È arrivata finalmente la foto di Mario Vielmo, in piedi sullo Shisha Pangma, il suo 14esimo Ottomila.
La sua avventura è iniziata il 15 settembre, tra una bufera di neve e temperature glaciali fino a -20 gradi che hanno caratterizzato il campo base per tutta la spedizione. Il 9 ottobre poi, alle 9:40 locali, Mario ha raggiunto il punto più alto. “È stata durissima, faceva un freddo cane” ha raccontato. “Ho resistito, salendo lentamente senza bombole di ossigeno, sono arrivato lì, in cima, mentre l’alba illuminava il panorama. Ho vissuto il momento perfetto”.
Con sé ha voluto portare la bandiera olimpica, ricevuta dal presidente della Regione Veneto Luca Zaia. Un gesto simile a quello compiuto nel 2006, quando portò la fiaccola dei Giochi invernali di Torino al Makalu (8485 m), dopo averla fatta benedire in persona dal Dalai Lama a Dharamsala in India.
Vielmo e lo Shisha Pangma
Mario Vielmo aveva già scalato la cima centrale (8008 m) dello Shisha Pangma nel 2004, assieme alla giovane Cristina Castagna. Ma su questa montagna sarebbe tornato altre due volte, con l’obiettivo di scalare la cima principale (8126 m): nel 2018, quando abbandona dopo la scomparsa sulla montagna dell’alpinista bulgaro Boyan Petrov; e nel 2023, quando due alpiniste americane e i loro sherpa sono tragicamente periti in un incidente di valanga.
La violazione delle regole cinesi
Come più volte evidenziato le nuove regole imposte dalla China Mountaineering Association per le scalate sulle montagne tibetane al di sopra dei settemila metri di altezza, avrebbero fatto storcere il naso a molti alpinisti. Uno di questi è stato certamente Mario Vielmo, che ha scelto di infrangere la regola. Per Vielmo infatti l’alpinismo ha senso solo se si respira l’aria sottile, che dalle sue parole “ti riempie il cuore e ti libera la mente”. Per questo ha ignorato la regola dell’ossigeno, per rimanere fedele a sé stesso.