«In Valle D’Aosta e in Piemonte la situazione è critica: a un autunno secco sono seguiti un inverno praticamente senza neve e una primavera con precipitazioni scarsissime. L’acqua è davvero carente e l’erba dei pascoli è secca».
Queste le parole di
Marzia Verona, studiosa, scrittrice e pastora, che vive sulla propria pelle i problemi, le sfide e il fascino dell’allevamento in quota.
A fine maggio 2022 negli alpeggi anche sopra i 2000m iniziano le fioriture, non c'è neve neanche a quote maggiori (Vallone di Saint Barthélemy)
Situazione in costante peggioramento
Marzia Verona vive e lavora in
Valle d’Aosta, in un’azienda di
Nus di proprietà del marito,
Edy Marquis. Nella bella stagione le vacche vengono portare in alpeggio nella
conca di Vertosan, mentre le capre la trascorrono in V
alsavarenche, nei pressi del Rifugio Vittorio Emanuele II, nel cuore del Parco nazionale Gran Paradiso.
«Quest’anno in Valle D’Aosta le mandrie sono salite in alpeggio un paio di settimane in anticipo rispetto al solito, perché la vegetazione si è sviluppata prima. La data di salita dipende dalla quota del pascolo. Noi di solito salivamo verso il 10-15 giugno, invece quest’anno ai primi del mese le nostre vacche erano già in alpeggio. Appena saliti, l’erba e l’acqua erano presenti in quantità sufficiente, anche se avevo già notato il livello più basso dei laghi e la portata dei ruscelli più scarsa. La situazione è andata via via peggiorando, dato che non abbiamo ghiacciai nelle vicinanze. Abbiamo avuto difficoltà per abbeverare il bestiame e anche per pulire le stalle».
Il Lac de Luseney (Vallone di Saint Barthélemy) nell'agosto 2021 (in alto) e nell'agosto 2022 (in basso) © Marzia Verona
Pulizia delle stalle e irrigazione dei pascoli a bassa quota
Marzia spiega infatti che in Valle D’Aosta le stalle vengono pulite
due volte al giorno, in quanto c’è l’usanza di ricoverare il bestiame da latte anche in tarda mattinata, verso le 11. Dopo la mungitura, verso le 16, gli animali vengono fatti di nuovo uscire fino al tramonto.
«Una conseguenza di tutto questo è stata la carenza di acqua per irrigare i pascoli della media e della bassa valle, che vengono utilizzati nella seconda parte della stagione, quando inizia la discesa di vacche e capre. Per l’irrigazione, infatti, viene utilizzata l’acqua mista al letame conservata dopo la pulizia delle stalle».
Meno formaggio
La nostra curiosità ricade anche sulla produzione di formaggio nelle attuali condizioni ambientali.
«Con l’erba così secca, quest’anno sarà prodotto meno formaggio, perché gli animali hanno perso il latte prima. Per la qualità non sono eccessivamente preoccupata. Se non ci saranno problematiche legate alla conservazione con le attuali temperature più alte, il formaggio potrebbe essere addirittura migliore, in quanto il latte è più concentrato e più grasso».
Petit Fenis (giugno 2022), fienagione (primo taglio) a 1000m, con una resa pari al 50% del normale © Marzia Verona
Far durare la stagione il più possibile
Per far fronte alla siccità, gli allevatori naturalmente preso delle contromisure, come l’utilizzo dei pascoli più lontani dalle strutture dell’alpeggio, in diversi casi anche nel bosco.
«Sono i luoghi solitamente più trascurati, ma quest’anno si sta facendo tutto ciò che si riesce per far durare la stagione il più a lungo possibile, ci auguriamo fino a metà settembre. Così si potrà ovviare in parte ai problemi di irrigazione dei pascoli alle quote più basse di cui ho parlato prima e alla carenza di fieno».
La
scarsità di fieno è un’altra importante conseguenza della siccità, ben più grave dell’aumento del suo costo.
«Si è parlato di possibili sovvenzioni pubbliche per l’acquisto, ma non è questo il punto. La questione vera è che non ce n’è a sufficienza. In Francia la situazione è anche peggiore: là gli animali sono già nelle stalle dalla fine di luglio e stanno consumando il fieno dell’autunno, con il rischio di esaurirlo nelle prossime settimane».
Valsavarenche luglio 2022), il gregge di capre sale all'alpeggio più alto (Moncorvè)
Macellazione anticipata
Per tutti questi motivi, Marzia Verona conferma la prospettiva secondo la quale molti allevatori, nell’autunno ormai alle porte, saranno costretti a
mandare al macello anticipatamente diversi capi di bestiame, per l’insostenibilità dei costi ma, soprattutto, per la mancanza di fieno per la loro alimentazione.
«La nostra azienda è sempre stata autosufficiente per il fieno, ma quest’anno, anche avendo la disponibilità economica per acquistarne altro, la sua quantità non sarà mai sufficiente per tutti gli animali. Quindi dovremo venderli per la macellazione. E naturalmente non saremo gli unici. Di conseguenza, non essendo possibile macellare una quantità elevata di capi tutta insieme, ci sarà l’ulteriore problema di alimentare gli animali in attesa di macellazione».
Il pensiero della macellazione anticipata attanaglia Marzia tutti i giorni, anche dal punto di vista umano e psicologico.
«Portare gli animali al macello non è mai una cosa piacevole, e lo sarà ancora di più con bestie ancora in forze, che potrebbero vivere ancora. Gli anni scorsi un allevatore in difficoltà economica poteva vendere qualche capo a un altro allevatore. In questo contesto di carenza di fieno, gli altri allevatori sono nella tua stessa situazione e questa strada non è percorribile».
Vallone di Saint Barthélemy (inizio agosto 2022), pascolo in alta quota, solo i pendii sembrano più verdi, ma l'erba è bassa e dura © Marzia Verona
Un futuro preoccupante
Cosa succederà in futuro è l’impellente domanda di oggi. Marzia Verona è convinta che, se dovesse nevicare poco anche durante l’inverno 2022-23, la situazione del prossimo anno sarà “da carestia”.
«E non parlo solo di noi allevatori; mancherà l’acqua anche dai rubinetti del centro di Aosta. La gente non ha ancora preso atto di quello che sta succedendo, e sarà così finché l’emergenza idrica riguarderà solo il quotidiano di chi ha a che fare e lavora con la natura».
Anche Marzia è convinta che questa tendenza climatica sia ormai diventata
strutturale, e non più straordinaria.
«La mia preoccupazione è legata al fatto che non sto sentendo dalle amministrazioni pubbliche discorsi sulle contromisure da prendere. Penso ad esempio alle modalità per trattenere più acqua piovana negli impianti di raccolta. Molti di questi hanno bisogno di una corposa manutenzione, visto che oggi molta acqua viene persa. In questo momento possiamo solo sperare in Madre Natura, ma la realtà è che l’abbiamo manipolata troppo e lei ci sta presentando il conto».