Il Mont Aiguille © Wikimedia CommonsAnche se è ridicolo confrontare il viaggio di Cristoforo Colombo con l’assedio di un manipolo di guerrieri a una torre di roccia militarmente inutile e geograficamente trascurabile, ci sono precise relazioni tra la scoperta del Nuovo continente e la scalata del Mont Aiguille o Mont Inaccessible. L’anno, innanzitutto: il 1492. Poi lo sponsor, o il non sponsor. Se il re di Francia Carlo VIII rifiutò di finanziare la spedizione per mare di Colombo alla ricerca di una nuova via per le Indie perché probabilmente la riteneva irrealizzabile o non abbastanza conveniente per la politica del regno, lo stesso re Carlo ordinò a un sottoposto di attaccare la fortezza di calcare del Vercors e di espugnarla con ogni mezzo. Non si sa perché il Mont Inaccessible abbia acceso la regale immaginazione di Carlo VIII, ma i documenti certificano che in un giorno di novembre del 1490, mentre cavalca con la sua corte sulla strada per Notre-Dame d’Embrun, re Carlo guarda il Mont Aiguille e vuole la sua America.
La strategia
Preso da smania di conquista incarica un fedele ufficiale, il nobile Antoine de Ville, che esperto di assalti ai castelli e alle fortificazioni esamina la roccia come una fortezza nemica e recluta per l’assalto un manipolo “d’uomini d’arme e di chiesa”, e soprattutto “gente del mestiere”: tagliatori di pietre, carpentieri, addetti alle scale, specialisti in assedi alle roccaforti. Fanno parte del drappello il predicatore apostolico Sébastien de Carrecte, un certo Reynaud escalleur-scalatore del re, Cathelin Servet, maestro tagliatore di pietra di Santa Croce di Montélimar, Pierre Arnaud, maestro carpentiere di Montélimar, l’aiutante Guillaume Sauvage, Jean Lobret di Die e François de Bosco, cappellano.
Girando intorno alla montagna individuano il versante più abbordabile, la parete nord ovest, che presenta tratti verticali da addomesticare con ferro e scale. In termini alpinistici l’itinerario presenterebbe passaggi di terzo e quarto grado, ma gli uomini del capitano non sono alpinisti, bensì attrezzisti e funamboli. Il sole raggiunge la parete soltanto nel pomeriggio, ma pazienza. Non si sa quasi nulla delle tecniche usate per la scalata, ma intuiamo che assomigliò alla presa di un maniero: avvicinamento degli uomini con le attrezzature, presa di possesso del terreno, campo base, campo avanzato, missioni esplorative, trasporto di pertiche e scale, posizionamento delle impalcature, lancio di ganci e ancorette, posizionamento delle corde, e poi fittoni, carrucole, nodi, sudore e olio di gomito… I conquistatori giungono in vetta il 26 giugno 1492 e trovano un prato quasi pianeggiante “che richiederebbe circa quaranta uomini per la falciatura”.
Il peggio viene dopo, per certificare l’impresa. Poiché serve l’autenticazione ufficiale del parlamento del Delfinato, il manipolo dei conquistatori occupa la cima aspettando un messo, una missiva, un segno di attenzione. De Ville scrive accorato a Grenoble: “Signor Presidente, mi raccomando a voi con tutto il cuore. Quando lasciai il re, egli m’incaricò di tentare la scalata della montagna che si diceva inaccessibile. Con ingegnosi apparati feci trovare la maniera di salirvi, a Dio piacendo. Ora mi trovo quassù da tre giorni e più di dieci altri uomini sono con me... Non me ne andrò fin quando non avrò ricevuto la vostra risposta, affinché, se lo vorrete, possiate inviare qualcuno a vedere che siamo riusciti. Vi avviso che troverete pochi uomini che quando ci vedranno quassù, e quando vedranno il passaggio che abbiamo superato, osino venire a raggiungerci, perché è il più orribile e spaventoso passo che io abbia mai visto”.
Quando l’inviato parlamentare arriva sotto il Mont Aiguille si spaventa a morte e si accontenta di redigere un verbale dal piede della parete prima di scappare. Per fortuna ha adocchiato i salitori del monte sulla cima, ha sentito le loro grida, e questo basta per autenticare la scalata. I conquistatori possono scendere, finalmente. La strategia ha vinto.