Luca Ducoli: un "fabbro" nel CAI Eagle Team. "Con il taglio laser faccio chiodi e spit"

L'alpinista lombardo, parte del CAI Eagle Team, partirà a breve per la spedizione in Patagonia. Si sta preparando senza tralasciare il lavoro. "Non è facile trovare il tempo, ma in estate mi sono dato da fare sul Monte Bianco".
Luca Ducoli a Yosemite

Si può preparare una spedizione in molti modi: con un training specifico, con un allenamento più generalista o, come spesso accade, incastrando gli impegni di lavoro con il tempo prezioso ritagliato per la propria passione. Luca Ducoli è in procinto di partecipare alla spedizione del CAI Eagle Team in Patagonia, ma nel frattempo continua la sua attività di fabbro con grande dedizione, anche perché a breve dovrà assentarsi per un lungo periodo. “In questi giorni ho scalato in falesia con Leo [Gheza, ndr] alla Grotta del castel, ci sono molti tiri strapiombanti su canne, ma non sono dietro a niente in particolare, sto lavorando tanto”.


Produci anche materiale per arrampicare? In passato diversi alpinisti si sono fabbricati chiodi e quant'altro.

Sì, qualcosa faccio, ho il taglio laser. Riesco a fare gli spit uguali a quelli che si comprano e poi chiodi, anche i cliff. Non riesco a fare materiale leggero e cose più complesse, ma qualcosa produco.


In autunno a cosa ti sei dedicato?

Sono stato un mese a Yosemite, abbiamo scalato e conosciuto climber locali. Eravamo partiti con l'idea di fare Freerider, ma c'era troppa gente, siamo saliti fino al 18esimo tiro. Noi non avevamo una portaledge, tutte le cenge erano occupate, incredibile. Abbiamo pensato che non valeva la pena di stare in coda tutto il tempo, è stato un peccato ma siamo andati a fare altro, abbiamo scalato diverse classiche: Astroman [di W. Harding, G. Denny e C. Pratt, 1959, prima libera di J. Bachar, R. Kauk e J. Long, 1975, ndr], The rostrum e altre.


Ti sei allenato alla scalata in fessura...

Se non sei andato a Yosemite non sai cosa è scalare in fessura. Le off-width sono proprio un genere che noi non abbiamo, quella è una scuola di vita. 

 

Arrampicata in fessura © archivio Ducoli

Cosa ti aspetti dalla Patagonia?

Non so bene cosa mi aspetto: vedere montagne incredibili, a detta di molti le più belle del mondo, parto con basse aspettative perché là è il meteo che decide tutto. Mi piacerebbe fare una delle più famose, ma sarà quel che sarà.


Obiettivi a parte, ci sono vie che ti “prendono” più di altre?

Una sicuramente: la Casarotto al Fitz Roy e poi c'è il Torre...come puoi non sognarlo? La via dei Ragni è bellissima. Sono icone, ma non sono nemmeno un pensiero: sono semplicemente vie che entusiasmano anche solo per la loro storia.


Hai scalato qualcosa di propedeutico quest'anno?

Le cose più propedeutiche le ho fatte sul Monte Bianco. Questa estate ho scalato tanto lì, l'ambiente in qualcosa può ricordare la Patagonia, che è simile ma in formato xl. C'è tanto ghiacciaio, bisogna imparare a muoversi in quel tipo di situazione, trovare il modo migliore per arrivare all'attacco. Abbiamo fatto un po' di roba in velocità e acclimatamento per la quota, poi siamo andati a fare la Ratti-Vitali sull'Aguille Noir. Abbiamo impiegato tre ore e mezza in conserva. Il problema è che mi sono preso un sasso su una gamba in una calata e mi sono dovuto fermare per un po'. Il dottore mi ha detto di stare fermo tre settimane, un mese...dopo tre settimane ho accompagnato Leo nella prima parte dell'Integrale di Peuterey, anche lì abbiamo impiegato tre ore e mezza per la cresta sud. Poi ho dovuto mollare per non esagerare. E poi siamo andati sul Grand Capucin a fare Le tresor de romain [Nicolas Potard, 2011, ndr]. È un concatenamento piuttosto impegnativo che prende anche la via dei lecchesi [G. Cariboni, C. Ferrari, C. Mauri, A. Anghileri e P. Negri, 1968, ndr]. Ho trovato un po' di bagnato sull'ultimo tiro di 8a e non sono riuscito a farlo, pazienza.


In estate, sempre con Leo, hai aperto anche Eclissi, in Vallaccia.

Sì, sulla Torre di Mezza Luna. Ho scalato tanto con Leo quest'anno. È una bella via, su roccia ottima, in un punto dove ancora c'era spazio per fare qualcosa senza dare fastidio.


Il progetto CAI Eagle Team è quasi alla conclusione. È stato come te lo aspettavi?

Non avevo grandi aspettative, sono stato molto contento quando mi hanno preso, ma me lo aspettavo più come un corso guide. Invece il rapporto tra maestri e allievi è stato molto di confronto e ha reso l'esperienza fenomenale. Mi sono trovato molto bene con tutti, abbiamo fatto molto. Spero che lo ripropongano perché, oltre che essere un'esperienza bellissima, credo che sia qualcosa di importante. Non solo per conoscere e imparare, ma per fare crescere il livello dell'alpinismo in generale.