Un'immagine di Triora, nel versante meridionale delle alpi liguri © CaiNei territori montani si intravvede una trasformazione economica e sociale, sulla quale si innestano le aspirazioni delle popolazioni di montagna.
Abbiamo parlato dell'efficacia o meno delle politiche di sviluppo sino ad oggi messe in campo a favore dei territori montani con Rosita Lupi, 53 anni, di professione Business Development Manager, Consigliere del Cai Lombardia. Lupi sarà relatrice del Tavolo 3 ("Il Cai per lo sviluppo della Montagna - economia e politiche territoriali”) al 101esimo Congresso nazionale del Club alpino italiano, in programma a Roma sabato 25 e domenica 26 novembre.
L'industria dello sci spesso è ancora vista dagli amministratori come l'unica possibilità di sviluppo della montagna. Cosa ne pensi?
«Dalle riflessioni condivise dei componenti del Tavolo è emerso che lo sviluppo dei territori montani deve necessariamente implicare una gestione lungimirante da parte degli amministratori, che riservi attenzione ad attività che possano creare posti di lavoro stabili nel tempo e, ovviamente, a un tipo di turismo che rispetti l'identità dei singoli territori. Quello chi ci sentiamo di raccomandare è la disincentivazione di un accesso alla montagna caratterizzato da picchi di presenze sia in termini stagionali che geografici, ovvero in periodi dell'anno limitati e in aree circoscritte. Un turismo di questo genere non è infatti in grado di generare posti di lavoro stabili nel tempo, contrariamente a una frequentazione turistica che si spalmi nell'arco delle quattro stagioni, che sia responsabile e che valorizzi le unicità, le risorse ambientali, la storia e l'identità dei territori».
Rosita Lupi alla Becca di Nana (Valle d'Aosta) © CaiCi fai qualche esempio?
«Un esempio lo troviamo nel Sentiero Italia Cai, o, comunque, nella frequentazione escursionistica dei sentieri e dei cammini tematici. Tutto questo può essere visto come punto di partenza di una trasformazione economica e sociale dei territori montani, caratterizzata dalla crescita e dallo sviluppo di microeconomie locali. Ciò implica naturalmente un sostegno delle amministrazioni pubbliche, le cui risorse dovrebbero incentivare iniziative imprenditoriali con queste caratteristiche, grazie ad una sinergia tra Regioni, enti locali, Pro Loco e associazioni sul territorio».
Gli amministratori dei territori montani sono stati capaci di cogliere tutte le potenzialità rappresentate dai fondi del PNRR?
«I finanziamenti per lo sviluppo delle aree interne, di cui è stata utilizzata solo una parte, sono stati erogati in diverse fasi e sono stati caratterizzati da intenti assolutamente lodevoli ed encomiabili, dal momento che avevano lo scopo di favorire questi territori abbinando la sostenibilità allo sviluppo e alla crescita. Certamente ci sono stati esempi positivi di utilizzo di queste risorse, ma senza un regime stabile in grado di creare una svolta reale».
Ci spieghi meglio?
«In molti casi l'accesso ai fondi era caratterizzato da una complessità burocratica e tempi tecnici lunghi, sfavorendo così la reale implementazione. L'altro aspetto riguarda gli amministratori locali, che non sempre hanno colto in maniera ottimale questa opportunità».
Come mai?
«A mio parere vanno migliorate le già citate sinergie tra le Regioni, che hanno il compito di pianificare, gli enti territoriali, che devono compiere le scelte attuative, e le comunità locali, che vanno sempre coinvolte. Queste sinergie, per quanto riguarda i fondi del PNRR, probabilmente non hanno funzionato al meglio. Si dovrebbe evitare che questi fondi si perdano in rivoli burocratici piuttosto che in interventi frammentati e non coordinati tra enti e amministrazioni locali. Sarebbe quindi importante una cabina di regia per non incorrere in sovrapposizioni e frammentazioni che impediscono a questi fondi di arrivare alle realtà che ne hanno davvero bisogno».
Rosita Lupi a Cima Palon (Pasubio) © CaiAlpi e Appennini hanno delle diversità intrinseche ma rappresentano la montagna italiana. Sei d'accordo?
«Alpi e Appennini, come anche i territori montani delle isole, hanno sicuramente dei tratti distintivi e delle peculiarità che non li rendono sovrapponibili tra loro e rappresentano la loro ricchezza. Questo vale naturalmente anche per i singoli territori alpini e appenninici, molto differenti l'uno dall'altro. Ai fini dei temi sollevati nell'ambito del Congresso, tutti questi territori rappresentano in egual misura le montagne italiane e sono accomunati da un impoverimento causato da politiche che hanno favorito territori più urbanizzati, oltre che da uno spopolamento che coinvolge indistintamente l'arco alpino e la dorsale appenninica. Le nostre riflessioni sono dunque trasversali a tutti i territori montani e si concentrano sulle popolazioni residenti, che sono custodi della loro cultura e della loro storia e possono fare da nucleo per una nuova aggregazione sociale».
Di che cosa ha bisogno la montagna di oggi?
«La montagna ha bisogno sicuramente di veder preservate le proprie risorse naturali, grazie a una gestione appropriata che non porti a un depauperamento delle stesse. È poi necessario preservare l'identità dei territori montani, dal momento che è questa identità, ad esempio, ad attirare i turisti. Poi c'è la questione dei servizi: per favorire la vita in montagna, bisogna garantire agli abitanti gli stessi servizi della pianura. Penso alla sanità, alla scuola, ai servizi sociali, ai trasporti, alla comunicazione, alle reti digitali. Ma anche a ciò che favorisce la vita di relazione. Entrambe in qualità e quantità paragonabili a quelle delle città, seppur rapportate alle aree montane. Non è obbligatorio riprodurre nei territori montani i modelli cittadini in maniera speculare, ma va tutto connaturato con le realtà locali. Infine la montagna ha bisogno di risorse umane specializzate, figure professionali che siano in grado di facilitare l'accesso ai fondi per esempio, e che comunque abbiano un'approfondita conoscenza delle realtà locali. Persone che possano quindi dare vita ad una progettazione ad hoc, giovani, che possano far ripartire la società».
Per approfondire leggi l'articolo “Il Cai per la montagna” pubblicato sul sito del 101esimo Congresso.