Le montagne sono vive ed emettono quote elevate di anidride carbonica al pari dei vulcani. In particolare, le catene montuose derivanti dalla collisione di continenti – è il caso dell’Himalaya – presentano processi di produzione di CO 2 in profondità. Le emissioni
vengono rilasciate da sorgenti calde localizzate lungo faglie.
In uno studio pubblicato sulla rivista
Communication Earth and Environment,
Chiara Groppo e Franco Rolfo del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Torino, in collaborazione con
Maria Luce Frezzotti dell’Università di Milano-Bicocca, hanno analizzato il processo di emissione di quantità significative di CO2 , in grado di risalire in superficie per 20-30 km
senza interagire con le rocce circostanti.
Una foto delle rocce di magnesite, in Himalaya © Chiara Groppo
L'analisi di un processo
Gli autori della ricerca hanno investigato i processi di eliminazione di anidride carbonica all’interno dei sedimenti. «I risultati delle ricerche dimostrano che i fluidi prodotti si separano “alla nascita” in due componenti: un vapore ricco in CO 2 e una salamoia idro-salina, con proprietà chimico-fisiche molto diverse. I fluidi ricchi in CO2, molto più abbondanti, sono meno densi, e quindi sono in grado di risalire rapidamente in superficie, fuoriuscendo dalle rocce e sfruttando faglie profonde. Le salamoie idro-saline, invece, sono molto più dense e stazionano in profondità, permeando le rocce», spiega la ricercatrice Chiara Grosso a Lo Scarpone.
La geologa Chiara Groppo al lavoro sul campo © Chiara Groppo
Montagna in movimento
Gli autori hanno poi sviluppato un modello che concorda con quanto osservato in Himalaya. Nei territori della gigantesca catena montuosa asiatica, sono stati registrati fenomeni di emissioni molto alte di anidride carbonica in superficie, dimostrando che le catene montuose come l’Himalaya sono degli importanti serbatoi di CO 2. Il fenomeno si può riscontrare con questa intensità, proprio perché si tratta di una catena montuosa “ancora calda”, in cui si possono verificare grandi movimenti legati alle faglie. Altre catene montuose invece, come ad esempio le Alpi, sono più piccole, e quindi meno profonde e più fredde perché non caratterizzate da fenomeni di sommovimenti interni. Di conseguenza, non emettono anidride carbonica.
Per quanto riguarda gli sviluppi futuri, invece, i ricercatori si sono prefissati l’obiettivo «
di chiarire le modalità di funzionamento dei processi di trasporto dell’anidride carbonica e allo stesso tempo cosa succede a temperature ancora più calde», conclude Grosso, interpellata da
Lo Scarpone.