Liguria, la metà degli escursionisti non conosce i segnavia

I risultati della campagna "Io cammino sicuro": solo il 67% del campione indossa scarpe da trekking, e solo il 17% sa calcolare i tempi di percorrenza dei sentieri. Masella (Cnsas): "Quadro coerente con l'attività dei soccorritori: in tanti sopravvalutano le proprie capacità"
In vista di Sestri Levante © Sentiero dei Celti e dei Liguri

Il 50% degli escursionisti in Liguria non conosce i segnavia, il 63% tende a sovrastimare le proprie capacità e il 17% non è in grado di calcolare i tempi di percorrenza di un percorso. Eppure, solo il 25%, quando si mette in cammino, lo fa in gruppo o con un accompagnatore. L'istantanea è quella scattata dalla campagna 2023 “Io cammino sicuro” su un campione di 520 intervistati.

Realizzata da Regione Liguria, Soccorso alpino (Cnsas), Club alpino italiano (Cai) e Federazione italiana escursionismo (Fie), in collaborazione con il Comune di Genova, gli Enti parco regionali e l'agenzia In Liguria, la campagna “di sensibilizzazione all'autoprotezione” è stata portata avanti, di pari passo, con un sondaggio di autovalutazione sul grado preparazione degli escursionisti. I dati sono stati raccolti in occasione di presidi, gazebo piazzati, tra aprile e settembre, nelle aree protette più gettonate della regione: il Parco delle Mura (Genova), il Parco di Portofino (Camogli), il Parco di Montemarcello-Magra-Vara (Ameglia), il parco dell'Antola (Ronco Scrivia), la Riserva dell'Adelasia (Cairo Montenotte), il Parco del Beigua (Arenzano), il Parco delle Alpi Liguri (Pigna) e il Parco dell'Aveto (Santo Stefano d'Aveto).

Un lavoro al quale ha preso parte anche il Cai Liguria che, da solo, contra oltre 11 mila soci, da sempre in prima linea per la messa in sicurezza e la promozione del territorio in collaborazione con la Regione. “I nostri volontari hanno dato il loro contributo a ogni tappa - afferma il presidente, Roberto Manfredi -, raccogliendo interesse e attenzione. Tante le famiglie e i nuovi appassionati di escursionismo e trekking che si sono rivolti a noi per informazioni e che ci hanno contatto anche in seguito per approfondimenti. Abbiamo così avuto modo di far riflettere sull’importanza di diverse componenti, a partire dalla preparazione fisica, passando per la conoscenza dei percorsi e la sicurezza”.

Agli escursionisti è stato distribuito il decalogo “#IoCamminoSicuro”, insieme a un questionario di autovalutazione al quale hanno risposto in centinaia. In forma anonima: gli unici dati forniti (e disponibili) sono quelli relativi a età e provenienza degli intervistati. Per quel che riguarda la prima, il 70% rientra nel range 31-65 anni, mentre il restante 30% è equamente suddiviso nelle fasce d'età inferiore e superiore. Per quel che riguarda la seconda, il 75% degli intervistati sono liguri, il 16% provenienti da altre zone d'Italia (soprattutto Piemonte e Toscana).

“Finalità del questionario - si legge nel report - è quella di far emergere il livello di consapevolezza rispetto alle molteplici difficoltà ed imprevisti che si possono presentare durante un’escursione in ambiente impervio. Ciò per comprendere se il numero delle persone impreparate o che si sopravvalutano è effettivamente così elevato come potrebbero suggerire i dati sugli interventi di soccorso”. I dati sono quelli dell'Agenzia nazionale del turismo (Enit) che confermano la forte crescita del turismo escursionistico anche per il 2023 (i numeri sono più alti rispetto al periodo pre-pandemia, ma stabilizzati rispetto al boom registrato tra 2021 e 2022) che va di pari passo con quella del numero di incidenti: in Liguria, tra gennaio e settembre 2023, sono state soccorse 333 persone, nel 23% per cause legate a impreparazione e poca esperienza.

Quattro le parti in cui è stato suddiviso il questionario: preparazione fisica ("buona" o “discreta” per oltre il 70% degli intervistati), conoscenza dei percorsi ed esperienza nelle attività outdoor (l'80% si è dichiarato “preparato”), gestione in sicurezza dell'esperienza escursionistica (l'81% sostiene di avere conoscenze adeguate per garantirsi un'escursione tranquilla) e assenza di vertigini (non ne soffre, o ne soffre appena, il 52% degli intervistati).

