice come sondare, scavare o condurre una ricerca. Sono proprio queste competenze che possono salvare la vita di un compagno sepolto da una valanga. E dovremmo essere i primi a pretendere che chi esce con noi sia preparato, perché un giorno potremmo essere noi quelli sotto la neve, con pochi minuti a separarci da un tragico epilogo.

Infine, non da ultimo, pensiamo anche a chi corre per salvarci la vita: non sentiamoci in colpa, ma allo stesso tempo evitiamo di cacciarci nei guai gratuitamente. 

Quando si organizza una gita in montagna, l’obiettivo finale non è il tramonto, l’alba, il panorama spettacolare, il record personale o l’adrenalina. L’obiettivo, sempre, è tornare a casa sani e salvi.