La cima del Mont Ventoux © Wikimedia CommonsIl poeta e umanista aretino Francesco Petrarca è nella storia anche per l’ascensione al Mont Ventoux, il monte della Provenza, che risale al 26 aprile 1336 nel tardo Medioevo, e che alcuni hanno considerato come l’atto di nascita dell’alpinismo. Io proporrei piuttosto il battesimo del récit d’ascension, cioè il racconto di una salita in montagna.
Anche se la relazione epistolare è probabilmente retrodatata (sarebbe stata pubblicata verso il 1350), la Lettera del Ventoux rappresenta probabilmente il primo “resoconto di ascensione” della storia, in cui Petrarca, usando uno stile spontaneo che unisce ingenuità ed entusiasmo, offre anche una delle primissime descrizioni del paesaggio in altitudine: “Rimasto come inebetito da quell’aria insolitamente leggera e da quel vasto spettacolo al di sopra delle nuvole, guardai il cielo verso l’Italia, poi le Alpi ghiacciate e coperte di neve”.
Il poeta non aveva certo alcuna velleità alpinistica e il Mont Ventoux era già stato probabilmente salito anni prima dal filosofo francese Giovanni Buridano e da altri montanari del luogo. Quello di Petrarca è un viaggio interiore, che utilizza la montagna come luogo privilegiato di meditazione e non come un terreno di conquista. Non a caso, sulla vetta, il poeta si sofferma sulle parole di Sant’Agostino: “’E gli uomini se ne vanno ad ammirare gli alti monti e i grandi flutti del mare e i larghi corsi dei fiumi e l’immensità dell’oceano e le rivoluzioni degli astri, ma trascurano sé stessi’. Stupii, lo confesso; e pregato mio fratello di non disturbarmi, richiusi il libro, irato con me stesso per l’ammirazione che tuttora dimostravo per le cose terrene”.
Per Petrarca la montagna non rappresenta nulla in quanto tale, se non una porta socchiusa sui territori del mistero: “Che cosa ti trattiene? Nient’altro, evidentemente se non la strada più pianeggiante che passa per i bassi piaceri della terra e che a prima vista sembra anche più agevole; ma quando avrai molto vagato, allora sarai finalmente costretto a salire sotto il peso di una fatica malamente differita verso la vetta della beatitudine, oppure a cadere spossato nelle valli dei tuoi peccati; e se mai – inorridisco al pensiero – le tenebre e l’ombra della morte lì dovessero coglierti, dovrai vivere una notte eterna in perpetui tormenti”.