La marcia del Cansiglio ai tempi del Covid

L'iniziativa di quest'anno si è svolta solo in forma statica. I manifestanti si sono ritrovati nel parcheggio dell’ex albergo San Marco
Un centinaio di persone con manifesti e striscioni per difendere l’integrità del Pian del Cansiglio. L’altopiano delle prealpi bellunesi è oggetto di una protesta e di una campagna di sensibilizzazione che vanno avanti dal 1987, anno della nascita del comitato per il Parco del Cansiglio. A causa dell'aggravarsi della pandemia di Covid - 19, la marcia di quest’anno si è svolta solo in forma statica e senza l’escursione. Domenica 8 novembre, i manifestanti si sono ritrovati nel parcheggio dell’ex albergo San Marco e si sono fatti immortalare con lo striscione “il Cansiglio non è in vendita”. Tra i promotori dell'iniziativa il Cai, Cai Tam, Legambiente, Mountain Wilderness, Lac, Lipu, Salviamo il Paesaggio ed Ecoistituto del Veneto Alex Langer.

Gli effetti della privatizzazione

La protesta prende forma nel lontano 1987, quando iniziano i lavori per il primo impanto sciistico: l'obiettivo era quello di collegare il versante friulano a quello veneto, ancora incontaminato. Con l'obiettivo di attirare l’attenzione sul progetto, nasce il comitato per la difesa dell’area. In seguito il comitato da vita a una marcia di circa 2mila persone, voluta e sostenuta da tutte le principali associazioni ambientaliste del nostro Paese: dal Cai al Wwf. Da quel momento nasce un movimento che vive ancora.

 Oggi, il rischio sono gli effetti della privatizzazione di alcune aree della foresta. Dopo lo stop alla costruzione degli impianti sciistici, negli anni il movimento è riuscito a far abbattere i ruderi di due caserme e per quanto riguarda il rudere dell’ex albergo San Marco, la battaglia è per il riutilizzo dell’edificio. «Avevamo trovato un investitore di Padova che lo voleva in concessione dalla Regione, in cambio della ristrutturazione, per oltre 3 milioni di euro», ha raccontato Toio De Savorgnani, uno dei leader del comitato,  «Non sappiamo perchè, ma la Regione ha preferito porlo in alienazione per 500 mila euro e di anno in anno il San Marco è sempre più un rudere», spiega De Savorgnan al Corriere delle Alpi.