Ed è sull'ultima voce, “forse la più emblematica”, che si sono registrate discrepanze rispetto ai test successivi, relativi agli stessi argomenti, ma con domande mirate e circostanziate, allo scopo di capire quanto gli intervistati tendano a sopravvalutare (o a sottovalutare) le proprie capacità e il proprio grado di preparazione. “In particolare - si legge nel report -, per quanto concerne il “passo sicuro” circa il 40% degli intervistati si è attribuito punteggi compresi tra 0 e 2, quindi più bassi del punteggio massimo che era 3”.

Ne emerge un quadro a luci e ombre. A fronte di un 93% di intervistati che ritiene di conoscere a fondo le caratteristiche dei percorsi che si accinge a imboccare, solo il 50% ne conosce i segnavia. Il 48% non riconosce quelli presenti in Liguria (principalmente, Fie e Cai), anche se, si legge nel report, questo “potrebbe dipendere dalla ormai cronica carenza di risorse umane nel mondo del volontariato, e la conseguenze scarsa informazione sul territorio”. Del restante 51,5%, il 75% non è a conoscenza del motivo per cui la segnaletica Fie ha due colori distinti (giallo e rosso) a seconda del versante sul quale è apposta (padano e tirrenico). Particolare che sarebbe invece molto utile da conoscere, nel caso in cui ci si smarrisse.

Praticamente tutti gli intervistati (96,4%) concordano sul fatto che in Liguria siano presenti ambienti impervi, con versanti aspri e scoscesi, ma al tempo stesso dichiarano di affrontarli senza l'attrezzatura adeguata (solo il 67,2% indossa calzature da trekking). Il 93% dichiara di conoscere le caratteristiche del percorso che intende affrontare, ma solo il 17% è in grado di calcolarne i tempi di percorrenza (secondo la formula: 15 minuti ogni 100 metri di dislivello + 15 minuti ogni chilometro di distanza da coprire): il 62,9% lo fa approssimando, in base all'esperienza personale, il 17,3% si limita a chiederlo ai passanti. Preoccupa, “anche se non stupisce”, come puntualizzano gli autori del report, il fatto che alla domanda “se incontri inaspettatamente brevi tratti ghiacciati…”, il 17,6% abbia risposto “tento la sorte e proseguo”, anziché tornare sui propri passi, come invece fa il 65,4% degli intervistati, mentre il 17% ha sempre con sé i ramponi o ramponcini.

Fra i dati positivi, il fatto che l'88% del campione si informi sempre sulle previsioni meteo e che il 95% porti sempre con sé una scorta d'acqua, anche se solo il 29% tiene nello zaino un kit per il pronto soccorso. Infine, una persona su quattro dichiara di effettuare escursioni in gruppo o con un accompagnatore. E a questo si collega il sondaggio pubblicato sulla pagina Facebook della Rete escursionistica ligure (Rel), proposto a 100 follower. Alla domanda “saresti d'accordo nel far pagare un ticket per gli interventi in ambiente impervio se dovuti a incuria, superficialità o scarsa preparazione?”, l'85% ha risposto “sì”.

Fabio Masella, consigliere nazionale del Soccorso alpino ed ex presidente della sezione ligure, invita a prendere i risultati con le pinze. “La campionatura è limitata - afferma -. Parliamo di 520 intervistati, a fronte di 450 interventi l'anno di soccorso, solo in Liguria. Non è pensabile essere riusciti a raggiungere il 100% di coloro che vanno in montagna”. Ma non per questo il quadro che ne emerge non è coerente con quello delle attività dei soccorritori, anzi: i punti di contatto sono parecchi. “Di chi ha avuto bisogno di noi - prosegue -, esclusa la quota di infortunati, abbiamo rilevato che una buona percentuale non era adeguatamente attrezzata, che si tratti di abbigliamento, calzature o riserve d'acqua carenti. E poi ci sono gli escursionisti che hanno sopravvalutato le proprie capacità e che hanno bisogno di essere recuperati perché il sentiero è troppo difficile o lungo rispetto". Capitano poi i casi di chi chiama i soccorritori, fornendo le coordinate gps del punto in cui si trova, e che dice di essersi perso. Senza rendersi conto della contraddizione in termini: la realtà, e che non sa più quale sentiero imboccare, anche perché non è in grado di leggere i segnavia. "E questo - continua Masella - perché i nostri sentieri, purtroppo, troppo spesso sono considerati turistici, quando in realtà non lo sono. Se vado sul Monte di Portofino, alle Cinque Terre, o anche solo a fare il giro dei forti di Genova, ad agosto, con 35 gradi, senz'acqua e con calzature non adeguate, è come se facessi un Camel trophy”.