Maurice HerzogMaurice Herzog è diventato un’icona mondiale dell'alpinismo per il suo ruolo da protagonista nell’epica ascensione dell'Annapurna nel 1950, la prima vetta di 8000 metri mai scalata. La sua immagine, con le mani devastate dal congelamento dopo la drammatica ascensione, è divenuta simbolo di quell'epoca. Fu lui a guidare la spedizione che regalò alla Francia un primato storico, carico di implicazioni sociali e politiche nel contesto post-bellico e del rilancio della “grandeur” transalpina.
Nato nel 1919 a Lione in una famiglia benestante, Herzog si avvicinò presto alla montagna, trascorrendo le vacanze nello chalet di famiglia a Chamonix, ma è sui massi di gres di Fontainebleau, la storica palestra degli scalatori parigini, che mosse i suoi primi passi in arrampicata.
Durante la Seconda guerra mondiale, si unì alla resistenza francese, comandando una brigata impegnata nelle azioni militari sulle Alpi e, dopo la guerra, si inserì nell'ambiente alpinistico transalpino, dove presto, grazie anche alle indiscusse capacità diplomatiche e relazionali, divenne una figura di rilievo, sebbene non fosse certo il più talentuoso scalatore della sua generazione.
Fu soprattutto con il supporto e la fiducia dell’allora presidente del Club Alpino Francese Lucien Devies che Herzog venne scelto per guidare la spedizione francese in Himalaya. Della squadra alpinistica facevano parte anche quattro fuoriclasse di quegli anni: Louis Lachenal, Gaston Rébuffat, Lionel Terray e Jean Couzy, oltre al giovane Marcel Schatz e a Marcel Ichac, nel doppio ruolo di scalatore e cineoperatore.
Maurice Herzog sulla vetta dell'AnnapurnaLa spedizione francese in Himalaya
Il team partì con un doppio permesso per il Dhaulagiri e l’Annapurna. Dopo i tentativi falliti sul Dhaulagiri, Herzog convinse i compagni a prendere di mira il versante nord dell’Annapurna, riuscendo infine a raggiungere la vetta il 3 giugno del 1950. Sulla cima arrivarono lo stesso Herzog e Lachenal, dopo una sfiancante salita senza l’uso di ossigeno supplementare. I due pagarono un prezzo altissimo per il successo: congelamenti gravi portarono all'amputazione di tutte le dita dei piedi di Lachenal, mentre Herzog perderà anche quelle delle mani.
Herzog trasformò subito il successo alpinistico in una carriera politica e imprenditoriale. Il suo libro Annapurna, premier 8000 divenne un bestseller mondiale, consolidando la sua fama. Fu presidente del Club Alpino Francese e del Groupe de Haute Montagne, poi Segretario di Stato per lo Sport, sindaco di Chamonix e membro del Comitato Olimpico Internazionale. Inoltre, ricoprì ruoli di vertice in importanti aziende.
Le ombre sulla figura di Herzog
Gli anni Novanta videro però emergere nuove verità sull’epopea dell’Annapurna, che misero in discussione la leggenda dell’eroe Herzog. La riedizione delle memorie di Lachenal e la nuova biografia di Rébuffat evidenziarono infatti l’atteggiamento critico degli stessi compagni verso il loro capo spedizione e la sua ossessione per il raggiungimento della cima, senza troppi scrupoli per la propria vita e quella degli altri. Un altro duro colpo arrivò nel 2012, con l’uscita del libro Un héros, scritto dalla figlia di Herzog, Félicité, che lo descrisse come un manipolatore, perennemente assetato di successo e potere. Negli anni successivi seguirono anche le polemiche relative all’autenticità delle immagini scattate sulla cima dell’Annapurna, che secondo alcuni mettevano in dubbio il successo dell’impresa.
Nonostante tutte le ombre addensatesi sulla sua figura, Herzog morì nel 2012 a 93 anni, ricordato e riconosciuto unanimemente come una delle personalità più influenti e significative della storia dell’alpinismo.