Le carote di ghiaccio estratte sul Colle del Lys © CnrDieci giorni di lavoro a 4.155 metri di quota per estrarre due carote di ghiaccio di 105,89 e 106,4 metri. Si è conclusa con successo la spedizione sul Monte Rosa per estrarre due campioni dal ghiacciaio del Colle del Lys: uno sarà analizzato nei laboratori dell'Università Ca' Foscari di Venezia, mentre l'altro è destinato alla “banca dei ghiacci” che la Fondazione Ice Memory realizzerà in Antartide, presso la base italo-francese di Concordia, dove le future generazioni potranno studiare la memoria climatica e ambientale del Monte Rosa anche dopo che il ghiacciaio sarà estinto a causa del cambiamento climatico.
«I ghiacciai alpini sono a rischio estinzione - afferma Carlo Barbante, paleoclimatologo, direttore del Cnr-Isp, professore alla Ca' Foscari e vicepresidente della Ice Memory Foundation -, e ne siamo consapevoli. Vogliamo recuperare e preservare, per le future generazioni di scienziati, questi straordinari archivi del clima del nostro pianeta, prima che tutte le informazioni che contengono vadano perdute».
Il successo della missione completa uno sforzo logistico e scientifico iniziato nel 2021 con l'estrazione di altre due carote di ghiaccio dal ghiacciaio Colle Gnifetti, sempre sul Monte Rosa, in grado di raccontare 10.000 anni di storia. Quella sul Colle del Lys è stata finanziata dal Ministero università e ricerca (Mur) e dalla Fondazione Ice Memory. L'omonimo progetto, riconosciuto dall'Unesco e coordinato dalla Fondazione, è frutto di una collaborazione internazionale tra sette enti di Francia, Svizzera e Italia, tra cui l'Università Ca' Foscari, appunto, e il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr). Il coordinamento è stato affidato all'Istituto di scienze polari (Isp) del Cnr, in collaborazione con un'equipe di altissimo livello comporta dall'ateneo veneziano, l'Istituto di fisiologia clinica del Cnr, l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), la Regione Valle d'Aosta e il Comune di Gressoney-La-Trinité. DI fondamentale importanza il supporto logistico e operativo di Fondazione Montagna Sicura, Forte di Bard e delle stazioni di Soccorso alpino della Guardia di finanza di Alagna e Cervinia.
I ricercatori protagonisti della missione © CnrLa missione è stata condotta in un campo remoto appositamente allestito, con temperature che sono arrivate anche 10 gradi sotto lo zero. Offrendo, anche, una preziosa opportunità di ricerca sui parametri fisiologici del personale impegnato in quota. Il team di ricerca, composto da nove scienziati di Cnr-Isp e Università Ca' Foscari di Venezia, ha raggiunto il punto scelto per la perforazione il 9 ottobre. Lì è stato allestito il sistema di carotaggio, con il lavoro che ha richiesto un'intensa settimana di lavoro.
«La perforazione è andata molto bene - afferma Jacopo Gabrieli, glaciologo del Cnr-Isp e coordinatore della spedizione -. Siamo riusciti a lavorare velocemente e a estrarre due carote di ghiaccio fino al cosiddetto bedrock, la superficie rocciosa che si trova sotto il ghiacciaio. Le maggiori difficoltà hanno riguardato i primi 10 metri del carotaggio, nello strato di transizione tra neve e ghiaccio, detto firn». Difficoltà dovute al ritrovamento di acqua allo stato liquido che si è infiltrata nei primi strati, rendendo più difficile operare con il carotiere. Ma che è stata un elemento utile alla ricerca: «Ci porta a dire - spiega Gabrieli - che anche a queste quote i cambiamenti climatici agiscono pesantemente sulla fusione dei nostri ghiacciai».