Libera one push di Enigma per Baù, Beber e Tondini in Civetta

I tre alpinisti avevano aperto lo scorso novembre una nuova via di 900 metri sulla Torre Trieste. Beber: «È filato tutto liscio, in due giorni l'abbiamo liberata»

L'Enigma è risolto: in due giorni Alessandro Beber, Alessandro Baù e Nicola Tondini hanno liberato l'omonima via sulla Torre Trieste, in Civetta. Enigma (900 metri, IX, VIII+ obbl.) corre sulla parete sud ed era stata aperta nell'autunno scorso, dal basso, liberando un tiro alla volta, ma mancava ancora la salita integrale in libera. Ora che anche l'ultimo passo è stato compiuto, su una delle vette iconiche delle Dolomiti fa bella figura di sé una nuova via a disposizione di chi vuole – e può- cimentarsi in un'arrampicata sostenuta su una linea affascinante e rispettosa della storia di questa montagna. «Sono 28 tiri, molto continua a parte i primi tre-quattro tiri. Per quanto riguarda le difficoltà, ce un tiro di IX o IX+, due di IX- e tanto tra VIII- e VIII+ - spiega Beber-. Ci sono 5 soste a spit, per il resto abbiamo usato solo protezioni tradizionali. L'anno scorso abbiamo dovuto aspettare novembre perché in due su tre facciamo le guide alpine e abbiamo dovuto incastrare gli impegni. C'era già neve, non c'era tempo per la libera integrale. Quest'anno siamo tornati subito alla carica e in due giorni l'abbiamo liberata senza imprevisti. La memoria era ancora abbastanza fresca, è andato tutto per il verso giusto, il che non è scontato quando torni su una parete di quasi mille metri e di una certa difficoltà. Siamo andati su lisci, siamo stati anche fortunati. Perché ci vuole un attimo a sbagliare, e allora devi tornare giù, sfilare la corda, ripartire. Le cose fanno presto a complicarsi. E invece è andato tutto bene».

 

Alessandro Baù su L10, tiro chiave © A.Baù, A.Beber, N.Tondini

 

UNA GESTAZIONE IMPEGNATIVA

La via era stata finita il 7 novembre, in sette giornate, ma il processo che aveva portato a muovere i primi passi era stato lungo. Il dilemma era soprattutto etico: «Quando ti trovi di fronte a una parete bella e con una storia come nel caso della Torre Trieste, dove ci sono le vie di Cassin o Carlesso, ritengo che sia giusto ragionare a lungo prima di aprire qualcosa di proprio. Deve essere una linea logica, bella, non solo un qualcosa in più rispetto a quanto c'è già. Noi ci abbiamo pensato su dieci anni prima di deciderci, non eravamo mossi dall'ambizione di metterci la nostra firma». 

“Ritengo che sia giusto ragionare a lungo prima di aprire qualcosa di proprio. Deve essere una linea logica, bella, non solo un qualcosa in più rispetto a quanto c'è già”

Una volta che i ragazzi hanno preso la loro decisione, le cose si sono mosse però piuttosto velocemente. Il primo giorno che ci abbiamo lavorato siamo saliti per sei-sette tiri. La seconda volta invece, arrivati alla cengia zero c'è stato un momento di tensione, quando abbiamo incontrato gli altoatesini. Anche loro erano lì per aprire la loro via, un poco più a destra. Salendo hanno piegato un po' sopra di noi e così ci hanno chiuso la strada, erano in vantaggio di due tiri. Così noi siamo andati più a sinistra, ma alla fine è stato un bene. Visto che noi apriamo in libera è stato meglio per noi trovare una linea più gestibile, mentre loro sono finiti più sul difficile, ma aprivano in artificiale. La via si chiama Enigma perché non sapevamo se saremmo finiti per incrociare qualche altra linea o avremmo trovato difficoltà insormontabili secondo il nostro metodo, il che ci avrebbe fatto rinunciare. Invece poi tutto si è risolto per il meglio».

Alessandro Beber su L11 © A.Baù, A.Beber, N.Tondini

 

LA GIUSTA ISPIRAZIONE

Beber è soddisfatto del lavoro fatto. «Quando ti metti in una avventura di questo tipo, devi avere una specie di colpo di fulmine. La domanda che mi sono fatto è: qual è la ragione che mi porta a farlo? Come detto, non è stata l'ambizione di mettere la propria firma su una parete importante, ma credo che il bello abbia un valore in sé: quel magnetismo che ha la forza di attrarre irresistibilmente. Il Campanil Basso per esempio ha questa forza e la Torre Trieste ha lo stesso fascino, amplificato all'ennesima potenza».

Alessandro Baù traversa sotto il grande tetto di L18 © A.Baù, A.Beber, N.Tondini

Enigma è l'ennesima dimostrazione che l'alpinismo alle nostre latitudini è tutt'altro che finito. «Intorno a noi c'è ancora di tutto, le Dolomiti sono un parco giochi senza fine, io credo di avere progetti per decenni interi - chiude Beber-. Ma bisogna tenergli aperti gli occhi, solo così si può trovare quello che si cerca».

Baù, Beber e Tondini in vetta © A.Baù, A.Beber, N.Tondini