Proviamo a tornare indietro con la mente di qualche decennio: è il 1988 quando in Italia viene introdotto l’obbligo di utilizzare le cinture di sicurezza per i passeggeri dei sedili anteriori. Chi non ricorda le t-shirt con la cintura stampata o, con l’avanzare della tecnologia, i vari dispositivi per disattivare il fastidioso beep che ci ricorda di allacciarle? Ma quel beep è come una voce della coscienza: se potesse parlare, ci direbbe "Non è per evitare una multa, è per salvarti la vita in caso di incidente."
E lo stesso discorso vale per l’attrezzatura da montagna. A volte è costosa, e scegliere qualcosa di più economico può dare un’illusoria sensazione di sicurezza, fino a quando non è troppo tardi per tornare indietro. Pensiamo ai ramponcini: nati per passeggiate su neve compatta e tracciati pianeggianti, dove le ciaspole non servono e i ramponi potrebbero risultare eccessivi. Eppure, non è raro leggere nei comunicati del Soccorso Alpino di escursionisti recuperati, talvolta senza vita, dopo essere scivolati su pendii ripidi. Molti di loro avevano ai piedi i ramponcini, che non hanno fornito il grip necessario perché, semplicemente, non sono progettati per quel tipo di terreno. I ramponi, in questi casi, non saranno obbligatori come le cinture di sicurezza, ma possono fare la differenza tra un’escursione riuscita e una tragedia.
Serve davvero una legge che obblighi gli escursionisti a dotarsi di piccozza e ramponi in certe condizioni? O una forza di polizia che controlli il possesso di ARTVA, pala e sonda in caso di rischio valanghe?
Anche questi strumenti sono costosi e non offrono garanzie assolute di salvezza. La verità è che, quando si prepara lo zaino per un’uscita in montagna, il primo accessorio da mettere è il buon senso. È lui che ci guida a valutare le condizioni di innevamento, a consultare i bollettini di AINEVA o MeteoMont, a studiare il percorso e le sue insidie. Ma il buon senso ci ricorda anche che non basta spendere centinaia di euro per il miglior ARTVA se poi non dedichiamo tempo a imparare a usarlo correttamente.
L’ARTVA non è un navigatore satellitare: non ti dice come sondare, scavare o condurre una ricerca. Sono proprio queste competenze che possono salvare la vita di un compagno sepolto da una valanga. E dovremmo essere i primi a pretendere che chi esce con noi sia preparato, perché un giorno potremmo essere noi quelli sotto la neve, con pochi minuti a separarci da un tragico epilogo.
Infine, non da ultimo, pensiamo anche a chi corre per salvarci la vita: non sentiamoci in colpa, ma allo stesso tempo evitiamo di cacciarci nei guai gratuitamente.
Quando si organizza una gita in montagna, l’obiettivo finale non è il tramonto, l’alba, il panorama spettacolare, il record personale o l’adrenalina. L’obiettivo, sempre, è tornare a casa sani e salvi.